lunedì 15 luglio 2019

Room - Lenny Abrahamson (2015)

(Id.)

Visto in aereo.

Una ragazza viene rapita e tenuta imprigionata per 7 anni, in quel periodo le nasce un figlio a cui spiega la condizione in cui si trovano tramite invenzioni, favole e bugie. Quando finalmente riusciranno a fuggire, lei soffrirà il tempo perduto e la difficoltà a re-inventarsi una vita in un mondo che ha avuto lontano per troppo tempo; per il figlio, invece, sarà la scoperta che tutto ciò che sapeva era sbagliato e il tentativo di scendere a patti con una realtà nuova.

Il drammone realizzato da Abrahamson è grottesco ed efficace seppur con una dose estrema di paraculaggine (l'intera vicenda è interessante, ma è solo un McGuffin), il tutto però viene gestito con un'intelligenza molto poco americana. Laddove un film (USA) classico avrebbe mostrato l'intero episodio dalla vita normale alla sua distruzione per poi tornare alla situazione iniziale, Abrahamson inizia a metà; butta lo spettatore nel mezzo della vicenda già iniziata, in pieno svolgimento della tragedia senza dare spiegazioni. Il minutaggio usato a seguire i due protagonista nella loro (limitata) vita quotidiana sarà utile per spiegare dove ci si trova e perché riuscendo a ottenere un effetto straniante notevole.
Una volta usciti l'effetto però si riduce notevolmente, la sorprese scema e il dover tornare su un terreno già battuto da molti altri risulta debilitante. Il tentativo continuo di agnizione o di poesia è intralciato dallo sgonfiarsi della vicenda, l'effetto verrà raggiunto solo con il finale, il ritorno alla stanza, con quel misto di orrore e rimpianto e di proporzioni alterate che rappresentato la chiusura migliore possibile.

Se la Larson è efficace, ma non particolarmente esaltante, il piccolo Tremblay risulta ineccepibile ed è il vero valore aggiunto di un ottimo film.

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