(Idi i smotri)
Visto qui.
Un ragazzo di un villaggio russo durante la seconda guerra mondiale freme all'idea di arruolarsi nella resistenza contro i nazisti. Il suo entrare nella guerra attiva sarà diverso da quanto si aspetta, sarà totalmente senza gloria.
Ebert, in questa sua splendida recensione di questo film, sosteneva che ogni film di guerra, per quanto antimilitarista esalta comunque lo scontro, perché la guerra e di per se eccitante. Tutti i film di guerra tranne questo... e devo dargli ragione.
Questo film sfrutta la seconda guerra mondiale per parlare di un ambiente (fisico e mentale) trasformato dalla guerra, pur senza mostrarla mai direttamente. I personaggi si spostano in un mondo post apocalittico vittima di giochi del destino e della volontà di pochi di fare il male per il male, un ambiente e una situazione che trasforma tutti, anche i buoni, sia livello morali (uccidendoli dentro) sia esteticamente (l'invecchiamento fisico del ragazzo è un'idea così semplice, quasi naif, ma così efficace che ci si chiede perché sia stata usata così poco).
Per farlo Klimov abbandona completamente il registro di guerra classico (che ci sarà, un pò e con un pò di enfasi, nel finale) in favore di una gestione più vicina all'horror. C'è una sensazione di perturbante che è creata solo indirettamente duale pallottole dalle armi da fuoco; l'utilizzo dell'aereo come elemento alieno che porta più avvertimenti di sventura che bombe, le morti dei parenti nella prima parte raccontate con la loro scomparsa improvvisa (e mostrate solo ad estrema distanza di sfuggita), tutta le sequenza nella palude (che riesce ad essere dolorosissima pur senza far succedere quasi nulla) sono elementi d'orrore che mostrano meglio di qualunque altro genere lo scivolare nella follia e il gioco del destino (il caos) che governa gli affari del mondo.
La seconda parte, con l'arrivo dei nazisti è un festival del dolore provocato che ottiene l'effetto voluto non con l'ostentazione gore, ma mettendo i cattivi in un mondo già incattivito, già morto e sconfitto dove basta un gesto per ottenere sofferenze psicologiche indicibili come nel miglior Croneneberg (si pensi all'atrocità delle persone ammassate nella casa dove viene offerto del cibo ai nazisti ridanciani comparato con l'incendio del magazzino, pur essendo molto diversi i presupposti, l'effetto è estremamente simile).
L'effetto angosciante è anche raggiunto con la luce crepuscolare e i colori terrei che fanno da padroni, oltre ad alcune idee di regia molto chiare come l'insistenza sui primissimi piani spesso con i personaggi sofferenti che guardano lo spettatore contrapposti a nazisti folli quasi caricaturali; una serie di idee che messe in un contesto diverso avrebbero potuto banalizzare o trasformare tutto in farsa, ma che qui rendono la visione estremamente empatica e dura.
Solo nel finale c'è un cedimento all'enfasi patriottica con le scene in cui il ragazzo spara all'immagine di Hitler, ma è poca cosa di fronte a un'opera altrimenti perfetta.