mercoledì 31 agosto 2011

Pusher 3 - Nicolas Winding Refn (2005)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.
L'angelo della morte.

C’è di bello nella trilogia di Pusher che tornano sempre gli stessi personaggi e con l’evolversi delle loro storie ti rendi conto che non erano delle macchiette, ma personaggi complessi di cui guardavi solo un lato. Se il Tonny del primo capitolo della saga era un coglioncello senza un solo problema al mondo, nel due ci si rende conto invece dell’ambiente in cui si muove, della sua strafottenza come mezzo per sopravvivere e della sua disperazione. Nel terzo capitolo invece torna Milo, lo slavo venditore di eroina che era il cattivo assoluto del primo, faceva una comparsata da fighetto scherzoso nel due e qui invece si becca tutti i problemi che ci si riesce ad immaginare.

Milo deve organizzare il compleanno della figlia 25enne, cercare di disintossicarsi e resistere all’ultima dose di eroina che gli viene data, cercare di recuperare i soldi di una partita di ecstasy che gli è stata data contro la sua volontà, o pagare il debito accumulato in altro modo.

Quest’ultimo capitolo rimane fisso come stile di regia, ma è lo stile del racconto a cambiare; non assume mai i toni della commedia, ma inizia così come ci si aspetta debba essere il personaggio di Milo, ironico, pieno di carne al fuoco, ma un poco sfigatello (anche se le scene in cui gli scagnozzi stanno male sono anche eccessivamente di basso livello per un film come questo)… poi però il film di completa dei suoi elementi, Milo viene preso dalla morsa degli eventi ed in un un’unica nottata dovrà fare di tutto. Il ritmo cambia e anche il tono, niente più scherzi, il film si fa sempre più cupo e crudele, passa per la compravendita di ragazze dell’est, alla tortura, per approdare alla raggelante sequenza finale dello scannamento del polacco, realizzato con fare documentaristico, senza amai essere sensazionalistico. Terrificante per realismo.

Ancora una volta questo film non è all’altezza del primo; ma da quello mutua molto, addirittura il finale (liet motiv della trilogia) che vorrebbe essere semiaperto e invece si limita ad essere solo pensoso.

Refn si conferma un grande regista e si nota in questa trilogia come lui giochi molto con gli spazi e con i suoni.
I film sono spesso girati in interni claustrofobici o in esterni spersonalizzanti e cadenti, creando quindi una dettagliata geografia di una città distopica fatta solo di bassifondi, pochi registi come Refn sono legati alla metropoli e la utilizzando in questo modo come parte integrante del racconto.
Refn poi parla letteralmente con i suoni e con le musiche alternativamente disturbanti o possenti, a sottolineare ciò che accade, il mood della scena o i pensieri dei personaggi.
Bisognerà vedere altro di questo regista.

martedì 30 agosto 2011

Pusher II - Nicolas Winding Refn (2004)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.
Sangue nelle mie mani.

Torna in campo Tonny; appena uscito dal carcere cerca di riallacciare i rapporti col padre (che è uno che traffica in auto rubate), ma tutti i suoi tentativi sembrano continuamente fallire; nel frattempo si fa avanti una donna che sostiene d’avere appena partorito suo figlio. In contemporanea un suo amico gli chiede di accompagnarlo ad un appuntamento con Milo, dove compra della droga che perde subito per stupidità, questo sbaglio l’amico lo riverserà tutto su Tonny che si ritroverà ad avere un debito senza aver fatto nulla.

Siamo dalle parti del film precedente, con un’umanità che sguazza i bassifondi mostrata senza filtri (anzi con un bel po di gusto per l’eccesso), una serie di falliti di cui Tonny sembra essere il rappresentate assoluto, qualunque cosa faccia o non faccia si rivolterà contro di lui. Che poi Tonny, di per se, sarebbe solo un idiota arrogante, ma ,messo in queste situazioni, diventa una vittima di una nemesi imbattibile. Il tutto però declinato verso il rapporto padre e figlio (che è il grande argomento di questa seconda puntata).

Oltre al cercare di rimanere a galla, dal primo capitolo è mutuato lo stile della regia ed il finale aperto (finale stupendo nel film precedente, meno geniale e più improntato verso l’ottimismo in questo). Quello che cambia è il mood generale, il film è meno claustrofobico, meno ansiogeno, la tensione latita molto di più, in definitiva risulta un film di mala, crudo e godibile… la potenza del predecessore è tutta un’altra cosa.

lunedì 29 agosto 2011

Pusher - Nicolas Winding Refn (1996)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.
L'inizio.

La storia non è originalissima; uno spacciatore campa con stile gironzolando a caso con un amico (che si chiama Tonny, ahahahah), vendendo la droga che gli produce uno slavo(?), Milo, e frequentando una prostituta d’alto bordo piuttosto sensibile. Le cose si incasinano quando viene preso dalla polizia, per salvarsi dalla galera butta via parecchia droga e quindi non può appianare il debito con Milo… li inizia un susseguirsi di piccole vendette, tentativi di trovare soldi dai debitori, rubando, vendendo altra droga, chiedendoli alla madre (in una scena stupenda in cui non viene detto nulla), ma tutto si ostina a crollargli addosso. Il tutto nel giro di un a settimana.

La storia è dura ed il film è granitico, violentissimo nel modo di porsi, anche se la violenza mostrata è poca, ma il film pesa in maniera impressionante. I primi 20 minuti, con i due tizi che ciondolano a caso sono piuttosto piatti (presentano i personaggi) eppure già in questi primi attimi si vedono le capacità di Refn, che bene o male riesce a mantenere attento chi guarda pur presentando scene già viste e tutt’altro che catchy. Fin dal primo minuto poi si vede l’intento, quello di fare un film… oggi si direbbe alla Aronofsky (ma cronologicamente Refn è venuto prima), con una camera a mano ostinata (ma mai disprezzabile o confusa) che segue in maniera ossessiva il protagonista senza perderlo mai di vista, dando un maggior senso di realismo, ma dando anche un incredibile dose di claustrofobia e di ineluttabilità a tutto il film. Il regista si concede solo qualche piano sequenza ogni tanto. Poi non appena la storia ingrana è un continuo rincorrersi di scene di tensione, sconfitte, sconforti e ancora tensione.

Stupendo, se si reggono i primi venti minuti si ha davanti un gioiello.

PS: cast completamente in parte

venerdì 26 agosto 2011

La congiura dei boiardi - Sergei Mikhailovic Eisenstein (1958)

(Ivan Groznyy: Skaz vtoroy)

Visto in DVD. Il secondo capitolo sulla vita di Ivan il terribile cambia completamente registro. Se ne vanno le grandi conquiste, il ruolo predominante del popolo e si ricomincia a lavorare sugli intrighi di palazzo che diventano centralissimi. Il film elimina la figura di Ivan come condottiero e lo mostra dal lato umano, in preda a paure, ossessioni e sentimenti in una storia drammaticissima che ha un aroma molto shakespeariano, con un protagonista che giganteggia nel suo isolamento.

Il film realizzato nello stesso momento del precedente (e che era stato pensato per essere il secondo tempo di un unico film) non verrà reso pubblico se non molti anni dopo la morte del regista… i motivi non sono ben chiari… forse per l’estromissione del popolo come personaggio, forse per il cambio di tono meno enfatico e più melodrammatico, forse perché Stalin non si riconobbe nel personaggio mostrato nel film (giuro, pare che abbia detto “Non mi somiglia”…).

La regia poi è la stessa del film precedente; Eisenstein fa un po quel cazzo che vuole con ogni mezzo cinematografico gli passi per le mani, curando ogni scena come fosse la più importante e rubando a chiunque senza ritegno (il cinema muto, l’espressionismo tedesco, Dreyer, ecc…) riuscendo ad ottenere un capolavoro. Poi quando viene fuori la scena del banchetto girata tutta a colori (virata in rosso, secondo me più per sottolineare il mood di ciò che accade che per accontentare i committenti), anche se sapevo perfettamente che c’era e che sarebbe venuta fuori, è realizzata talmente bene che mi ha fatto sobbalzare.

PS: in certi momenti qui Ivan sembra proprio Mr. Burns.

giovedì 25 agosto 2011

Ivan il terribile - Sergei Mikhailovic Eisenstein (1944)

(Ivan Groznyy)

Visto in DVD. Durante la battaglia contro i nazisti la dittatura sovietica chiede ad Eisenstein (di nuovo) un film che unisca il popolo russo ad un condottiero centrale e lo sproni contro il nemico esterno. Ecco allora che il regista pensa ad un’epopea divisa in tre capitoli sulla vita di Ivan il terribile.

Nel primo film si inizia con l’incoronazione, si svolgono i soliti intrighi di palazzo ad opera dei Boiardi, ma il possente protagonista vince le battaglie realmente importanti (l’assedio di Kazan); in un susseguirsi di tramacci viene assassinata la moglie, lo zar fugge fuori da Mosca e torna a prendere le redini del potere solo quando il popolo in massa andrà a richiamarlo a gran voce.

Se la trama sembra ricalcata da Alessandro Nevsky (per fatti e svolgimento) e da quello stesso film sembra essere stata presa l’enfasi e prosopopea (che splendida parola, erano anni che volevo usarla in una frase di senso compiuto) questo film vince in maniera assoluta sulla messa in scena, che risulta essere l'unica fonte di interessa, ma di una complessità impressionante.

Tutto il film è costituito da linee dritte, con costruzioni secche e senza fronzoli, con un uso dei colori (chiaroscuri più che altro, ma anche bianco e nero) ragionatissimo e una costruzione delle scene impagabile, in cui ogni singola sequenza è una foto in se, che sembra costruita per sostenere il peso di tutto il film, ogni fotogramma preso a caso potrebbe da solo dare lezione di estetica.

Gli attori utilizzano alcuni stilemi dalla recitazione affettata del cinema muto, un’idea che si abbina perfettamente al clima da espressionismo tedesco che aleggia.
Eisenstein dal canto suo fa tutto quello che gli viene in mente per rendere il film grandioso, scenografie monumentali, costruzioni geometriche nelle pose dei personaggi (si veda tutto l’incipit con la presentazione), uso pesissimo della profondità di campo (si vedano le immagini finali di Ivan in contrasto con il popolo acclamante), gusto classicheggiante nella messa in scena (i prigionieri trucidati a Kazan sembrano una serie di San Sebastiano rinascimentali), primi piani ricchi di significati illuminati come nel cinema tedesco e infine si mette pure a parlare con l’uso delle ombre (facendo giganteggiare quella proiettata da Ivan sugli altri, mettendo in relazione personaggi con le ombre degli oggetti o di altri personaggi, imprimendo le ombre sui volti o sui muri, ecc…).

PS: musiche di Prokofiev.

mercoledì 24 agosto 2011

Nightmare nuovo incubo - Wes Craven (1994)

(New nightmare)

Visto in Dvx. Siamo nel 1994, la Langenkamp interpreta la Langenkamp, si è sposata, c’ha un bimbetto, e si appresta a fare un giro di interviste e revival per il decennale dal primo Nightmare, mentre i produttori della New Line (la casa produttrice di tutti i Nightmare) si apprestano a farne un settimo capitolo. Ovviamente la Langenkamp è da un po di tempo che ha incubi ricorrenti legati a Freddy Kruger e viene stalkizzata da un maniaco telefonico… quello che scoprirà quando andrà a parlare con Craven (interpretato da Craven), sarà che Freddy Kruger esiste, è un’entità malvagia che utilizza le forme che più gli aggradano e che lui, bravo Wes che salvi il mondo, lo teneva imprigionato nei film che realizzava ed ora si apprestava a farne un altro appunto perché Freddy’s back! Ovviamente realtà e finzione si fonderanno irrimediabilmente.

Meta cinema come se ci fossero i monsoni. Questo più che un capitolo della saga ufficiale è un film indipendente creato da Craven per gli appassionati del genere in cui ne delinea i motivi e ne mostra alcuni aspetti tecnici (la preparazione delle scene e degli effetti speciali), si insomma, è uno Scream prima di Scream (ci sono pure le telefonate!).

Poi diciamolo subito che sennò poi me lo dimentico, questo film si che è diretto da dio, macchina da presa mobile che segue i personaggi quasi come fossimo in un film di Aronofsky e Wes Craven che ci da dentro in tocchi di classe horror come se non ci fosse un domani. E oltre a giocare con il genere (la morte del marito della Langenkamp è un Nightmare classico… solo che il protagonista canticchia “Losing my religion”; mentre quella dell'amica è un'autocitazione modernizzata) il film si batte per usare il metacinema in maniera continuata e se alcune forzature risultano carine e basta (il finale con la Langenkamp che legge la sceneggiatura dall’inizio come fiaba al figlio), altre scene sono proprio funzionali a creare il mood (come la sequenza del dialogo con Craven, che si può rileggere sul computer dove sta scrivendo la sceneggiatura, lo script si conclude con la scritta “fade to balck” e ovviamente si va in dissolvenza; bravi tutti).

Infine c’è da sottolineare l’autoironia che rimane per tutto il film, dal vomito fecaloide tipo esorcista, alle frecciate contro i protagonisti stessi (“io ero convinta che Wes avesse finito con i film dell’orrore”).

PS: gradito ritorno, la lingua di Freddy che esce dal telefono.

martedì 23 agosto 2011

Pietà per i giusti - William Wyler (1951)

(Detective story)

Visto in DVD. Film con unità di luogo e di tempo; in un commissariato di polizia, un pomeriggio d’agosto, si incrociano le vicende di una manciata di poliziotti e altrettanti criminali (che vanno da una cleptomane ad un omicida). In questa giornata vi è uno scontro aperto fra un medico che pratica aborti clandestini e un poliziotto (Kirk Douglas) particolarmente duro e che non concede perdono, ma che ama sua moglie sopra ogni cosa… ovviamente Douglas dovrà presto ricredersi ed entrerà in gioco proprio la moglie con un segrete nel suo passato.

Tratto da un’opera teatrale ne porta addosso tutto il peso e non riesce in nessun momento a sembrarne disgiunto; eppure Wyler si muove bene fra le quattro mura della stazione di polizia in cui è ambientanto, gestisce bene i personaggi e si muove con capacità, senza eccessiva noia…
Il film di per se non è malvagio (ma non è esattamente una memorabilia), quello che appare stantio è il dramma finale, eccessivo ed estremo per la troppa durezza del protagonista (tale da essere poco credibile) e dal problema in se, oggigiorno meno disperante di quanto non lo fosse allora.

lunedì 22 agosto 2011

Repo man, Il recuperatore - Alex Cox (1984)

(Repo man)

Visto in DVD.

Ci sono film semplicemente brutti. Film che sono talmente brutti da fare il giro e diventano (per lo più involontariamente) talmente particolari da essere apprezzabili. Alcuni film, infine, sono talmente brutti che dopo aver fatto il giro, lo fanno nuovamente e tornano ad essere semplicemente brutti. Ecco quest’ultimo è il caso di Repo man.

L’inizio è un capolavoro di ironia, effettacci anni ’80 e idee da serie B spinta, con una macchina che scorrazza per una strada deserta inseguita da un poliziotto, un autista che sembra Elvis da vecchio ed una sorpresa nel bagagliaio; si insomma, un inizio degnissimo…

Poi inizia una serie continua di nuovi personaggi (tra cui un Emilio Estevez adolescentello come protagonista) per lo più senza senso, fatti slegati gli uni dagli altri e senza logica, Cia, Ufo, scienziati pazzi, agenti del servizio recupero macchine, etcetera, fino al folle finale aereo, in una serie di inquadrature casuali di una sceneggiatura scritta da una scimmia che risulta avvincente quanto una puntata di tappeto volante.


Per carità, l’impegno nel creare uno scult di serie B e i presupposti ci sono tutti, però poi la noia prende il sopravvento.

venerdì 19 agosto 2011

I'll sleep when I'm dead - Mike Hodges (2003)

(Id.)

Visto in DVD.

Rhys Meyers è un ragazzetto fighetto che si diverte un sacco a spacciare droga, così, perchè fa figo. Poi però si accorge che non bisogna cazzaggiare troppo quando c'è Malcom McDowell in giro, e il buon vecchio drugo lo violenta nonostante l'età non sia più quella dei '70s. Rhys Meyers ci rimane davvero male e s'infila in vasca da bagno per non uscirne più. Clive Owen, il fratello burbero, ma dal cuore d'oro (talmente burbero che fa il boscaiolo taciturno, talmente dal cuore d'oro che aiuta un tizio che è stato pestato) is back in town! Torna a Londra, visto che non sente più Ryhs Meyers da un pò (ok, volevo risparmiarmelo... lo vede ok? vede suo fratello morto che tira un paio di pugni, così per scherzare) scopre quel che è successo e vendica tutti. Ah si, c'è pure Charlotte Rampling... si vede che avevano ancora un pacco di soldi da spendere assolutamente per il cast e hanno preso lei per fare una parte minuscola ed inutile...
Che dire...

Film inutile. Non è bello, non è particolamente fatto bene; come storia di vendetta è troppo noioso (davvero, davvero troppo); si sa già tutto prima, non è neppure un film sovrannaturale/metafisico c'è solo quella visioncina li.... boh, fatico anche a capire bene per quale motivo l'abbiano fatto. L'unico motivo d'appeal è il cast, ma pare che li abbiano scongiurati tutti di non recitare che sennò rovinavano la noia.

giovedì 18 agosto 2011

A proposito di tutte queste... signore - Ingmar Bergman (1964)

(För att inte tala om alla dessa kvinnor)

Visto in DVD. Nella camera ardente di un geniale violoncellista (che non verrà mai mostrato), tutte le donne (amanti) della sua esistenza si danno riunione assieme ai due maggiordomi e al biografo. Con un lungo flashback il biografo ricostruirà gli ultimi 3 giorni di vita del maestro tramite i suoi incontri con tutti glia ltri personaggi che gravitano attorno al musicista.

Commediola leggera leggera, anzi idiota, fatta da personaggi caricaturali che cita più o meno direttamente il cinema anni venti statunitensi (nei modi, nei costumi, nelle terrificanti gag slapstick! e nelle assurde sequenze in bianco e nero).
Niente di che, solo un film per fare cassa (presumo), che penso non ci sia minimamente riuscito (o almeno spero).
Di buono ha giusto la fotografia e l’autoironia che per fortuna Bergman utilizza a piene mani che rendono sopportabile il film (su tutte magnifico il cartello che avverte che i fuochi d’artificio non devono essere letti in chiave simbolica; un messaggio ai critici che nel cinema di Bergman cercano significati nascosti, spesso presenti, talvolta eccessivi).

Poi, per carità, ci sarà anche dietro un discorso sul rapporto tra l’arte e la critica, sui sentimenti umani (tutti i personaggi alla fine del film seguono un nuovo musicista)… ma Bergman sa fare di meglio.

mercoledì 17 agosto 2011

Animal kingdom - David Michôd (2010)

(Id.)

Visto in DVD. La storia di un ragazzo che dopo la morte della madre viene preso in carico dalla nonna e dai suoi tre zii… che sono una violenta famiglia criminale. Lui li segue, ruba macchine, usa droghe, ma tutto rimane nei limiti dell’accettabile (in fondo è la famiglia e lui li rispetta) fino alla morte dello zio che più faceva la veci del padre mai avuto e finchè lo zio scemo non gli fa fuori la ragazza (in una delle scene più atroci del film, non per quel che si vede, ma per ciò che avviene). A quel punto fugge, li denuncia alla polizia, vengono arrestati ma, ma le cose prendono tutta un’altra piega.

Un film su una famiglia criminale, fatto di codici d’onore, un poco di follia e tanta vendetta.

Il film vincitore del Sundance è un film non esattamente da Sundance, è vero ha la camera a mano che fa tanto indi, però poi la storia è classicheggiante e solidissima, che non si piega mai a pietismi ed è disposta a mostrate tutto ciò che serve senza dilungarsi su dettagli non funzionali (tutti preparativi al processo vengono msotrati, ma non c’è una sola scena del processo stesso).

Decisamente buono, torbido e ben realizzato… e poi anche qui c’è Guy Pearce; credo che ci sia una legge federale in Australia che obbliga ogni film a lasciare un personaggio a Guy Pearce, deve essere ammanicato…

martedì 16 agosto 2011

Le sang d'un poète - Jean Cocteau (1930)

(Le sang d'un poète)

Visto in Dvx, in lingua originale con sottotitoli in inglese.
Un artista disegna un volto la cui bocca si mette a parlare, cerca di zittirla cancellandola, ma la bocca si attacca alla mano dell’artista (dopo una notte di passione fra un uomo e la propria mano!) per liberarsene la applica sul volto di una statua. A questo punto la statua prende vita e invita l’artista ad attraversare lo specchio; da li l’artista arriva in un albergo nelle cui stanze vi sono ombre cinesi, lezioni di volo, ermafroditi e quant’altro. Torna indietro disperato ed in preda alla rabbia distrugge la statua; ma come si sa chi distrugge una statua diviene statua lui stesso. Una volta pietrificato dei ragazzini si mettono a giocare a palle di neve attorno a lui distruggendolo; uno dei ragazzi, il capo, uccide a colpi di neve uno degli avversari, li un uomo e una donna danno spettacolo con una partita a carte…

Surrealismo puro, con una traccia flebile di storia, che più che altro da continuità alle varie visioni create da Cocteau.

A livello stilistico il regista fa di tutto, usa la sovrapposizione, il negativo, ma utilizza idee inedite come teste e mani di pietra che sostituiscono quelle dei protagonisti durante le inquadrature a dettaglio.

A livello visivo poi è veramente bello; il film risulta molto più catchy di un, chessò, Bunuel simbolista, perchè Cocteau punta tutto sull’aspetto visuale e poco o nulla sul parlato (dove c’è una curiosa commistione di sonoro e cartelli).

PS: il film è dedicato a Pisanello, Piero della Francesca e Andrea del Castagno.

lunedì 15 agosto 2011

Ariel - Aki Kaurismaki (1988)

(Id.)

Visto in DVD, in lingua originale con sottotitoli in inglese.
Licenziato da una miniera ed ereditando da un collega una macchina, il protagonista va verso il sud (vive in Lapponia), verrà rapinato, dormirà in dormitori pubblici, si innamorerà di una “ragazza” madre, verrà messo in carcere quando cercherà di riprendersi quello che gli è stato rubato, evaderà con il compagno di cella con cui organizzerà una rapina per contro terzi che uccideranno l’amico, si vendicherà e infine fuggirà sul cargo Ariel (nominato quasi mai).

Il film è un esempio classico del cinema di Kaurismaki; un film muto moderno, ambientato nel basso della società, ma non nei bassifondi; dai toni soffusi, i sentimenti inespressi e gli attori invitati a non recitare, eppure tutta questa freddezza naif funziona da dio e crea un marchio di fabbrica sempre vincente; anche perchè il regista finlandese sa narrare da dio anche senza il bisogno di fronzoli. Ah si, e con molta ironia.

Questo film nello specifico mette in sequenza quasi tutti i generi che vengano in mente, su tutti, una storia d’amore; la storia di un’amicizia virile e, nella sequenza della fuga dal carcere, una palese citazione di Un condannato a morte è fuggito.

venerdì 12 agosto 2011

Sinfonia del Donbass - Dziga Vertov (1931)

(Entuziazm: simfoniya Donbassa)

Visto in DVD.
Ultimo film di Vertov che vedrò per un po. Ancora una volta un documentario, ancora una volta un documentario vero e proprio. Il film è la realizzazione del socialismo (funzionante) nella regione del titolo, da parte di una popolazione entusiasta.

Ancora una volta colpisce il gusto estetico messo al servizio dell’industria, in questo film infatti (come già ne L’uomo con la macchina da presa) macchine tessitrici, strutture minerarie, carrelli e impalcature vengono inquadrati affinchè siano belli a se indipendentemente dall’utilizzo; un’idea questa molto vertoviana ancor prima che comunista.

Il solito montaggio serrato viene poi asservito all’ideologia affiancando le immagini di devoti in preghiera (magnifica la scena in cui la macchina da presa segue una donna) con quelle degli alcolizzati; poi ci sono le “solite” scene a ritroso; ma tra le nuove idee messe ins cena vince decisamente l’effetto a caleidoscopio utilizzato durante la distruzione della chiesa per rendere il senso di instabilità ed il crollo dell’edificio.

giovedì 11 agosto 2011

Scontro tra titani - Louis Leterrier (2010)

(Clash of the titans)

Visto in Dvx.

Ammetto d’aver guardato questo film mentre ero intento in una densa discussione sui massimi sistemi, quindi qualche porzione l’ho perduta (tipo non ho colto del tutto il perché la storia prenda il via) e se ho un’idea generale è perché conosco come un parente stretto l’originale anni ’80. Già questo è il remake del mitico (per me almeno) film per bambini/ragazzi/nerd con le creature di Harryhausen, quel film che mi hanno fatto vedere alle elementari per insegnarmi la mitologia (tipo il kraken come tipico mostro greco) o che mio padre mi ha mostrato enne volte in tv perché parlava di mitologia greca (tipo il kraken ecc…). Si insomma un film mitico per me, sostanzialmente . Questo remake comincia sotto i peggiori auspici.

La storia è quella di sempre, Andromeda verrà offerta al temibile Krafen per placarne gli appetiti, ma Perseo non ci sta e viaggia in lungo e in largo per trovare un modo per fermare il mostro, scopre che può essere utile a questo scopo la testa di Medusa e va a mozzargliela. Più o meno tutto qui.

Diciamolo subito, questo remake sopprime quasi interamente la magnifica idea degli dei come bambinoni che giocano con i destini degli umani per puro capriccio e li trasformano in creature vogliose di essere amate dagli uomini o in temibili gaglioffi vogliosi di vendetta. Si insomma, se prima l’idea degli dei greci era quantomeno originale qui viene banalizzata. Detto ciò..

Detto ciò il film è fatto veramente bene. Tutto il comparto estetico, che va dalla scenografia dell’Olimpo alla creazione dei mostri è assolutamente encomiabile (da lodare anche il fatto che la Medusa di questo film sia la versione in digitale, e sexy, di quella di Harryhausen) con un lavoro di fino che attinge, ovviamente, all’immaginario americano, ma con qualche tocco in più (Caronte che è un tutt’uno con la barca per esempio). Gli effetti speciali poi sono compresi tra l’ottimo (come Pegaso) al buono/accettabile (gli scorpioncioni). Le scene d’azione sono molte e ben girate, tanto da non annoiare mai, neppure chi non è amante del genere… certo è pur sempre un film d’azione quindi questo c’è; le scene d’amore poi sono ben dosate e non annoiano me.

Complessivamente sarà un film per amanti dell’action e decisamente più piatto dell’originale, ma in effetti non ha pretese d’essere migliore; è realizzato da dio quasi sotto ogni punto di vista e questo è più che sufficiente. Dovendo proprio criticarlo… beh personalmente disprezzo molto Sam “Tortello” Worthtington.

mercoledì 10 agosto 2011

Fog - John Carpenter (1980)

(The fog)

Visto in DVD.

Una cittadina compie un secolo di vita, senza saperlo è stata fondata sul sacrificio di alcuni uomini che ora ritornano accompagnati dalla nebbia per ottenere vendetta.
Film horror di Carpenter estremamente misticheggiante che fonda la storia sul peccato originale e sull’espiazione come mezzo di salvezza (non a caso il personaggio che più di tutti comprende cosa sta succedendo è il prete). Ottimo nell’idea, ben realizzato nella sceneggiatura, ma assolutamente non all’altezza nel senso del ritmo (non fa paura mai).

Tuttavia la realizzazione pratica è buonissima, gli effetti speciali notevoli (compatibilmente con l’epoca) ed il gusto generale sempre adatto e mai eccessivo. Dal canto suo Carpenter sfodera una regia dinamica ma precisa come non ricordo avesse mai avuto determinando quello che stilisticamente è (forse) il suo miglior film.

In definitiva il film intrattiene bene ed è ancora guardabilissimo, ma non in un’ottica di film horror.

PS: qualche anno fa è stato realizzato un remake con Mr Smallville senza i pirati con l’uncino (probabilmente perché sarebbe sembrata una scopiazzatura di “So cosa hai fatto l’estate scorsa”, che a sua volta aveva copiato questo film); il risultato è un film insipido, fatto senza voglia e senza grazia e dalla storia resa anche peggio.




PS: ovviamente quella in sovra impressione non è la locandina originale, ovviamente, ma è di una ingenuità anni 80 che ci starebbe sopra un caminetto in una casa in montagna dove non si va mai.

martedì 9 agosto 2011

Across the universe - Julie Taymor (2007)

(Id.)

Visto in DVD.
Un musical moderno con canzoni orecchiabili e per lo più conosciute che è ambientato nel periodo in cui quelle canzoni sono state scritte senza far mai riferimento diretto ai fab four.

Storia d’amore sospesa fra Inghilterra e USA nata agganciando alcune canzoni dei Beatles e pretendendo che avessero un senso unico. Ovviamente il tallone d’Achille di questo film è proprio qui, nella storia, pretenziosamente assemblata, lenta (banale è ovvio, ma un musical se lo può anche permettere) e con molti momenti inutile, personaggi abbozzati e alcuni veramente ininfluenti per l’economia della storia (Prudence a cosa serve?!).

Detto ciò i lati positivi. Questo musical è diretto da dio, con una visione eccessiva e sempre al limite del kitch dell’estetica anni ’60 molto simile in questo ad altri musical di poco successivi a quel decennio (come Tommy), ma le singole sequenze musicali fanno di tutto per non ripetersi e sembrano per lo più singoli videoclip musicali realizzati con molte idee, ma purtroppo con una costruzione delle scene solo parzialmente realizzata.

In definitiva un grande musical che finalmente crea qualcosa di nuovo, anche se poteva essere reso meglio e presenta diversi momenti di stanca mitigati dalle belle musiche.

lunedì 8 agosto 2011

Screamers, urla dallo spazio - Christian Duguay (1995)

(Screamers)

Visto in VHS.

Una guerra su un pianeta lontano porta all’invenzione di alcuni robottini ammazza-cattivi che si auto producono… eppure ad un certo punto ci si rende conto che le cose sono cambiate, i robot si sono evoluti, hanno acquisito coscienza e ammazzano tutti… vuoi vedere che i compagni di viaggio del protagonista son tutti robot mascherati? E scatta l’isteria.

Filmacci di sci-fi anni ’90, quando un pessimo CGI dava l’illusione di poter fare di tutto; anche violentare e brutalizzare un’idea di Philip K. Dick con un budget ridicolo e attori impagabili per la loro incompetenza e sceneggiatori presi direttamente dalle soap sudamericane…

Belli i fondali… e basta.

venerdì 5 agosto 2011

Muriel, il tempo di un ritorno - Alain Resnais (1963)

(Muriel ou Le temps d'un retour )

Visto in DVD.
Palloso melodramma di sentimenti e memorie che gira in tondo su se stesso e attorno ai suoi personaggi senza caverne granché, senza intrattenere troppo e senza interessare a sufficienza. Resnais dal canto suo si diverte ad esercitarsi sull’uso del montaggio serrato che crea una serie di scene estremamente brevi ma significative su quello che sta accadendo; inoltre scambia il (bellissimo) bianco e nero dei film precedenti con un (insignificante) colore anni ’60.

Molto ha in comune con Hiroshima mon amour, la città ferita dalla guerra, il passato che torna prepotentemente, la disperazione nel ricordare, ma l’angoscia dell’oblio, con in più il tempo che scorre ed i segni che lascia, sui mobili rendendoli antichi, sulle persone rendendole vecchie sulle cose rendendole nuove… ma il film precedente è decisamente superiore in ogni senso.
Si perde poco a vederlo, ma si guadagna altrettanto.

giovedì 4 agosto 2011

Nazarin - Luis Buñuel (1959)

(Id.)

Visto in DVD.
Un giovane prete vive tra i poveri praticando il vangelo fino alle estreme conseguenza, ma ogni suo tentativo di generosità si rivoltano cotnro di lui e contro gli altri. La sua fama però fimane quella di un santo, portandolo ad avere degli apostoli (due donne), a essere ritenuto in grado di fare miracoli e a parafrasare la passione di Cristo.

Il fascino dei film di Bunuel non è per nulla nella loro godibilità, ma nel fatto che non si sa mai dove andrà a parare la storia, ammesso che vada a parare da qualche parte. A livello puramente narrativo la storia di Nazarin si muove pure troppo senza però avere una fine vera e propria e al contrario di molti altri film del regista, si fa seguire senza troppe difficoltà. Poi c’è tutto il sottotesto; e sapendo del fascino/idiosincrasia di Bunuel nei confronti della religione anche quando parla di tutt’altro, figuriamoci quando parla di un prete…

Il protagonista di Nazarin è una sorta di “santo” moderno, ma di una santità onesta, ma di facciata. È umile e generoso, ma di un’umiltà autoreferenziale, incapace di provare amore in maniera sincera (e pertanto incapace anche a rapportarsi con donne di ogni genere) e sostanzialmente inutile. La fede del prete poi è una sorta di scelta attiva e lucida che cerca di essere razionale contro la razionalità degli altri fedeli, nel rapporto fra superstizione, religione e scienza è costantemente dalla parte di quest’ultima (come nella sequenza in cui insiste nel curare la bambina con medicine). E nonostante questi suoi sforzi nell’essere una buona persona razionale gli verranno gettati addosso di volta in volta gli attributi che chi ha davanti desidera vedere, su tutti il fatto di fare miracoli da parte della famiglia della bambina.

Esteticamente magnifico, con una regia mobile, un pan focus visibile e ben fatto (anche se non proprio fondamentale); una serie di inquadrature ad effetto, location ben scelte ed una solida fotografia.

Il film non è esattamente una critica alla religione, ma più una variazione sul tema, un punto di vista di un ateo affascinato che non lesina stoccate a tutti, alla religione (su tutte la scena della preghiera attorno alla bambina malata; o il Gesù compagnone ante litteram), alla borghesia (banale, indifferente e cattiva di quella cattiveria distaccata), ma anche alla povera gente (brutale, stupida ed egoista).

mercoledì 3 agosto 2011

L'uomo dagli occhi a raggi X - Roger Corman (1963)

(X)

Visto in Dvx. Uno scienziato (Ray Milland) scopre un collirio che permette di vedere anche attraverso gli oggetti; ovviamente il liquido non è stabile e ovviamente lo scienziato non è compreso e lo testa su di se. Mentre ne fa un uso sempre più smodato uccide per sbaglio il suo migliore amico e fugge, si nasconde tra i baracconi dei girovaghi dove fa l’indovino con la benda utilizzando i suoi poteri, che una volta scoperti vengono sfruttati da quello che credo essere proprio Bombolo, sarà costretto a fare una sorta di guaritore, ma neanche qui durerà a lungo. In un continuo aumento dei dosaggi del collirio arriverà a vedere troppo in la fino all’epico (e un tantino kitsch) finale con il predicatore.

Film di Corman perfettamente alla Corman, un idea a metà fra il geniale e l’idiota, che sfrutta fino in fondo scandagliandone ogni alternativa (stupenda la scena del ballo dove Milland vede per la prima volta attraverso i vestiti) con un finale che tenderebbe l’epico… peccato che poi las sceneggiatura non sia stata scritta da un genio e che molti attori siano dei cani.

Il film è godibilissimo, e vedere Milland vestito da indovino è un’esperienza importante.

La frase di lancio del film potrebbe essere il dialogo fra Milland e Bombolo dopo che quest’ultimo ha scoperto il potere del medico:
Milland: “Tu cosa vorresti”
Bombolo: “Tutte le donne nude che i miei poveri occhi potessero guardare”

martedì 2 agosto 2011

Slither - James Gunn (2006)

(Id.)

Visto in Dvx. Dallo spazio arriva un meteorite con il suo carico nascosto, niente di meno di un viscido alieno vermiforme con una coda sparachiodi… beh si inocula nel corpo di un possidente locale con moglie giovane di turno. Lui si trasforma sempre di più e inocula spore con due tentacoli artigliati che gli spuntano dal petto. Ah si, le inocula nell’addome della gente; la gente inoculata si gonfia a dismisura (non ci si immagina quanto) di carne cruda; poi esplode e lascia correre da tutte le parti tante lumache di 30 cm a di forma fallica neanche troppo velata; queste bestie hanno l’abitudine di entrare nella bocca della gente per prenderne possesso e renderne degli zombie… beh insomma ci siamo capiti… se poi si aggiunge che tutti gli zombie avranno la passione di fondersi assieme al possidente ormai mutante il quadro è completo. Ah già, la storia d’amore; il possidente mutante continua ad amare la moglie gnoccolona. Ecco, credo d’aver detto tutto.

Storia banale come solo un horror sa fare, senza idee particolare. Ma non è qui il punto.

Complessivamente il film è di serie b spinta, ma qualitativamente eccelso, come solo gli horror anni zero sanno essere; ma non è qui il punto.

Il punto è il ritorno più esagerato, sbrodolato, sfacciato e disgustoso del body horror anni ’80; questo è un film che neanche Cronenberg si sarebbe sognato. Le deformità sono porzioni di carne realmente sanguinanti o purulenti realizzate molto bene; il comparto visivo vince alla grande, sorprende e disgusta esattamente come dovrebbe.

Una buona ventata di anni ’80 con le competenze dei giorni nostri.

PS: c’è pure un finissimo citazionismo alla Woody Allen del vendicatore tossico.

lunedì 1 agosto 2011

Liliom - Fritz Lang (1934)

(Id.)

Visto in DVD, in lingua originale sottotitolato. Un giostraio con alcune pendenze nei confronti della polizia si sposa una ragazzetta buffa follemente innamorata di lui. Per carità, pure lui è innamorato, ma terribilmente idiota, fannullone e irascibile. Poi lei rimane incinta, lui vuol trovare subito dei soldi ed accetta la proposta di un amico di compiere una rapina. Le cose vanno male, viene braccato dalla polizia e una volta circondato decide che non val la pena di finire in prigione e si uccide… ma se la morte fosse la fine di tutto sarebbe troppo facile… Lang ci piazze una buona metà del film ambientata nell’aldilà; due angeli (i poliziotti di Dio), identici e vestiti da men in black, lo pigliano e lo portano nel commissariato celeste, identico in tutto (regole, tic, problemi) in quello terrestre, solo che li i funzionari hanno delle buffe alucce sulla schiena. Verrà condannato a 16 anni di purgatorio per poi tornare sulla terra dove dovrà dimostrare il suo buon cuore.

Se la prima parte è un buon film (anche se piuttosto lento) sentimental-melodrammatico, la seconda parte spiritualistica è fenomenale, crea l’immagine dei poliziotti di Dio veramente notevole per l’epoca. Ecco, questa seconda parte (che spiazzò il pubblico dell’epoca e decretò il fallimento del film e spinse Lang verso i lidi USA) è assolutamente la parte vincente del film.

Complessivamente è un’opera curiosa che merita uno sguardo, anche nell’ottica del contesto storico. Questo è il primo film fuori dalla Germania di Lang (primo e ultimo in Francia) a causa della fuga del regista dalle mire naziste che volevano fare di lui il capo dell’UFA e di conseguenza il dirigente della propaganda cinematografica di Hitler.