lunedì 31 ottobre 2011

Underground - Emir Kusturica (1995)

(Id.)

Visto in VHS. Una coppia di amici e “partigiani” vivacchiano a Belgrado, finchè i bombardamenti non li convincono a rifugiarsi in un sotterraneo con parenti e amici, uno dei due mantiene i collegamenti con l’esterno. La guerra finisce e Tito sorge, ma il contatto con l’esterno continua a mentire con chi vive nel sotterraneo sostenendo che i nazisti imperversano da 15 anni e convince parenti e amici a costruire armi che lui rivende. La vicenda si protrae tra episodi vari fino alla guerra civile degli anni ’90.

La storia della Jugoslavia dalla seconda guerra mondiale agli anni ’90 realizzata con un’ironia grottesca ed efficace che non si risparmia mai. Descrive una galleria di personaggi antieroici in toto e situazioni surreali anche quando sono verosimili. Il tutto descritto con una surrealtà ed una leggerezza da fare invidia. Tutti questi elementi trasformano la storia martoriata di uno stato in una fiaba favolosa e allegra.

Si insomma questo film è un po il Novecento della Jugoslavia raccontato da Fellini. Kusturica si concede del sentimentalismo solo nel finale in cui racconta la guerra appena finita… direi giustificabile.

Mille le idee e le intuizioni e mille le immagini da ricordare. Oltre alla scena della sposa in volo verso il tavolo del banchetto del matrimonio o il terreno che si stacca dal continente nel finale; voto tra le scene migliori la sequenza della morte del figlio del Nero. E tra le idee voto l’autostrada sotterranea che collega tutta l’Europa.

Punteggiano un film eccellente le interpretazioni azzeccate di tutto il cast e le migliori musiche di Bregovich.

venerdì 28 ottobre 2011

Genuine - Robert Wiene (1920)

(Id.)

Visto in Dvx. Una sacerdotessa di un culto oscuro viene rapita e venduta come schiava ad un ricco vecchiotto che la tiene imprigionata in una gabbia dorata per evitare che lei dia sfogo ai suoi inquietanti istinti (nel film al massimo morde la mano allo schiavista… oltre a gesticolare come un’indemoniata). Ma lei, che si chiama per l’appunto Genuine, riuscirà a fuggire e si riavrà della sua cattività con un giovine barbiere e con il nipote del vecchiotto.

Complessivamente uno dei film più confusi che abbia mai visto, anche se va considerato che il film di 44 minuti che ho visto potrebbe essere solo un versione ridotta diffusa per il mondo mentre l’originale (di durata imprecisata) viene conservato

Complessivamente comunque il film è debolissimo dal punto di vista della trama (da sempre elemento di forza di Wiene), annoia senza mezze misure e affascina poco per inventiva. Dall’altra parte abbiamo come unico punto d’interesse le scenografie degli ambienti dove si muove Genuine ed i suoi costumi, entrambi elementi che proseguono il discorso del cinema espressionista, anche se comunque più sottotono rispetto al poco precedente Gabinetto del dottor Caligari.

Comunque un film evitabile senza rimorsi di coscienza.

giovedì 27 ottobre 2011

This must be the place - Paolo Sorrentino (2011)

(Id.)

Visto al cinema. Una pop star anni ’80 vive in un isolamento d’orato in Irlanda, con la moglie più maschile di lui ed il rimorso per una paio di morti sulla coscienza. Ovviamente la pop star non si è più separata dal suo personaggio di 30 anni prima e gira ancora con trucco, smalto e capelli cotonati; e si trova in uno stato mentale infantile sul modello di Forrest Gump, con una lucidità mentale ed una comprensione delle cose decisamente superiore, molta ironia ed una piacevole dose di cinismo. La morte del padre (ebreo) lo costringerà ad imbarcarsi per gli USA (ha paura degli aerei). Una volta giunto al capezzale cercherà di sopire il rimorso dei decenni passati senza un dialogo con il genitore andando alla ricerca dell’uomo che, ad Auschwitz lo umiliò. Sulla strada maturerà, comincerà a fumare (solo i bambini non sentono il bisogno di fumare), si imbarcherà su un’aereo e una volta tornato a casa riuscirà a venire a patti con il suo aspetto ed il suo passato.

Diciamolo subito; Sorrentino è bravissimo come al solito, gestisce carrelli e dolly meglio di Scorsese, usa il montaggio come un Meyer o un Wes Anderson, ha la solita fotografia chiassosa e brillante e la solita colonna sonora che parla quanto le immagini (canzoni pop rock dagli anni ’70 in poi e musiche originali di David Byrne).

Poi diciamo anche che Sean Penn è eccellente, il personaggio è una macchietta, ma lui gli da uno spessore notevole senza essere mai eccessivo. Quasi non sembra lui.

Detto ciò questo film rispetto ai precedenti è al contempo più canonico e più inconcludente. Più canonico in quanto il protagonista è il solito personaggio alla Sorrentino (alienato, separato dal mondo in un egocentrismo particolare e da tic personalissimi, un freak moderno), che però stavolta ha un’evoluzione vera e proprio, una crescita che in quasi tutti gli altri film non c’era (tranne che ne Le conseguenze dell’amore). Più inconcludente perché è questa l’impressione che mi ha lasciato, il protagonista incontra persone, vive esperienze e visita luoghi che rimangono tutti quanti sullo sfondo, ognuno carico di storie e caratteristiche particolari che servono solo a riempire il film, non ad interfacciarsi con Sean Penn.

mercoledì 26 ottobre 2011

Finché c'è guerra c'è speranza - Alberto Sordi (1974)

(Id.)

Registrato dalla tv. Sordi è un “piazzista” di armi da guerra, arrivista, disposto a tutto pur di vendere, sposato con una donna interessata ai suoi soldi e con figli distanti si getta anima e corpo nella propria professione.

Sorprendente pensare che già negli anni ’70 in Italia si facevano film che definirei alla Reitman, con la descrizione di personaggi spregevoli per ruolo sociale, resi divertenti ed empatici per la loro personalità per nulla positiva, ma descritti comunque umanamente. Questa è l’essenza di questo film di e con Sordi, un uomo vittima del proprio lavoro, disprezzato da tutti quelli che non fanno parte del suo mondo, con colleghi disposti a sbranarsi a vicenda ed una famiglia medio borghese ipocrita e gelida; come non si può non parteggiare per lui? Anche se lui vende armi di morte e non cambia opinione sulla sua professione neppure dopo essere stato vittima dei suoi stessi aerei e dopo aver visto sul campo cosa causano.

Il film sorprende anche perché dentro c’è già tutto; dovendone rifare oggi un remake sarebbe difficile aggiungere un episodio in più per descrivere il personaggio ed il suo mondo; la sceneggiatura già pensa a tutto. Unico neo (oltre ad un certo provincialismo italiano), il ritmo, forse adatto per l’epoca d’uscita, ma oggi piuttosto col freno a mano inserito.

Giustamente famosa la fantastica sequenza finale con lo scontro tra Sordi ed i famigliari indignati dopo aver “scoperto” che lavoro fa.

martedì 25 ottobre 2011

Basket case - Frank Henenlotter (1982)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato. Non si può descrivere questo film senza spoilerarlo... dunque, tratta di un ragazzo che gira con una cesta chiusa da un lucchetto per New York; dove passa finisce che qualcuno viene ucciso. L'atroce segreto del ragazzo è di essere nato con un gemello siamese deforme e muto (ma parla con la telepatia) che cerca vendetta dei medici che lo operarono a tradimento (per staccarlo dal fratello) e lo lasciarono a morire (evidentemente senza successo).

Spletter low budget per patiti del genere, al suo interno contiene tutto ciò che ci si aspetta da questo genere. Mostruosità esposte, personaggi comici, sangue a bizzeffe, nudi femminili e attori cani ovunque.
Il film diverte ed intrattiene nel modo giusto, con solo qualche momento di stanca nella ripetitività delle scene. Henenlotter da parte sua si muove con la macchina da presa con la libertà di chi ha un budget basso e può fare quello che vuole.

lunedì 24 ottobre 2011

Session 9 - Brad Anderson (2001)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato.

Allego qua il link di wikipedia inglese che descrive minuziosamente la trama (pure troppo; attenzione spoiler).

Mi aspettavo un horror e invece non è un horror… e già non si comincia bene.
Il film è più un thriller soprannaturale a cui piace cambiare le carte in tavola spesso; inizia come un Narciso nero, film in cui l’ambiente cambia la personalità, in ambientazione horror; poi vira verso una sorta di Fight club (o almeno in questo modo la si può interpretare) fino a giungere alla conclusione in totale stile Shining.

Il film è un low budget senza effetti speciali e fatto tutto da suspense, ciononostante Anderson ci da dentro con tocchi di classe ed idee visive (in primis la location stessa che è perfetta), dando vita ad una serie di sequenze davvero notevoli (si veda la scena in cui il ragazzo corre cercando di scappare dal buio che si avvicina), il tutto supportato da una camera a mano non persistente (e quindi non disturbante) e una registrazione in digitale che aumenta il realismo generale del film. In definitiva non stiamo parlando di un lavoro epocale del genere horror, ma semplicemente questo film è tutto ciò che The Blair witch project avrebbe voluto essere, ed è pure tutto ciò che "The Blair witch project" avrebbe dovuto essere per essere un film decente.

venerdì 21 ottobre 2011

L'angelo del male - Jean Renoir (1938)

(La bête humaine)

Visto in DVD.
Un ferroviere (Gabin) con qualche problema in cranio ci prova un po con qulche donna qua e la, purtroppo ha la sfortuna di innamorarsi della moglie di un capo stazione… ma neppure il capo stazione se la passa bene, la moglie (Simon) è troppo giovane per lui ed è molto geloso; d’altra parte lei ha avuto una relazione con il suo ricco padrino… succederà che il capo stazione ucciderà il padrino della moglie, Gabin li vedrà, ma non dirà nulla, preferendo alla giustizia la vicinanza con la donna amata… poi anche Gabin darà di matto…

Film francese che indubbiamente ha il gusto del verismo letterario e che in questo senso gli riesce bene con una regia anti neorealista e calligrafica riesce comunque a mostrare il mondo proletario del basso con una veridicità notevole ecc… però annoia. E pure parecchio. E bisogna pure aggiungere che, complice un doppiaggio che più bianco non si può, anche gli attori appaiono sottotono…

Per carità spiace sempre parlar male di Renoir, ma sarà soprattutto che di recento ho visto Ossessione, dove il binomio amore e morte era trattato in senso verista, ma all’italiana, quindi con un neorealismo che ammazza la costruzione scenografica per rendere realmente il paesaggio e i personaggi dando un senso di passione molto fisico e percepibile… mentre qui tutto è detto e non mostrato a dovere, tutto è pulito e preciso, ma assolutamente freddo… non rende, semplicemente non rende.

giovedì 20 ottobre 2011

Super Vixens - Russ Meyer (1975)

(Id.)

Visto in VHS. Un ragazzotto di provincia, sottomesso alla moglie ninfomane in una notte di bagordi torna a casa e trova la moglie trucidata da un poliziotto sadico. Fugge per non essere incolpato dell’omicidio imbattendosi in una serie di mogli e figlie anche loro ninfomani (e lui stranamente renitente) con i rispettivi mariti o padri piuttosto violenti. La storia andrà avanti finchè non troverà un nuovo angelo del focolare, ma un caso lo riporterà dalle nelle grinfie dello stesso poliziotto…

Questo film non ha alcuna connessione con il precedente Vixen!, se non per lo stile. Questo film infatti è nel pieno del secondo periodo della produzione di Meyer, fumettistico, iperbolico, esplicito, comico e surreale.

Il mondo descritto ha donne che sono tutte delle sexy tettone, gli uomini sono dei superdotati a livello degli equini, i rapporti sessuali stilizzati e ridicolizzati (oltre che reiterati), al pari degli scoppi di violenza; tutto è cartoonistico (non a caso si chiude con la protagonista nuda su una montagna che dice That’s al folks!).

Lo stile della sceneggiatura (va sottolineato che qui Meyer scrive, dirige, fotografa e monta tutto da solo!) viene bissato dallo stile di regia; tutta la parte iniziale è un montaggio schizofrenico tutto teso ad inquadrare primi piani, dettagli anatomici e oggetti in con una frequenza impressionante. Il taglio delle inquadrature rimane per tutto il film, il ritmo (per fortuna) calerà.
Un film piuttosto godibile (forse il più godibile tra quelli che ho visto di Meyer) nonostante la ripetitività delle sequenze centrali e nonostante il finale allunghi il brodo in maniera imperdonabile.

Per chi ama i rivia di imdb posso aggiungere che Meyer appare in un cameo di un secondo nella parte del tenutario del motel; la scena dell’omicidio nella vasca richiama Psyco; mentre vedendo il personaggio del poliziotto non sono riuscito a non pensare a Scagnetti.

mercoledì 19 ottobre 2011

Ossessione - Luchino Visconti (1943)

(Id.)

Visto in DVD.
Un disoccupato vagabondo entra in una locanda dove si innamora della giovane moglie del più anziano proprietario, ovviamente anche lei ne rimarrà immediatamente colpita. Si ameranno in segreto, progetteranno la fuga, lei desisterà, si divideranno, si rincontreranno e finalmente progetteranno di uccidere il marito e vivere insieme con l’eredità… ovviamente il pentimento ed il rimorso cambieranno radicalmente le cose.

Film tratto dal libro di James M. Cain Il postino suona sempre due volte” tre anni prima dell’omonimo film americano.

Il film è stupendo, una delle opere prime migliori di sempre; basterebbe solo l’incipit, con un Girotti mai inquadrato in volto e un uso del dolly e della macchina da presa mobile che segneranno tutto il film. Davvero si vede fin da subito l’arte di Visconti.

A dirla tutta il film si perde alla svelta in un chiacchiericcio ad effetto che annoia molto più di quanto affascini, soprattutto nella prima parte. Dopo l’omicidio il ritmo cambia un poco e gli attori ci danno dentro molto di più aumentando il livello, anche se un po di noia continua trasparire. Complessivamente però il film risulta davvero efficace, lugubre e senza scampo come pochi film dell’epoca. Da vedere.

martedì 18 ottobre 2011

A dangerous method - David Cronenberg (2011)

(Id.)

Visto al cinema. La storia è quella del rapporto d’amore fra Jung ed una sua paziente e, in disparte, il rapporto fra lo psicanalista svizzero e Freud…

Che dire; Cronenberg non rinuncia ai suoi topoi classici, dalla malattia mentale al sesso visto i chiave grottesca come trait d'union fra le persone e non in ultimo i corpi modificati ed esposti dalla malattia (anche se a onor del vero c’è molta meno carne in questo film rispetto ad un qualunque fotogramma dei suoi titoli passati)…

Beh poi direi anche che lo stile è quello esteticamente impeccabile e asciutto che caratterizza il regista canadese negli ultimi film…

Poi che aggiungere, che i personaggi sono ben delineati e Freud interpretato da Mortensen (che in questo film stranamente non mostra le chiappe) è fantastico. E il rapporto fra i due che da vate e discepolo passa ad un costante e lento raggelarsi fino alla disistima reciprocamente messa nero su bianco è forse la cosa migliore e meglio riuscita di tutto il film…

Poi che altro… mi pare basta; no perché alla fine del film ci si arriva chiedendosi dove volesse andare a parare Cronenberg. Si arriva alla fine di un film splendidamente confezionato che mette sullo sfondo la vicenda umana di ude personaggi di peso magnificamente scritta, ma che non dice nulla, che gira in tondo per un’ora e mezza per poi concludersi con un nulla di fatto. Un’occasione sprecata.

lunedì 17 ottobre 2011

Prova d'orchestra - Federico Fellini (1978)

(Id.)

Visto in DVD.


Le telecamere della televisione entrano in una sala prove di un’orchestra; intervistano i vari strumentisti, en colgono i motivi che li hanno spinti ad abbracciare la musica e ne mostrano le frustrazioni. Mente il servizio viene finito la situazione deraglia, gli orchestrali si ribellano al direttore fino all’anarchia completa che sfocia nell’isteria collettiva; l’improvviso crollo di una parete e la comparsa di una palla da demolizione riporteranno gli orchestrali all’ordine e li renderanno sempre più ubbidienti nei confronti di un direttore sempre più assolutista.

Metaforone cinematografico dell’Italia dell’epoca dove non è chiarissimo da che parte stia il regista, anche se accusa con dovizia di ironia il sindacato… ma d’altra parte l’opinione di Fellini è secondaria al racconto, come al solito sospeso e sognante. Di per se il film non è fondamentale, ma si lascia vedere per (la durata limitata) la galleria di personaggi tratteggiati e per le descrizioni degli strumenti musicali che ognuno fa per dimostrare il perché sia superiore agli altri.

venerdì 14 ottobre 2011

Kick-ass - Matthew Vaughn (2010)

(Id.)

Visto in Dvx. Questo film è tratto da un fumetto che conosco perfettamente dato che una volta ho sfogliato il volume due in una libreria. Dato quanto sono sul pezzo posso subito notare alcune importante differenze fra le due opere:

1) Nella scena della tortura, nel film, non attaccano degli elettrodi ai testicoli di Kick-ass.
2) Nella parte di Red mist (che nel fumetto è un tizio qualunque abbastanza fighetto) c’è
Mclovin!
3) Nel film c’è Nicholas Cage e si mette pure le extension sui baffi!!!

Una della tre differenze soprariportate è uno svantaggio del film, le altre lo migliorano…
Detto ciò il film si inserisce nella fila di fumetti che ragionano sul fumetto supereroico, quindi dopo le opere che ragionano su di se e sulle dinamiche interne (Dark knight) e quelle che mostrano come andrebbero le cose se i fumetti fossero reali (Watchmen), arriva quello che dice come andrebbe se nel mondo un tizio decidesse di chiedersi come andrebbero le cose se i supereroi esistessero… dio che complicato.

Sta di fatto che il film è realizzato benissimo, quasi in ogni ambito, è divertente e ha ritmo; ma soprattutto per la prima volta in occidente unisce ironia e ultraviolenza come se non ci fosse un domani; direi che è tutto quello che si può chiedere.

giovedì 13 ottobre 2011

Il mondo dei robot - Michael Crichton (1973)

(Westworld)

Visto in Dvx, in lingua originale con sottotitoli in inglese.
Una ditta offre una vacanza fuori dal comune. Tre ambienti ricostruiti in tutto (medioevo, Roma antica e ovviamente il vecchio West), anche nelle comparse, che infatti sono robot; quindi l’ospite può fare, letteralmente, ciò che vuole. Tutto sembra magnifico finché i robot (con poco preavviso) non impazziscono senza motivo apparente (come in “Gli uccelli”) e non ammazzano tutti. Poi il protagonista sembra essere l’unico abbastanza sveglio da scappare, ma viene braccato da un gelido Yul Brynner.

Beh, che dire; film scritto e diretto da Crichton, che si dimostra decisamente migliore nella prima parte piuttosto che nella seconda. Da una parte infatti l’idea è buona, non originalissima, ma ben fatta; dall’altra c’è un film totalmente senza ritmo, noioso oltre ogni dire con una lunga scena finale di “caccia” da parte di un robot verso l’ultimo umano… ma senza mai prendere, senza farsi seguire…

L’unico vero motivo di interesse rimane Yul Brynner che interpreta un robot che interpreta Yul Brinner nei panni del capo de “I magnifici sette”.

mercoledì 12 ottobre 2011

Inside job - Charles Ferguson (2010)

(Id.)

Visto in Dvx in lingua originale sottotitolato in italiano. Uno strepitoso documentario sulla crisi economica del 2008, il background su cui si è instaurata (dagli anni ’40 fino agli anni ’80, il vero inizio della deregulation che avrebbe portato alla crisi), le cause ultime che hanno fatto saltare in aria il sistema, i nomi e i cognomi di alcuni dei colpevoli, il perché lo sono, il come ne sono usciti, le manovre correttive fatte successivamente fino all’attuale gabinetto di Obama che è fato dalle stesse persone che hanno causato il tutto. Il documentario è accompagnato da molte interviste (pochissimi i “responsabili” che hanno accettato di parlare; anzi praticamente nessuno), alcune anche di spicco dal recentemente noto Strauss-Kahn, al quel vecchio bastardo di Soros, alla signorile Lagarde (che dice pure un "Holy cow") fino al misconosciuto primo ministro di Singapore (già, proprio lui, il primo ministro di Singapore, un tizio per il quale non mi prendo neanche la briga di andare a vedere come si chiama).

Il tutto confezionato in un formato molto dinamico che ha lo spirito delle opere di Moore (e quale documentarista contemporaneo non guarda al regista americano quando si mette a dirigere?), senza però averne la personalità o il fantastico lavoro di repertorio (come invece aveva, ad esempio, The corporation), ma non è per forza un difetto.

La cosa che più mi ha colpito però è che, al netto di ciò che è vero e ciò che è esagerazione (ogni documentario porta acqua alla propria tesi, anche se questo mi è sembrata decisamente più credibile, obiettivo e meno enfatico di opere come Capitalism e anzi è anche migliore dal punto di vista espositivo e dettaglio tecnico), tutto sembra chiarissimo. Questo è un documentario che parla di questione tecniche di un mondo a parte che non solo ha termini propri, ma anche figure professionali e modus operandi a sé; e ciononostante i ragionamenti e le spiegazioni risultano digeribili e chiare (magari alla seconda visione). E questo si che è un punto favorevolissimo per un documentario.

PS: No aggiungo solo, per non sembrare un giannizzero senza discernimento che i suoi difetti li ha anche lui; la parte sulla prostituzione e l’uso di droghe nell’alta finanza è puro marketing a sfavore della categoria attaccata, solo una tecnica demagogica di svilimento ed esce del tutto dal tema; ma si fa anche dimenticare in fretta.

PPS: Capitalism (e lo nomino ancora anche perché partono dagli stessi eventi) rimane comunque il migliore fra i due dal punto di vista estetico.

PPPS: E dopo smetto. Non so quali altri documentari fossero in lizza per l’oscar, ma la così, a scatola chiusa, direi che la vittoria di Inside Job è meritata.

martedì 11 ottobre 2011

Bronson - Nicolas Winding Refn (2008)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale con sottotitoli in inglese. La storia del più violento carcerato inglese. Tutto qui. Quindi c’è questo tizio che entra in carcere a 19 anni, ci rimane per almeno un quarto di secolo (con un lungo intermezzo in un ospedale psichiatrico) per uscire sulla parola, approfittando della libertà si immerge nel fantastico mondo delle pacche clandestine fino al nuovo arresto.

La storia sarebbe estremamente noiosa, data la ripetitività degli eventi e degli ambienti (non ci sono grani colpi di scena), oltre al fatto che ogni personaggio non è niente di più di una macchietta; ma per fortuna a dirigere c’è Refn.

Refn qui crea la sua cappella sistina; un film dove tutte le scene sono state pensate per essere a se stanti, tutto è estetica e si inserisce perfettamente nel contesto delirante della trama, tutto è costantemente sotteso fra ironia, violenza e introspezione; tutto è un costante inseguire la scena madre fino al finale che più costruito di così era difficile. Ad ogni svolta di trama poi c’è il giusto contrappunto musicale (come sempre in Refn) che va dal pop anni ’80 alla musica classica.

Un encomio pure a Hardy che riesce splendidamente ad interpretare volto e corpo di un personaggio che è descritto in maniera umoristica e mai spiegato fino in fondo; e nonostante questo lo rende credibile.
Bravi tutti.

lunedì 10 ottobre 2011

Una donna nel lago - Robert Montgomery (1947)

(Lady in the lake)

Visto in Dvx. Nel 1947, tale Robert Montgomery si svegliò tutto in piena notte tutto sudato con l’idea che avrebbe rivoluzionato il cinema: fare un film tutto in soggettiva.

Nel 2011 praticamente nessuno sa chi sia Robert Montgomery e in pochi conoscono questo film, mentre invece i videogiochi creano scene, avvenimenti e intere storie tutte in soggettiva. L’idea di Montgomery di aumentare l’empatia con questa tecnica era fondamentalmente sbagliata visto la staticità di un film che non mi obbliga a vedere ciò che vuole illudendomi del libero arbitrio; un videogioco invece mi permette la visuale in soggettiva per aumentare l’immersione dato che effettivamente dove guardare e cosa fare lo decido io. Si insomma Montgomery quella notte pensò di costruire una casa partendo dal tetto.

Il film è un wannabe noir cupo e romantico con il solito Marlowe come protagonista. La storia non è particolarmente intricata (come sarebbe usuale in Chandler), ne molto interessante; le grandi passioni (dall’amore al sospetto fino al pericolo) sono talmente mal trasmessi che rimane solo una sorta di irritazione di fondo verso tutti i personaggi; come dicevo la soggettiva rende più complessa l’immersione nel mood del film e il cast (con Robert Montgomery in testa, dato che interpreta il protagonista quando viene inquadrato) ha l’espressività di una statua egizia.

Si, il film è brutto, consigliato solo a curiosi e perditempo.

venerdì 7 ottobre 2011

Don't drink the water - Woody Allen (1994)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale con sottotitoli in italiano.
Durante la guerra fredda, tre turisti americani in gita in un, non meglio precisato, paese dell’est. Braccati per sospetto spionaggio finiranno nell’ambasciata USA, in cui il figlio dell’ambasciatore sostituisce il padre che è tornato in patria. Ovviamente una serie di idiosincrasie e di sbagli condurranno fino al lieto fine.

Tratto da un’opera teatrale dello stesso Allen, già portata sullo schermo nel 1969 da Howard Morris con "Come ti dirotto il jet". Quel film però (che non ho visto) deve aver disgustato profondamente Allen, visto che a distanza di una trentina d’anni si sentì in obbligo di farne un remake come film per la tv.

Comunque sia la storia è il classico Woody Allen dei ’60, ironico, ma quasi mai del tutto divertente, che crea situazioni di ambiguità, cita la magia e un paio di altri suoi topoi classici.
Come regia Allen crea una serie di piani sequenza che girano intorno alle scene che si svolgono forse per omaggiare l’origine teatrale del film, o forse solo perché i soldi e il tempo erano pochi.

Il film intrattiene bene anche se non aggiunge nulla al curriculum del regista, va detto che si inserisce come una nota positiva nel declino che stava subendo la produzione di Allen negli anni ’90.

giovedì 6 ottobre 2011

Marnie - Alfred Hitchcock (1964)

(Id.)

Visto in DVD.
La precisione di Wikipedia ammazza la mia buona volontà nel descrivere la trama... Detto ciò:

Film di Hitchcock che torna a ravanare nella psicanalisi ottocentesca e si permette il lusso di giocare con la grande ossessione del regista per il sesso in maniera diretta (la protagonista è frigida).

Di per se il film funziona, come sempre le opere di Hitchcock e presenta momenti fantastici; dalla scena della festa in cui la macchina da presa parte dal totale dell’ingresso fino al primo piano del sig. Strutt come già in Notorious (ma qui credo che la difficoltà tecnica fosse maggiore); o la silhouette della madre sulla porta della camera da letto di Tippi Hedren, ecc…
Poi c’è un Sean Connery che ci sta proprio nella parte del ricco e romantico tombeur, mentre la Hedren personalmente non la posso sopportare e mi rende irritantissimo il suo personaggio.

Il colpo di scena finale credo sia ben gestito (dico credo perché di questo film, prima di rivederlo, ricordavo solo il finale e non la trama) e credo possa colpire… però; però il film ci mette troppo ad ingranare, per quasi metà del tempo presenta il complesso personaggio della protagonista in una serie di momenti che spesso sfociano nel noioso; il rapporto di coppia fatto si sopraffazione e obblighi che si instaura dopo rende godibilissima la seconda parte ed il mistero attorno al passato della protagonista fa il resto, ma prima di arrivare a quel momento ci si impiega troppo.

mercoledì 5 ottobre 2011

Freddy vs. Jason - Ronny Yu (2003)

(Id.)

Visto in Dvx. Quando qualcuno ha avuto l’idea di fare un film con Freddy Krueger e Jason Voorhees credo gli siano stati dati un paio di schiaffi e sia stato fatto tornare al suo posto a continuare a studiare la geografia… poi però qualcuno a Hollywood deve avere avuto la soffiata e deve aver gridato “Pure io!”. Ed eccoci qua:

Freddy vuol tornare ad uccidere solo che lo può fare solo se la gente ha paura di lui, quindi manda Jason come suo emissario a fare un po di copycatting così che il nome Krueger torni a serpeggiare fra gli adolescentelli. Ecco già l’idea in se, più che brutta è proprio buffa ed è qui il problema il film non è brutto, è buffo (il primo omicidio farà certamente scattare una serie di LOL incontrollati fra i ggiovani).

L’incipit non è malvagio e fa ben sperare, c’è un mix del meglio dei film precedenti di Nightmare che si conclude su due tette di tutto rispetto, ma succede di tutto; sogni che sembrano una via di mezzo fra un Jhorror e The haunting e che non inquieterebbero neppure se fossimo negli anni ’80; c’è un proliferare di maniaci, ai due mostri classici si associa il medico pazzo, aumentando solo la confusione generale; la storia viene buttata avanti a caso con evidenti incongruenze o vere e proprie vaccate; il CG viene utilizzato come fosse l’idea del millennio, ma è pessimamente realizzato; inoltre il regista pensa di essere un genio, fa di tutto, inquadrature particolari, movimenti di camera, ralenty, tutto in maniera talmente casuale da sembrare sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato, poi mi sbaglia pure la base del montaggio…

Le cose positive ci sono; sangue a fiumi come se non ci fosse un domani, un ragguardevole WTF con il Freddy-Brucaliffo, l’attore che ha interpretato quel mattacchione del protagonista di Rampage, comicità involontaria come fossimo in un programma della Clerici e poi toh! Quel paio di tette che non ti aspetti (SPOILER, non è vero, te le aspetti); ma il tutto risulta comunque estremamente noioso; che è la cosa peggiore in un film horror.

PS: in una delle innumerevoli idee alternative per il finale doveva pure esserci una comparsata del mostro di Hellraiser, perfettamente in linea con l’idea che più butti su meno si sente il sapore di vaccata.

martedì 4 ottobre 2011

Oltre il giardino - Hal Ashby (1979)

(Being there)

Visto in DVD. Sellers è un giardiniere con parecchi deficit mentali (Dostoevskij l’avrebbe definito un “semplice”), teledipendente che non è mai uscito dal giardino di una villa; morto il proprietario dovrà lasciare il nido, e verrà investito da una ricca limousine, verrà accolto dalla ricca famiglia di investitori e conquisterà il mondo della finanza e della politica con la sua semplicità e aforismi tratti dal giardinaggio…

Terrificante film deficiente fino all’osso e due volte più irritante, poco credibile fin da subito con un personaggio principale che è più indisponente di Forrest Gump (almeno Forrest Gump aveva una psicologia questo invece guarda solo la tv e si permette qualche macchietta di ironia anni ’50); una trama buonista in maniera idiota ed uno sviluppo sempre più stupido.

Film convenzionale e lungo (2 ore di banalità e Sellers che fa il ritardato sono troppo) che vorrebbe fare emozione e commozione, ma lo fa nel modo peggiore possibile. Unico punto positivo è la sequenza finale cristologica oggettivamente bella e ben posizionata, se il film fosse stato migliore avrebbe potuto essere una sequenza cult.

lunedì 3 ottobre 2011

Vixen! - Russ Meyer (1968)

(Id.)

Visto in Dvx.
Grazie Wikipedia per la trama.

Siamo in piena sexploitation e Meyer imbastisce un film fatto di alcune inquadrature lodevoli, poche pretese e molte tette; più un finale anticomunista.
Il primo film esplicito del regista che si mette a girare un softcore a tutti gli effetti, ma che gli garba giocare sporco mostrando rapporti saffici, incestuosi e interraziali (gosh! e siamo solo nel 68!)

Tecnicamente parlando Meyer è sempre lui e (specie nella parte iniziale) costruisce una raccolta di sequenze originali e ben fatte (su tutte magnifica l’inquadratura da sotto il letto attraverso il materasso); ma mette il tutto in mano a montatori abituati ad usare la scure.

Il film poi non è la solita storia drammatica/noir con tettone come protagoniste, ma un film erotico vero, che indispettisce chi si aspetta un film tout court (le commedie sexy senza commedia tendono ad essere ripetitive) e frustra le aspettative di chi si attende un film più spinto.