giovedì 12 marzo 2020

Climax - gaspar Noé (2018)

(Id.)

Visto su Amzon prime

Un gruppo di ballerini si trova perso nel mezzo del nulla per delle prove. La festa di chiusura verrà alterata da un massiccio utilizzo involontario di LSD che slatentizzerà ogni istinto.

Il film è spezzato in tre parti distinte. L'incipit dove viene ripresa la sequenza di ballo; la seconda dove ci sono i dialoghi rivelatori fra i personaggi (circa metà film); la terza è quando la droga darà i suoi effetti (altra metà film).
L'incipit è, probabilmente, la cosa migliore. Con la regia mobile che ormai contraddistingue Noé, ma incredibilmente rigorosa, si mette in mezzo alla scena dando il senso del ritmo, del movimento, della carne e della musica. magnifico.
La seconda parte è quella che dovrebbe creare la rete di relazioni (ufficiali e ufficiose) e di tensioni reciproche che dovrebbero esplodere nella seconda parte. Qui è probabilmente il punto più basso; inquadrature statiche ben costruite, ma in favore di una scrittura claudicante. Viene detto tutto, fatto capire tutto senza tanta delicatezza o rispetto per lo spettatore e il tutto utilizzando dialoghi spesso mal scritti.
A questo punto arriva il titolo con i bellissimi (ma va?!) titoli di testa... trucchetto sconfortante degno di un Weerasethakul qualunque.
La seconda parte dovrebbe essere l'apocalisse di questo microcosmo slatentizzato (e giustificato) dagli allucinogeni. E qui si incontrano due grandi tendenze di Noé; la capacità di regia mostruosa e l'incapacità di empatia.
Tutta la seconda parte è un lussureggiante piano sequenza (ma va?!) in cui la macchina da presa si inclina sempre di più a mano a mano che si sprofonda nella follia (idea che sarebbe genaile se il film fosse riuscito, rimane una metafora ingenuotta dato il risultato) con un uso delle luci e, soprattutto, delle musiche invidiabile. Noé è un regista dalle capacità immense.
La mancanza di empatia però ammazza tutto. Noé si impegna tantissimo in efferatezze (SPOILER: donne incinte prese a calci, bambino sotto acido chiusi al buio che urlano, madri che condannano a morte i figli, incesto, ecc..), ma rimangono sulla superficie, senza un serio lavoro di empatia con i personaggi (o la gestione migliore dei loro rapporti fatta nella prima parte) sono solo un elenco di amenità fine a sé stesso, paragonabile ai jump scare. Si può soffrire della sofferenza della madre, ma appena la macchina da presa si gira a inquadrare qualcun altro ci si dimentica fino a giungere al finale in cui, tutto sommato, non ce ne frega niente di quanto successo.

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