lunedì 30 novembre 2009

Breaking news - Johnnie To (2004)

(Dai si gin)

Visto in VHS registrato dalla tv.

Johnnie To sa perfettamente quello che fa, ha la sicurezza di un maestro e tutta l'esperienza necessaria, e quello che tira fuori è uno dei migliori thriller degli ultimi anni. Inutile raccontare la storia, è una caccia ai ladri all'interno di un palazzone, ma la polizia nel frattempo vuole anche utilizzare questi arresti come un enorme spot, e chiama a raccolta giornalisti e fotografi. Più che una critica ai media e alle nuove tecnologie (in questo caso il cellulare) il film mi sembra però voler mostrare le possibilità che questi offrono e gli effetti di un loro utilizzo, nel bene e nel male ovviamente.
Una fotografia asciutta e sbiadita il giusto rende perfettamente l'atmosfera, mentre la macchina da presa folleggia da virtuosismi tecnici (il film inizia con un piano sequenza di 6 minuti netti, di una sparatoria, detta in poche parole, un gran casino da riprendere) e scene splendidamente allestite (l'eleganza della scena nell'ascensore con il poliziotto, il ladro e l'assassino per esempio; splendida). Personaggi credibili, anche se un tantino troppo cool, e un finale eccellente sono solo il tocco finale di una grande opera.

sabato 28 novembre 2009

Planet 51 - Jorge Blanco, Javier Abad, Marcos Martinez (2009)

(Id.)

Visto al cinema.

Qui non siamo davanti ad un film Pixar, e neppure ad uno "Shrek". Dalla Pixar si discosta per tutto; Planet 51 ha personaggi piatti e banalissimi, sentimenti semplici ed esposti, una morale che viene urlata in faccia ed avvenimenti nella trama troppo rapidi, mal fatti o solo accennati; tutto il contrario di un qualsiasi film Pixar, anche il peggiore; oltre al fatto che questo film è apertamente infantile ed indirizzato ad un pubblico giovane, mentra i film pixar sono veramente per tutti. Di Shrek copie l'idea del ribaltament di prospettiva, ed in questo senso riesce bene, l'idea è buonissima (un astronauta umano che finisce in un pianeta "alieno", in cui però l'alieno è lui) e appena viene presentata è anche gestita piuttosto bene, ma le cose si risolvono in maniera semplicistica, senza che il ribaltamento di prospettiva, alla fin fine, abbia un qualche peso effettivo nella vicenda (già ben prima della metà del film a cosa serve che sia un umano su un pianeta alieno? la cosa in se non ha risvolti ed il film sis viluppa come un qualsiasi film in cui si ricerca un fuggiasco); ma soprattutto di Shrek non ha il divertimento, Planet 51 ha molte battute buone (una metà sono già presenti nel trailer però) e alcune battute ottime, ma non riesce a tenere una "tensione comica" per tutto il film come fa Shrek.
Un'opera prima che copia dai migliori, ovviamente fallisce il confronto, ma presa di per se ottine un buon risultato.

venerdì 27 novembre 2009

Killer condom - Martin Walz (1996)

(Kondom des Grauens)

Visto in Dvx in lingua originale sottotitolato in inglese.

Io sono un grande estimatore della serie B e questo titolo è un must per chiunque apprezzi le nicchie. Dico questo per far capire che mi ci sono avvicinato con tutte le migliori intenzioni.
La storie è un pò classica, c'è un'idea geniale, un preservativo sanguinario, la cui causa è quanto di più banale, uno scienziato pazzo ed una maniaca religiosa, ma si sa, questa è la serie B, ci sono altri standard da considerare.
I personaggi non sono affatto approfonditi, sono macchiette, il protagonista viene direttamente fuori dal noir e tutti gli altri vanno avanti per cliché; ironia ce n'è tanta, e spesso si ride per davvero. Qualche impronta innovativa ce l'ha visto tutto il girare attorno all'omosessualità (la si prende in giro, ma la maggior parte dei personaggi lo sono e sono loro i fighi della situazione). C'è pure qualche citazionismo ben fatto, ma soprattutto c'è una scena d'apertura che è un piccolo capolavoro della serie B con comicità perfetta, attori adatti (no, perchè il resto del cast è un po fatto da cani) e la dovuta venatura splatter nel finale. Veramente da standing ovation.
Tutte queste caratteristiche vincenti in un film di serie B si scontrano però contro un film che pretende d'essere di più; ci sta il pistolotto sulla tolleranza alla fine del film, ci sta perchè la trama ci arriva a farlo ed è pure ben fatto, ma il resto del film tra una scena comica ed un'altra arranca, si trascina, avvinto dalla noia e dalla lentezza, con un protagonista troppo cerebrale (ci sono continui ed inutili intermezzi del detective che rimugina su di se e sul suo passato, troppo poco ironice per non stridere); il film sembra avere troppe pretese e allora da un buon film di serie B si passa ad avere un film di serie A fatto da culo. nE allora se si deve considerarlo in quest'ottica va detto che la regia banale azzecca qualche momento ma non coinvolge e la trama latitante già di suo non dice nulla, non avvince non emoziona; e poi il cast è pessimo.

Nei titoli di testa ho però scoperto che il film è tratto da un fumetto di König, autore satirico a tematica gay che apprezzo abbastanza nelle storie brevi ma che, a mio avvico tende a diventare ripetitivo e noioso in quelle lunghe (e ha un tratto nel disegno molto cartoonistico ma molto bello); e allora tutto si spiega, lo sbaglio è alla base. Hanno voluto prendere il fumetto così com'è senza togliere quelle parti lente che in un fumetto possone starci ma che in un film non funzionano mai o quasi. Si insomma, è il solito problema di adattamento

giovedì 26 novembre 2009

Caos calmo - Antonello Grimaldi (2008)

(Id.)

Visto ad un cineforum.

Sono sempre stato prevenuto verso i film italiani, almeno fino all'anno scorso; devo però ammettere che Caos calmo non è niente male.
La regia non è molto originale ma azzecca qualche inquadratura ricca di suggestioni e poi la fotografia è delicata e adatta allo scopo. La storia piuttosto originale gira attorno a personaggi con più domande che risposte, nessuno ne da in effetti, che tratteggiano una galleria umana ironicissima (si ride anche se il film è in effetti un dramma, o almeno da li parte) e completamente fuori di testa; in questo contesto anche un personaggio tutto sommato non proprio originale come il prtagonista diventa qualcosa di nuovo.
Un encomio va fatto soprattutto per l'estrema utilità delle scene; nessun episodio è inutile, tutta la sceneggiatura è ridotta all'osso e quello che viene mostrato ha sempre un significato. Questo che già è notevole in un film lo è ancora di più in Italia dove si vive di inutili scene madri piene di urla e di furore che non significano nulla.
Le musiche piuttosto ruffiane ci stanno; danno al film un sapore un po meno italiano.
Il cast davvero notevole ha però l'unico vero neo del film, Nanni Moretti, bravo finchè si vuole alla sceneggiatura ma recita col culo; sbiadisce totalmente quando di finaco gli vengono messi la Golino od Orlando; e poi fategli fare quello che vuole, ma la scena Moretti che fa sesso credo non lo voglia vedere nessuno!!!

mercoledì 25 novembre 2009

The aviator - Martin Scorsese (2004)

(Id.)

Visto in DVD.

Scorsese prova a raccontare la mastodontica storia del mastodontico Howard Hughes, con un profluvio di effetti speciali veramente ben fatti ed i soliti Scorsesismi classici che stavolta si arricchiscono con colori patinati, luci espressioniste e qualche eccezionale idea visiva (La follia di Hughes sottolineata dalle immagini dei suoi film proiettate sul suo corpo nudo). DiCaprio è assolutamente all'altezza come tutto il resto del cast (e che cast si è potuto permettere Scorsese se come comprimario di poco conto si è potuto permettere Holm)...
Però stavolta Scorsese non ce la fa, vuole raccontare troppo, far trasparire troppe facce di uno stesso personaggio, si attacca a piccoli tic per indicare grandi movimenti psicoanalitic... parla tanto per non farsi capire. Spiace dirlo, ma il film non trasmette l'anima di Hughes, non se ne capisce l'importanza, non se ne capiscono neppure le motivazioni (se il tuo sogno più grande è quello di far volare un aereo grande come una transatlantico...mi spiace ma non ti seguo) ed il film, in sostanza, manca completamente il bersaglio. Annoia, e le due ore e mezzo non aiutano affatto.
Peccato perchè esteticamente il film è meraviglioso; per dirla alla Stephen King, è come una grossa Cadillac senza motore.

martedì 24 novembre 2009

Sinbad e l'occhio della tigre - Sam Wanamaker (1977)

(Sinbad and the eye of the tiger)

Visto in DVD.

Il film unisce ad una trama insulsa e confusa una messa in scena ed una regia completamente anni settanta, con scenografia titaniche, colori chiassosi più di un vestito di Platinette, molti movimenti di macchina piuttosto afinalistici, costruzione delle scene su più piani, montaggio serrato e zoom come se piovessero... in poche parole una bestialità inutile.
ma questo film non è famoso in se, ma solo come portatore sano di Harryhausen; peccato che stavolta anche lui sbagli. Posso anche capire quanto sia difficile animare una tigre dai denti a sciabola, però i mostri che presenta sono senza fantasia, senza potere immaginifico (un minotauro di metallo sono in grado di vederlo praticamente identico anche nel telefilm dei Power Rangers), in una parola deludenti... quanto è lontano "Scontro di titani"...
Un pessimo film senza alcuna attenuante. tranne forse un semi-nudo della futura dottoressa Quinn...

lunedì 23 novembre 2009

Gli argonauti - Don Chaffey (1963)

(Jason and the argonauts)

Visto in VHS.

Un peplum godibilissimo a basso tasso di realtà storica o letteraria ma ad alto tasso di impressioni visive con una scenografia scarna ma ben costruita ed un florilegio di effetti speciali che fa spavento sui quali regnano le animazioni in passo uno di Harryhausen, unico vero motivo di interesse. Io che vado pazzo per questa tecnica datata e poco credibile sono andato in visibilio davanti a Talos, le arpie, l'idra e ovviamente l'armata di scheletri (che decenni dopo sarà largamente omaggiata da Raimi).
Alla fin fine è solo un film d'azione anni cinquanta (un poco in ritardo) che punta tutto sugli effetti speciali più che sulla coerenza o il contenuto (un pò come un qualsiasi film di Bekmambetov).
Come sempre nei film ambientati nella Grecia classica non mancano discorsi sul libero arbitrio e la forza del destino, ma sono questioni incidentali niente di voluto. Carino l'aver trasformato il volere degli dei in un gioco da tavolo.

domenica 22 novembre 2009

L'uomo che fissa le capre - Grant Heslov (2009)

(The man who stare at goats)

Visto al cinema.

E' sorprendente la capacità degli statunitensi di fare autoironia, ben fatta, anche su temi seri e recenti; ed è incredibile come riescano sempre a correlarla con parti della loro storia passata altrettanto ambigue.
Certamente non è un film serio questo, ma fa ridere il giusto e mostra lati seri il giusto. Fino alla fine lascia in bilico tra il dimostrare una tesi (la realtà dei fenomeni psichici descritti) e abbatterla (peccato per il finale che, invece, prende una posizione). Heslov si muove con disinvoltura tra paesaggi splendidi, immagini della contemporaneità (l'Iraq) ed immagini reiterate da sempre dal cinema americano (gli hippies ad esempio) incastrandole con maestria; sfrutta il tema metafisico per usare la macchina da presa in modi inusuali, per far entrare od uscire i personaggi da un'inquadratura in modi impossibili, in poche parole Heslov si adatta al racconto favorendolo con le immagini.
Clooney e Bridges gigioneggiano come al solito ma in maniera estremamente adatta, McGregor fa l'impacciato bene come al solito e Spacey sarebbe credibile anche leggendo l'elenco del telefono, figuriamoci recitando in una commedia.
Un encomio ai truccatori che sono riusciti ad invecchiare tutti gli attori in maniera credibilissima (o forse li hanno ringiovaniti in maniera credibilissima nei flashbacks, comunque un encomio va fatto).

venerdì 20 novembre 2009

Harry, ti presento Sally - Rob Reiner (1989)

(When Harry met Sally...)

Visto in DVD.

Per troppo tempo ho considerato questo film come una commedia d'amore, ora invece scopro che è una commedia sull'amore e sui rapporti di coppia.
Tutto in questo film trasuda Woody Allen; i rapporti di coppia appunto, i lunghi dialoghi brillanti, la devastante ironia dei personaggi, le chiaccherate catartiche dei protagonisti con gli amici, New York, il fallimento dei rapporti umani, il citazionismo/amore per il cinema del passato (in questo caso Casablanca)... Poi alla fine c'è l'happy end che Allen non avrebbe mai messo, ma va bene così, l'hanno fatto per il grande pubblico, hanno voluto spiegare Allen anche a chi lo odia per principio, e allora ci sto, mi sta bene, anche lo apprezzo pure.
Reiner poi è splendido, non ci tiene a fare molto altro se non incastrare i personaggi in un paesaggio scarno ma armonioso, fatto di luce e di colori delicati ed eleganti (splendide soprattutto le scene al parco in autunno).
Davvero un capolavoro della commedia leggera.
Crystal è perfetto, distacato quando deve esserlo e partecipe quando serve; Meg Ryan invece non mi è sembrata granchè, graziosa e svampita al punto giusto ma usa troppe moine per sopperire all'incapacità di recitare davvero.

giovedì 19 novembre 2009

Trapped dream - Ubaka Joseph Ugochukwu (2009)

(Id.)

Visto al Festival di Cinema Africano di Verona (in concorso); in lingua originale.

A mio avviso Trapped dream è un film non riuscito. La storia è quella di un immigrato nigeriano in Senegal, che per varie vicissitudini sarà costretto a rimanere in quel paese dove, per sopravvivere, dovrà entrare nel mondo della droga, ovviamente conoscerà una ragazza del luogo di cui si innamorerà e ovviamente le cose non andranno come si aspettano.
Ugochukwu crea una regia personale fatta di lunghe scene di primi e primissimi piani, i campi lunghi o medi sono ironicamente relegati per i momenti più introspettivi in cui il protagonista ragiona sulla sua vita; il rapporto d'amore è mostrato con sentimenti semplici esplicitati, piccoli gesti molto significativi e poche parole. Ovviamente tutto questo mi piace, il problema a mio avviso è nella sceneggiatura. Gli argomenti sono molto e tutti molto grandi, l'immigrazione, il razzismo, i viaggi della speranza, la socialità della malavita, l'amore contrastato eccetera, e ovviamente mettendo troppa carne al fuoco alla fine si brucia tutto. ogni argomento è relegato in una parte troppo piccola per l'importanza che meritae quindi viene sprecato. Il film, poi, risulta confuso, in parte per i reiterati salti temporali della trama che non sono mai esplicitati ma devono essere intuiti dal pubblico (e a questo ci potrei anche stare, in fondo potrebbe essere il sintomo di un grande rispetto per gli spettatori), in parti per problemi propri della scrittura, per l'incapacità dello sceneggiatore di essere chiaro.
Questo è proprio un film che avrebbe meritato più attenzione nella pre-produzione. Peccato.

Il film è stato preceduto da ben 3 cortometraggi, e tutti di qualità:
Il primo dei tre, "Me, myself and I" di Priye Hamilton Amachree, è un corto dal budget quasi inesistente ma realizzato molto bene. Il regista fa ampio uso del montaggio e dei suoni per comporre le scene, e presta un'attenzione maggiore al dettaglio piuttosto che alle scene negli ampi spazi, la storia semplicissima sui motivi di una rapina è condotto molto bene fino alla scena finale banalmente poetica, ma Amachree ci arriva a mostrare quella scena, e quindi da banale si fa necessaria. Un ottimo cortometraggio amatoriale.
Il secondo "Blind date" di Shams Bhanji e Cyril Ducottet, è cortometraggio ispirato alla creazione del modno del popolo Baganda. Il film, muto, è abbastanza confuso e la storia, alla fin fine non si capisce, ma colpisce per la qualità della realizzazione, per la maestria nel creare un clima straniante ed una vaga sensazione di suspence, nonchè per la poesia di molte inquadrature, che per quanto semplici trasmettono tantissimo.
L'ultimo dei tre è "La bulle" di Raminosoa Mamihasina, film malgascio in cui un giovane ospite di una struttura alberghiera altrimenti vuota conduce una vita ripetitiva e monotona finchè non giunge una ragazzina a disturbare i suoi pranzi, deridendolo... la ragazzina poi si prende gioco di lui trasformandosi ogni volta in uno scarafaggio laureato in escapologia. Il film è proprio ben fatto, con un uso di effetti speciali bidimensionali e molto visibili che donano al corto l'atmosfera spaesata di una fiaba. Mamihasina non ha paura di usare immagini rallentate o accelerate per tramsettere il senso delle azioni, e fa ampio uso di inquadrature particolari per riprendere le stesse scene. Un ottimo corto se non fosse per l'irritantissima risata della ragazzina...

mercoledì 18 novembre 2009

Nothing but the truth - John Kani (2008)

(Id.)

Visto al Festival di Cinema Africano di Verona (in concorso); in lingua originale.

Il ritorno del corpo del fratello morto in esilio è l'occasione per un bibliotecario di fare i conti con il proprio passato e con i segreti nascosti della sua vita, questo in parallelo con quanto lo stato, il Sud Africa in cui il film è ambientato, sta facendo tramite la Truth and Reconciliation Commission. Ovviamento la catarsi non potrà avvenire senza un confronto con la famiglia (la figlia e la nipote) e un'onesto racconto delle verità sepolte (in questo senso mi ha ricordato "Segreti e bugie").
Kani si trova a suo agio dietro la machina da presa e ci regala una regia solida, con una fotografia magnifica fatta di colori delicati e luci pastose, solo talvolta virata verso colori terrei.
Gli attori non mi sono sembrati adeguati, ma il vero neo del film è nella storia un pò troppo semplicistica e nella mancanza di coraggio nel dare vita ad un vero e proprio dramma, o nell'usare l'ironia; la sceneggiatura invece cerca sfoghi comici non originali con l'inserimento di un personaggio alla moda, upper class, viziato e di estrazione culturale diversa che deve fare i conti con le proprie radici dimenticate (la nipote del protagonista), deviando per tutta la prima metà verso una risata facile fatta dalla contrapposizioni di culture/classi sociali.
Peccato, appena un poco di coraggio in più e sarebbe stato un gran film.

Il film è stato seguito da un cortometraggio poco cinematografico e con una trama esilissima (il protagonista perde la casa, poi gliela ricostruiscono), ma quantomeno dai colori splendidi dal titolo "La residence Ylang Ylang" di Hachimiya Ahamada.

Sheherazade, tell me a story - Yousry Nasrallah (2009)

(Ehky ya Scheherazade)

Visto al Festival di Cinema Africano di Verona (in concorso); in lingua originale.

Un film splendido. Nell'Egitto moderno, una donna conduce un talk show di politica inviso al governo, il neo marito, in attesa di una possibile promozione in un giornale di stato riceve pressioni per far calmare le acque per un pò e le chiede di smetteri di parlare di politica e parlare d'altro, sentimenti, vita di tutti i giorni, gossip... ma come presto si accorgeranno entrambi, tutto è politica, specie se a parlare sono le donne di uno stato islamico... Come lascia capire il titolo il film poi si sviluppa con una serie di racconti delle ospiti del talk show fino al racconto finale che sarà il film stesso.
Nasrallah dimostra un'ottima capacità di dirigere; pensa a tutto, cura una fotografia dai colori bellissimi, muove la macchina da presa, dispone gli attori, compone le immagini senza stancarsi (ad essere sinceri con più incisività nella prima parte), dimostrando un gusto estetico fortissimo e deciso. La trama scorre rapida e non permette che le oltre 2 ore di film possano annoiare, se anche si può notare spesso una certa ruffianeria (soprattutto nel finale) non gli si può negare di arrivare a colpire, si esce di sala emotivamente scossi.
Gli attori splendidi, soprattutto i protagonisti, fanno il loro dovere senza pecche, anche se mi viene da chiedermi se sia merito loro o se derivi tutto dalle mani sapienti del regista.
L'unico problema è il fastidio che provo al pensiero delle difficoltà nel reperire altri film di Nasrallah...
Dato che questo è un festival secondario dubito che si siano potuti permettere film migliori e lo candido ufficialmente alla vittoria.

martedì 17 novembre 2009

Mascarades - Lyes Salem (2008)

(Id.)

Visto al Festival di Cinema Africano (in concorso); in lingua originale.

Un'ottima commediola molto ironica e ben fatta ambientata nella profonda Algeria d'oggi.
Mounir ha una sorella, Rym, che pur amandola molto rappresenta il suo unico problema, è narcolettica e da tuttiè additata come una pazza che resterà zitella per questo suo problema; in una notte d'alcol Mounir dirà a tutti che l'ha promessa in sposa ad un ricco occidentale e da qui parte una piccola commedia degliecquivoci non originale ma efficace. Il tutto è ovviamente intrecciato con la storia d'amore, del vero amore, di Rym.
Come dicevo forse non spicca per originalità, ma molte sono le scene divertenti, semplici ma molto ironiche e le dinamiche del piccolo paese sono ben rappresentate.
Salem non è un genio, ma un cineasta che conosce a fondo il suo mestiere e sa gli obbiettivi a cui vuole giungere; conosce le tecniche base e sa come muovere una telecamera quando ne il momento è adatto (si veda all'inizio la panoramica reiterata nella piazza per cogliere le piccole faccende dei vari abitanti). La fotografia dai colori terrei non è perfetta ma ben curata e accompagna gli occhi suivolti dei personaggi. Buoni gli attori.
Il film perde in credibilità solo nel finale un po troppo assurdo e caotico.
In una parola un ottimo film medio.

Il film è stato preceduto da un cortometraggio, "Waramutseho" di Auguste-Bernard Kouemo Yanghu che parla di due amici, studenti in Francia uno dei due di etnia tutsi, l'altro hutu; lo scoppio dei disordini in Ruanda provocherà sui due ragazzi una serie di reazioni fino ad uno scontro diretto. Un buon film su come fatto lontani (geograficamente, non emotivamente) possono incidere sulle vite di tutti i giorni. Il crto è decisamente ben fatto, anche se non eccezionale, Yanghu si limita ad inquadrare quello che deve, un telefono (il mezzo per eccellenza di questo film), una presenza o un'assenza. La scena della collutazione tra i due nel loro salotto che si conclude sotto la bandiera ruandese è un tocco di classe.

A season of a life - Charles Shemu Joyah (2009)

(Id.)

Visto al Festival di Cinema Africano di Verona (fuori concorso); in lingua originale.

Uno dei film meno cinematografici che abbia mai visto, e il fatto che sia un'opera prima non lo giustifica affatto.
Il film è amatorialissimo, con attori digiuni di recitazione, una trama anche originale con un senso generale non malvagio (bella l'idea di una dio donna e tutto ciò che ne consegue nell'arringa finale) ma che va avanti per frasi fatte e assurde, eventi assolutamente dissociati, e scene ridicolissime; si insomma si vede proprio che sono degli amici che hanno voluto girare un film con la nuova videocamera. Alla fin fine è un filmino delle vacanze con uno stupro di mezzo. Considerando che ha vinto un premio internazionale a Zanzibar e che la giuria del festival l'ha vluto portare a tutti i costi a Verona c'è da sperare poco pr questa edizione.

Il film è stato preceduto da un cortometraggio "Le cauchemare d'une gamine" di tale Arthur Kolié Cécé... un corto talmente lontano da una qualsiasi visione di cinema che non intendo neppure parlarne.

lunedì 16 novembre 2009

Nemico pubblico - Michael Mann (2009)

(Public enemies)

Visto al cinema.

Una storia lineare, un film su una semplice caccia al ladro senza uno scontro tra menti, diviene nelle mani di Mann un esempio di cinema alto; anche grazie all'ottimo cast, ovviamente.
La fotografia è pulitissima, le luci splendide ed il realismo delle immagini adattissimo a raccontare questa storia, Mann poi osa mettendo la telecamera ovunque ci sia spazio sufficiente, senza temere le inquadrature impossibili. Ovviamente tutto questo è possibile grazie all'utilizzo del digitale, che permette immagini mai così realistiche, a livello di quelle dei telegiornali, senza dover rinunciare alla cura cinematografica. Mann si pone una spanna al di sopra del cinema odierno e mette metri di distanza tra lui e chiunque altro faccia film d'azione oggi... solo un'appunto, a me personalmente la camera a mano tutta sobbalzi mi ha un po stancato, ma per stavolta posso fare finta di niente.

Inutile dire che Depp fa una grande prestazione, la fa sempre, e stavolta che il film è pure serio c'è rischio che scappi un oscar. Assolutamente di livello anche tutto il resto del cast. Un'ottimo film.

venerdì 13 novembre 2009

Capitalism: a love story - Michael Moore (2009)

(Id.)

Visto al cinema.

Siamo davanti al solito Moore. Un film schieratissimo, schietto, esagerato, con una ricercatezza nelle immagini d'archivio sempre ai massimi livelli e, ovviamente, di parte senza alcuna speranza. Le colpe le hanno sempre gli stessi, i buoni sono sempre gli stessi, niente grigio, solo estremizzazioni. Per quanto sia tutto sfalsato dalla fede del regista, il film avverte di fatti reali, più o meno romanzati, che fanno rabbrividire; Moore mescola con la classica maestria ironia e dramma, immagini di repertorio ed interviste personali...si insomma, l'inventore del repotage post-moderno fa un altro reportage post-moderno. Stavolta, forse più che non nei precedenti, ci da dentro con le musiche, e soprattutto usa la retorica in maniera decisamente maggiore, ma la usa con maestria (che piccolo capolavoro di demagogia è la frase "Io non voglio vivere in un paese così. E non ho intenzione di andarmene"!). Quantomeno si può dire che nessuno guadando un film di Moore può rimanere impassibile, si esce sempre incazzati.
Però ormai sono lontani gli anni di "Bowling a Columbine", Moore anche stavolta butta tanta carne al fuoco, anzi troppa, non tutto è facile da seguire e molte parti del documentario sono unite con voli pindarici associativi più che logici e quello che ne viene fuori è un lavoro poco chiaro che punta solo ai sentimenti (e non, come fa di solito, soprattutto ai sentimenti). Forse addirittura il suo film peggiore.

giovedì 12 novembre 2009

Lezioni di piano - Jane Campion (1993)

(The piano)

Visto in DVD.

Questo è uno di quei film troppo complessi per essere sicuro di avere un'opinione certa alla prima visione. Lezioni di piano non l'avevo mai visto completo prima ma solo a spezzoni più o meno lunghi.
Ora che l'ho visto posso dire che certamente è un grandissimo film sull'incomunicabilità; ogni personaggio è inintelleggibile agli occhi degli altri e spesso anche allo spettatore, nessuno riesce a comprendere gli altri fino in fondo, e la metafora del mutismo, della lingua maori, della musica come linguaggio vuol solo rendere palese questo concetto. Tutti i sentimenti messi in gioco sono fortissimi, ma recitati con incredibile rigore dalla Hunter e da Keitel, un distacco, una freddezza, che rende i personaggi più credibili, più reali.

La Campion poi compie un'opera di un lirismo impressionante, acuto ma trattenuto allo stesso tempo; ogni immagine (soprattutto all'inizio e nelle ultime scene del film) sono vere proprie poesie in immagini. Alla regista è sufficiente un albero, una mano, od ovviamente un pianoforte, per creare un'opera d'arte di una potenza difficile da replicare (il pianoforte da solo sulla spiaggia è splendido, e cosa dire dell'immagine finale?). Quando l'inquadratura si allarga i personaggi vengono sempre schiacciati nella parte bassa dell'immagine o relegati in un angolo in una vittoria della natura, del tempo atmosferico sull'uomo; e proprio il tempo è una caratteristica di questo film; non avevo mai visto prima un film più fradicio di questo, qui tutto è bagnato, tutto è umido, c'è pioggia, fango, foschia, mare, fiumi...

Forse è un film difficile da amare, troppo complesso, i sentimenti troppo trattenuti per essere ben compresi, eppure rimane un'opera singolare ma splendida.

PS: non ho parlato delle musiche è vero, ma credo che Nyman non sia uno che abbia bisogno di presentazioni, e poi io non me ne intendo abbastanza... inutile dirlo, amo il motivo del film.

mercoledì 11 novembre 2009

Up - Pete Docter, Bob Peterson (2009)

(Id.)

Visto al cinema.

Forse è il miglior film della stagione. "WALL-E" mi era molto piaciuto e quindi Up ha cominciato col piede sbagliato; venire dopo un capolavoro. Eppure riesce a vincere la sfida. Vince su tutta la linea.
Oggigiorno la Pixar è l'unica a trattare i bambini come persone e non come ritardati; è l'unica che ha il coraggio di mostrare dolore e morte (era dai tempi de "Il re leone" che la morte non era presentata in maniera così, importante e continuativa, giusto "Alla ricerca di Nemo" l'aveva brevemente riutilizzata, e guarda un pò, è proprio della Pixar) pur con la dovuta maniera soft; è l'unica che si permette di ironizzare sulla vecchiaia, sul ricordo e sulla sofferenza. E poi lo fa con stile.
Certo, è molto più sguaiata di Miyazaki, cerca di fare film che siano anche comici, ma tolto il maestr giapponese chi altri riesce a rendere sentimenti così forti e complessi con uno sguardo? un dettaglio? un'esitazione? e poi in sto film c'è pure tutto il discorso sul volo... comincio a credere che Lasseter abbia guadagnato più di quanto ha speso producendo i film di Miyazaki, non solo in termini economici.
Tutto in questo film è funzionale, l'attacamento ala casa, i palloncini, tutto è fatto perchè sia visivamente splendido ma con uno scopo. I personaggi impegnati i scene d'azione o comiche hanno brevissimi momenti in cui tirare fuori la loro personalità, ma in quei brevi attimi ti raccontano tutto un mondo.
La scelta dei cani poi aggiunge a tutto un gusto comicità surreale strepitoso (la scena degli aerei è veramente fuori di testa).
Al di la delle conoscienze tecniche la Pixar ha una tale consapevolezza delle tecniche cinematografiche ed un tale rispetto per il suo pubblico, di qualsiasi età, che oggigiorno risulta essere la migliore industria del cinema, qualitatiamente parlando. E se si considera che finora non ha fatto altro che migliorare ad ogni film sono già in attesa di "Toy story 3".

martedì 10 novembre 2009

Passengers, mistero ad alta quota - Rodrigo Garcia (2008)

(Passengers)

Visto in Dvx.

Un thriller tra lo psicologico ed il metafisico che verte interamente sul colpo di scena a circa due terzi del film, un po come "I soliti sospetti" o "Il sesto senso" o il già citato "La moglie del soldato".
Qui però ci troviamo davanti ad un'idea magnifica, davvero fenomenale specie per il cinema, dove forse è già stata utilizzata solo per certe commedie natalizie. Il soggetto appare quindi vincente, a fronte di una sceneggiatura non all'altezza, il film è troppo noioso e sentimentale per tutta la prima metà, tanto da deragliare quasi subito in una storia d'amore, tutt'altro che fondamentale per a trama; e poi le emozioni sono troppo esposte e troppo repentine, troppo esagerate, lo sconosciuto sceneggiatore deve ancora lavorare per essere all'altezza delle sue stesse idee. La regia di Garcia poi è molto convenzionale, unico tocco personale ed oggettivamente lodevole è la fotografia algida tutta giocata sui toni freddi del nero e del grigio che solo nella parte finale osa mostrare l'azzurro ed il blu.
In sostanza il film scorre lento e banale (davvero molto banale) fino al colpo di scena che sconvolge tutto, buttando una luce diversa su tutto quanto è stato mostrato fino a quel momento. Un buon film medio che avrebbe potuto aspirare a qualcosa in più.

Mi fa piacere, ma non sono abituato a vedere Dianne Wiest fuori da un film di Allen

lunedì 9 novembre 2009

Scandalo internazionale - Billy Wilder (1948)

(A foreign affair)

Visto in DVD

Film cinico come solo Wilder, tra i grandi del cinema, saprebbe fare; è una commedia che ironizza sulla germania post bellica, sulle connivenze ed il favore del popolo tedesco nei confronti del regime nazista e sugli americani come liberatori. Graffiante specie nel'inizio si riconosce fin da subito come un film di Wilder.
Poi prende le mosse della commedia degli equivoci (di cui non vado matto) e del film romantico alla "Ninotchka" (di cui non a caso è stato uno degli sceneggiatori), senza particolari guizzi o idee. Unico valore aggiunto la Dietrich.
Dietro la macchina da presa Wilder non esalta in maniera particolare.
Questo film è decisamente un minore nella carriera del regista, ma fa passare bene un'ora e quaranta.

Ah già, le spettrali carcasse degli edifici bombardati che si vedono all'inizio del film dall'aereo e poi nelle varie scene sulla macchina sono proprio la Berlino del 48.

venerdì 6 novembre 2009

Parnassus, L'uomo che voleva ingannare il diavolo - Terry Gilliam (2009)

(The imaginarium of doctor Parnassus)

Visto al cinema.

Non siamo neanche lontanamente ai livelli di "Paura e delirio a Las Vegas" o "Brazil", però almeno Gilliam ritorna a fare qualcosa di personale che valga qualcosa.
Il film infatti è quanto di più tipico dal regista, un film in cui la trama è appena abbozzata e quello che più conta è il clima, l'ambiente ricreato, in cui il fantastico è fuso organicamente con la realtài in maniera il più possibile verosimile. Ci sono personaggi medium fra la relatà e l'immaginario, ci sono personaggi al limite che vi si aggregano e c'è tutto il corollario di visoni che qui ritorna ad essere oggettivamente bello. Purtroppo gli effetti speciali non sono sempre all'altezza.

Il cast poi adattissimo e adeguato al compito, l'idea di usare 4 attori diversi per lo stesso personaggio (scelta obbligata dalla prematura scomparsa di Ledger) è magnifica e offre un'interpretazione in più all'opera; Tom Waits che interpreta il diavolo (strano) poi è un valore aggiunto, e pure il ritorno di Verne Troyer.

giovedì 5 novembre 2009

Se mi lasci ti cancello - Michel Gondry (2004)

(Eternal sunshine of the spotless mind)

Visto in DVD

Uno dei più bei film dell'ultimo decennio. Un film sull'amore tout court che non si limita alla visione hollywoodiana della passione ma racconta una storia nel suo svolgersi dalla fine all'inizio, in una sorta di "Memento" che rende chiaro prima il perchè non sia funzionata e solo dopo il perchè sia cominciata. Il tutto con salti avanti e indietro nel tempo che si possono capire del tutto solo alla fine nel magnifico colpo di scena (che per una volta non è fine a se stesso ma è utilissimo ai fini del significato del film).
La regia di Gondry poi è magnifica, praticamente ogni scena ha qualche aggiunta, qualche modifica, ogni scena significa qualcosa, e il regista dirige tutto magnificamente con l'aiuto di effetti speciali, più spesso artigianali che non digitali. Alcune inquadrature, per costruzione dell'immagine, sono già da galleria d'arte. Splendida anche la fotografia che rende perfettamente il mood generale.
Infine un encomio agli attori, sia ai protagonisti Carrey e Winslet mai visti in queste vesti ma bravi come sempre (sembrano quasi essersi scambiati i ruoli), sia ai comprimari, quasi tutti in parte, quasi perfetti.
Non voglio commentare troppo sul titolo italiano... in poche occasioni ci si era ridotti così in basso...

mercoledì 4 novembre 2009

La moglie del soldato - Neil Jordan (1992)

(The crying game)

Visto in DVD. La storia parte con il rapimento di un soldato inglese da parte dell'IRA, del suo rapporto con uno dei carcerieri che, come da manuale si sviluppa fino ad arrivare all'amicizia, dopo solo mezzora di film devono però ucciderlo e li c'è un primo colpo di scena ironicissimo e crudele che da il via alla vera storia.
Il carceriere rintraccia la donna del soldato e ovviamente se ne innamora, ma dall'IRA non se ne esce mai.
Quello che a prima vista può sembrare un film banale non lo è affatto. Non lo è per via del secondo colpo di scnea, quello vero, quello portante, che cambia radicalmente il senso del film. Non starò qui ad anticiparlo, ma non so quanto sia credibile; io come al solito sono venuto a saperlo prima quale fosse il colpo di scena (Ma possibile che un giornale di gossip che compra mia nonna me lo dovesse dire?!), e francamente mi sembrava piuttosto evidente, però non faccio testo. Il film con quel cambiamento assume un senso più ampio, diviene un discorso sulle apparenze e sulla comprensione e l'accettazione di se, ogni personaggio infatti si mostra, o appere o agisce in maniera differente da ciò che in realtà è. Con quel cambiamento diviene quindi un gran film.
Jordan poi compone le scene in maniere essenziale ma ricercata e mostra tutto quello che deve essere visto senza aver paura a muovere la camera se necessario, seguendo i personaggio, girandoci attorno, piegandola di lato. Un ottimo esempio di regia.
Il film però non mi ha convinto fino in fondo; la storia si sviluppa troppo velocemente, soprattutto nel fondamentale rapporto tra il carceriere ed il rapito, tutto troppo rapido, troppo artificiale; e poi la tensione non compare mai, anche quando dovrebbe esserci non si sente, nel finale poi si raggiunge il paradosso con una situazione sempre più incredibile che se fosse almeno supportata dalla suspance. In più, tolto Whitaker, gli attori non mi sono sembrati ad un livello adatto per il film. Spiace perchè gli spunti per una grande opera c'erano tutti.

martedì 3 novembre 2009

L'attimo fuggente - Peter Weir (1989)

(Dead poets society)

Visto in DVD.
Peter Weir mi da sempre l'idea di fare film facili, di largo consumo, entro certi limiti prevedibili (tutto quanto detto finora non vale, ovviamente, per "Picnic a Hanging Rock"), in cui però veicola sempre un messaggio tutt'altro che Hollywoodiano. In questo caso è la certezza della morte, quanti film ci ricordano, seriamente, di non essere altro che cibo per vermi? e in questo film Weir non fa altro dall'inizio alla fine, senza neanche nasconderlo troppo. Poi certo parla tanto di libero pensiero, di omologazione di libertà, di arte e creatività contrapposti al lavoro sicuro eccetera... ma da quando compare Robin Williams fino al suicidio tutto questo è sottolineato dalla presenza costante della morte. Solitamente il carpe diem è sempre sostenuto, cinematograficamente, dalla necessità di prendere in mano la propria vita, non dal fatto che domani si muore e che quindi è meglio vivere oggi.
Lo stile poi è adatto, Weir non ha pretese di autorialità, lui fa ciò che deve con i mezzi giusti rimanendo però invisibile; una invisibilità che è da lodare viste le scelte continue che fa, visto i giochi di simmetrie ed i movimenti di camera che inserisce.
Non è un capolavoro, ma certo questo è un ottimo film.