venerdì 30 ottobre 2015

Le colline hanno gli occhi - Wes Craven (1977)

(The hills have eyes)

Visto in dvx.

Famigliola wasp si perde in un deserto dove i militari fanno esercizi con armi radioattive; anziché animali giganti anni '50-'60 qui incontreranno un gruppo di redneck poco accomodanti.

Diciamolo subito. Nel mondo dell'horror anni '70 Wes Craven ha creato qualcosa di nuovo, nel precedente crea l'home invasion dove il caos del mondo (o la malvagità di uomini senza regole e senza morale) penetra nella quotidianità borghese; qui invece fa un passo indietro, in quanto è la normalità middle-class che si avventura nei territori del caos; forse un film meno innovativo, eppure molto, molto, più seminale dettando le regole per decenni.

In questo caso Craven ci da dentro con grande successo nel creare un ambiente adatto; mette tutti gli elementi giusti nelle giuste dosi e costruisce una location che molti mestieranti attuali non hanno le capacità per mettere insieme; purtroppo però si perde completamente nella realizzazione della suspense che latita quasi sempre. Ci mette più attenzione al ritmo rispetto al precedente e riesce a produrre delle sequenze action.
Altri grossi difetti sono l'età (che si sente tanto nel doppiaggio... Accopparli, dicono che devono accopparli!!); la famiglia di antagonisti è francamente camp; e l'ultima parte tende alla noia, quando si scoprono le carte l'atmosfera viene persa del tutto.

Tutto sommato però non mi è dispiaciuto; inoltre lo stile di regia attendo ai primi piani e ai dettagli mi ha fatto pensare alla base da cui è partito Rob Zombie.

mercoledì 28 ottobre 2015

Souvenir d'Italie - Antonio Pietrangeli (1957)

(Id.)

Visto in Dvx.

Una turista wasp anglofona perde l'auto in Liguria e si lascia convincere da due autostoppiste ad andarsene con loro verso Venezia, Pisa e poi Roma. Durante il viaggio si innamoreranno, abbandoneranno e/o verranno abbandonate fino ad accasarsi.

Simpatica commediala dallo sforzo produttivo ingente (sceneggiatura con partecipazione di Dario Fo, alla regia Pietrangeli e nel cast una serie di nomi di peso usati come comprimari)... ci si aspetterebbe quindi qualcosa di più; invece rimane una commediola che si tinge di rosa in maniera fin troppo programmatica, si muove con garbo senza infamia e senza lode. Intrattiene, con la grazia che Pietrangeli riuscirebbe a infondere anche all'elenco del telefono (ma stavolta rimane molto in disparte senza mai mostrarsi).
Interessante solo per le allusioni piuttosto spinte per l'epoca o per i completisti delle filmografie dei grandi nomi impegnati in questa pellicola.

PS c'è pure un breve cameo di Fo nei panni della guida turistica che chiama sua madre.

lunedì 26 ottobre 2015

La perle - Henri d'Ursel (1929)

(Id.)

Visto qui.

Opera prima e opera unica del regista d'Ursel e dello sceneggiatore Hugnet. Il film è una cavalcata surreale che parte dalla scoperta di una perla che verrà utilizzata per fare una collana, scelta da un uomo da regalare alla sua ragazza... purtroppo gli verrà rubato ripetutamente. Il film è però in un ambiente sospeso, vagamente surreale appunto, tendenzialmente onirico.
Personalmente non l'ho trovato eccezionale; di ottimo ha il ritmo, il film si muove degnamente senza annoiare mai; riesce a cogliere alcune ottime inquadrature nella scena dell'inseguimento della ladra in tuta aderente (movimenti di camera, gestione ottima degli spazi, buona estetica generale).
Certo, se si considera l'opera prima di sceneggiatore e regista allora appare come un film molto solido e ben realizzato, però i punti di interesse latitano parecchio.

Interessante però la questione che viene sollevata qui. Le due musiche, quella inquietante della versione originale o quella più positiva moderna, modificano radicalmente il tono delle immagini (e in certa misura anche il ritmo che appare più lento nella versione originale); una sorta di effetto Kuleshov musicale.

venerdì 23 ottobre 2015

Strafumati - David Gordon Green (2008)

(Pineapple express)

Visto in Dvx.

Un ragazzo (?) assiste per caso ad un omicidio, si rifugia nella casa del suo pusher... purtroppo gli assassini l'hanno notato e hanno notato la cicca di canna lasciata cadere per terra riconoscono da dove viene. Si metteranno all'inseguimento dell'uomo e del pusher.

Film sceneggiato dal solito Apatow e, per la prima volta insieme (credo), con la coppia Rogen/Franco. Ovviamente è un film in linea con gli altri del suo sceneggiatore. Un bromance in piena regola con la storia d'amore/amicizia virile che nasce tra due sconosciuti, si interrompe per un'incomprensione, si ricostruisce con il sacrificio di uno dei due. Poi ovviamente c'è la comicità, dal ritmo e dal tono a cui siamo stati abituati.... tuttavia stavolta mi è sembrata meno efficace (il film è una commedia sempre su di giri, ma non un vero e proprio film comico) e più tesa a mantenere un ritmo più che a far esplodere dalle risate (tranne nel personaggio di McBride che è la perfetta spalla comica).
Quello che però vince è la costruzione di una commedia degna di questo nome; ma soprattutto la perfetta embricatura fra commedia demenziale e action. E qui c'è la vera idea geniale, non si gioca sul comico, ma sull'azione raggiungendo livelli perfetti degni di de la Iglesias (con tanti soldi).

PS: inoltre è davvero bravissimo James Franco, impeccabile nella veste del fattone.

mercoledì 21 ottobre 2015

L'impareggiabile Godfrey - Gregory La Cava (1936)

(My man Godfrey)

Visto in Dvx.

Un senza tetto viene prima pagato per una sfida fra ragazze dell'alta società (una caccia al tesoro in cui l'ultimo "oggetto" da portare per poter vincere è proprio un barbone) e poi viene assunto da una di loro come cameriere. Inserito nella famiglia... a dir poco disfunzionale... riscirà a cavarsela con la calma, il buon senso e l'incredibile fascino che emana. Al termine del film porterà a buon fine un incredibile piano di riscatto sociale.

Gradevolissima commedia anni '30 che senza slanci geniale riesce però a imbastire una storia semplice che regge benissimo la prova del tempo (potrebbero farne un remake domani senza dover modificare nulla). Il vero valore aggiunto però è la costruzione della famiglia che, all'epoca, si sarebbe definita di picchiatelli, uno più divertente dell'altro.
Inoltre è bravissimo Powell nella parte del protagonista, un personaggio che sembra fatto su misura per lui (e potrebbe anche essere così).
Il finale moraleggiante (beh, non solo il finale) non disturba, anzi, in un'epoca di quasi benessere impressiona sempre vedere che qualche autore riesce a esprimere una critica sociale su una fetta dimenticata di popolazione; il tutto con garbo.

Il film (che ho visto in versione italiana con l'aggiunta delle scene tagliate) ha subito non poche tarpature d'ali e, nelle porzioni rimaste, ha dovuto anche sopportare l'addolcimento di molti dialoghi; si impone la visione originale.

Nel 1957 ne venne tratto un remake con un Niven come la miglior scelta di casting possibile.
           

lunedì 19 ottobre 2015

Black mass - Scott Cooper (2015)

(Id.)

Visto al cinema.

La storia di un malavitoso d'origini irlandesi di Boston. La sua collaborazione con un suo vecchio amico dell'FBI che gli fa ottenere l'impunità per tutti i suoi crimini (in teoria sono esclusi omicidio e droga), in cambio deve dargli il capo della mafia italoamericana.

Questo è semplicemente un film inutile.
Siamo davanti ha un film di gangster classico, con uno stile volutamente ridotto all'osso e un piglio molto secco che non si tira indietro di fronte a saltuari momenti di violenza esposta (tutte cose apprezzabili).
Siamo davanti a un film con un cast di facce note da fare concorrenza a "Grand Budapest Hotel", solo che là sono star che si prestano al gioco, qui sono comprimari, caratteristi, facce da telefilm (e Cumberbatch che non considero in queste categorie... e mi piacerebbe escludere anche Kevin Bacon  anche se ormai...), utili solo a tenere desta l'attenzione (a un certo punto si gioca a "riconosci Russo di House of Cards" invece che seguire il film).
C'è un Johnny Depp che va premiato per l'impegno che ci mette. Si vede che si sta provando davvero a recitare e in un paio di momenti credo gli sia pure riuscito; per il resto del tempo cerca di adattare le sue smorfie alla situazione e anche in questo bisogna ammettere che è stato piuttosto bravo. Non recita davvero, ma questa è senza alcun dubbio la sua migliore performance degli ultimi 11 anni (se la gioca solo con "Nemico pubblico").

Quello che manca sono due dettagli.
Lo scavo dei personaggi. Non voglio fare l'intellettuale che pretende psicologie articolate o ben costruite, ma un minimo di chiarezza va fatta. Perché l'amico dell'FBI si comporta in quel modo (ok per i soldi e per l'amicizia, ma sono tutte cose dette a voce e non spiegate dal comportamento del personaggio, e questo fa la differenza), perché Johnny Depp è così, in che rapporti è con il fratello. Non sono cose fondamentali, ma sei tu, sceneggiatore, che mi hai messo un sacco di elementi dentro, se ce li metti usali bene, spiegali; altrimenti ti riduci a mettere insieme delle scene che dovrebbero essere pregne di emozioni e significati, ma che in realtà sono vuote, perché non mi ci hai portato a quel punto, me lo hai solo sbattuto in faccia (a esempio Depp che accarezza con brama e violenza la moglie dell'amico).
La seconda è un minimo di ritmo. Questo film è piatto, senza picchi, senza interesse, senza grip. Alla fine del film ci si chiede per quale motivo si sia sentito bisogno di raccontare questa storia così insipida; anche se in realtà in passato si è fatto molto di più con molto meno.

venerdì 16 ottobre 2015

Sopravvissuto. The martian - Ridley Scott (2015)

(The martian)

Visto al cinema.

Un astronauta, creduto morto dai compagni, deve sopravvivere su Marte, facendo affidamento soltanto sugli oggetti rimasti e sulle sue conoscenze. Intanto alla NASA si rendono conto che lassù qualcuno si muove e si organizzano, con piani disperati, per mettersi in contatto e per recuperarlo.

Questo è un film di fantascienza che si pone all'opposto di tutto quello che si è visto finora. Si pone all'opposto perché non c'è mai eroismo, solo la banalità di un essere umano che per poter sopravvivere deve andare avanti nonostante tutte le sfighe. Un essere umano bonacciona, goffo, goffamente simpatico.
Questo è un film di fantascienza con viaggi su Marte che però pone il nerdometro oltre i limiti finora raggiunti. Tutto, dalla più ovvia delle idee (concimare le piante con le proprie deiezioni) alla più folle (lanciare una navicella senza finestre, ma un telo di plastica a protezione, nello spazio per farla acchiappare al volo a un astronauta che volteggia), tutto è precisamente spiegato, scientificamente accurato, tecnicamente plausibile (più o meno). Tutto viene mostrato con una figaggine che solo un nerd innamorato dell'argomento poteva dargli, ma anche così riesce apprezzabile e chiaro, ma soprattutto ha l'idea più intelligenti circa le cose che si trovano su Marte, solo gli oggetti che negli anni gli abbiamo lanciato noi dalla Terra (sembra poca cosa, ma avrà un peso notevole nella vicenda e nella sua essenzialità è geniale e pulito e crea un enorme pianeta vuoto come unico compagno di un uomo solitario).
Per il resto vengono creati una serie di personaggi di contorno piuttosto banali, ma efficaci. Nessun malvagio menefreghista, ma nessun eroe in pectore, solo una serie di figure (di solito) grigie che fanno il loro lavoro e accettano l'eroismo quando vengono obbligati (moralmente). I dirigenti NASA o quelli dell'agenzia spaziale cinese o della JPL, chiunque poteva diventare un vibrante eroe come in "Apollo 13", invece tutti si limitano a ricoprire il proprio ruolo.

A questo si contrappongono due difetti importanti. I difetti sono troppa enfasi e poca enfasi.
Ogni svolta narrativa, ogni idea, ogni tentativo o possibilità vengono sottolineati e spiegati con un'enfasi e una retorica imbarazzanti (perché devi scherzare il capo della NASA per spiegargli la tua idea per riportare a casa l'astronauta? perché usare un quadro sulle pareti della mensa per avere una mappa di Marte? davvero alla NASA non ne avete una versione su computer?).
La poca enfasi invece è quella che non viene messa nelle situazioni critiche, nelle esplosioni e nei volteggi nello spazio, nei lanci di nuove navicelle che non sappiamo se riusciranno o meno; li si sarebbe potuto schiacciare l'acceleratore a mille, si è scelta la continenza e l'empatia diminuisce notevolmente peccato.

Quello che viene fuori in definitiva è un buon film ambientato nello spazio senza la pretenziosità di un "Interstellar" (e tutto sommato io a un film non chiedo nulla più di un astronauta lasciato da solo).

PS: ma che Damon sia stato scelto perché era già stato lasciato da solo su un pianeta morto proprio in "Interstellar"?

mercoledì 14 ottobre 2015

The program - Stephen Frears (2015)

(Id.)

Visto al cinema.

La carriera di Lance Armstrong, iniziata come buon ciclista, ma senza i numeri per diventare il numero uno, l'incontro con il medico italiano sdoganatore dell'EPO, il tumore, lo stop forzato e il ritorno in scena, più affamato di vittorie di prima, dunque più affamato di doping. Infine il castello che scricchiola, Armstrong che si prendere la mano e torna in pista dopo il ritiro, i sodali che cominciano a fare i delatori, il crollo.

Si vede fin da subito che dietro la macchina da presa non c'è il primo che capita. Per prima cosa Frears si interessa a dare dignità a uno sporto che nei paesi anglofoni non è seguito come tra i neolatini, mostrando la fatica, la parte muscolare, trattando i ciclisti come il cinema americano fa con i pugili, mostrandoli come dei lottatori contro i limiti umani. Poi si impegna nel ritmo; almeno per tutta la prima parte il film non molla un secondo, si muove rapidissimo senza lasciare il tempo di stancarsi di una storia non proprio nuova. Infine Frears dimostra di non essere solo un buon montatore e distribuisce una serie di lavori d'inquadratura per tutto il film (messe a fuoco su piani diversi, la macchina da presa che mantenendo il primo piano di Armstrong si muove lentamente verso i lati, inquadrature oblique, primissimi piani tesi, ecc...) e credo sia qui il plauso maggiore; non fa giochi di prestigio tirando fuori una sequenza da urlo e dimenticandosi del resto del film, ma con calma e mano invisibile sparge delle piccole perle per tutta la durata.

Dopo tutto ciò però bisogna essere chiari. Questo è un film inutile. Non brutto, come può esserlo con queste premesse (e una colonna sonora ricca di canzoni da manuale)? Però non funziona.
C'è una parabola umana, che però non è chiara; non si capisce esattamente perché Armstrong faccia quelle cose, perché prenda determinate decisioni.
C'è una parabola sportiva che viene però mostrata per sommi capi, non rimangono buchi, ma i pezzi messi in mostra risultano disgiunti o mostrati troppo rapidamente. In poche parole mi dicono che sia stato un grande, ma non si capisce.
Di fatto il film si perde nella sceneggiatura; delinea approssimativamente un personaggio e una storia partendo dal presupposto che tutti sappiano e che si accontentino di vedere le parti che si aspettino di vedere (le lacrime in diretta tv) e basta. Le motivazioni alla base delle scelte e i motivi del mito e della sua caduta vengono relegati allo sfondo.

lunedì 12 ottobre 2015

Seed - Uwe Boll (2007)

(Seed)

Visto in Dvx.

Un brutale serial killer viene condannato a morte; purtroppo la sedia elettrica è vecchiotta e per tre volte l'assassino sopravvive. Dato che per legge dovrebbe essere rilasciato tutti i presenti decidono di far finta di nulla e sotterrare l'uomo ancora vivo. Purtroppo l'uomo è pure un supereroe del male ed esce dalla bara per pigliarsi la sua vendetta.

Un horror di vendetta molto lineare, ma estremamente oscuro, qualche esagerazione ma una buona atmosfera. Tutto inizia con un incipit durissimo, ma tecnicamente ben pensato, parte con immagini vintage di violenze gratuite su animali (immagini dirette e brutali, che francamente non sono riuscito a sostenere del tutto) per poi passare all'inquadratura del mostro (incappucciato) che si gode le scene alla televisione, poi la sequenza di una dettagliata (e credibile) esecuzione per sedie elettrica... una serie di immagini semplici, ma poste una di fianco all'altra riescono efficacemente a passare un mood unico di atrocità (perfetto il senso che si trasmette dalla violenza sugli animali alla pena di morte), morte e sofferenza, un mood estremamente utile per il senso del film; uno degli incipit più efficaci nell'ottica di un film horror.
Detto questo il resto del film si muove su questo ritmo; una prima parte con l'arresto e il tentativo di assassinio dell'omicida e una seconda parte che è la fuga del mostro e la vendetta. La prima parte è dura e gioca con lo splatter e con la suspense in parti uguali (la sequenza dell'arresto nella catapecchia del mostro); nella seconda invece (che potrebbe essere la migliore sulla carta) la tecnica cala, aumenta la fretta (si pensi alle varie vendette, rapide e senza molti guizzi) e l'empatia va a farsi benedire (lomiciod della donna legata alla sedia sarebbe potuto essere qualcosa di inguardabile, in senso buono per un horror, invece diventa un lento esercizio di CGI malfatto e di ottime idee sprecate). Il film si riprende un pò nel finale, molto potente, ma che soffre della medesima malattia.
Altro neo la musica, brutta ed enfatica; ma si sa che Boll è uno che pensa più a cosa mostrare che a cosa ascoltare.

Non un film pulito e impeccabile come altri nella carriera di Boll, ma nel complesso efficace.

venerdì 9 ottobre 2015

Inside out - Pete Docter, Ronnie Del Carmen (2015)

(Id.)

Visto al cinema

La mente di una bambina è governata da quattro emozioni di cui la principale è Gioia; assieme a loro vive anche Tristezza che però non ha una funzione e viene ostracizzata. Per un incidente (legato alla goffaggine di Tristezza) entrambe le protagoniste si vedono sbalzare fuori dal centro di comando e finiscono in mezzo alla memoria a lungo termine; dovranno affrettarsi a tornare in cabina di regia prima che l'apatia della ragazzina diventi permanente.

Idea avvincente (anche se non originale, ricordo anche una sitcom, sullo stesso oggetto) che da il là a una trama ampia, ma non dispersiva, che permette un intenso family drama a fianco di una serie di sequenze d'azione e avventura più classiche. L'interno della mente della protagonista è reso in maniera materica e dettagliata, ma rimane sempre sul versante dell'anima, mai della fisiologia delle emozioni.

Il film, va detto, si rivolge a un pubblico adulto in maniera decisamente maggiore rispetto ai precedenti lavori (troppi i riferimenti che un bambino non può cogliere), ma l'essenza rimane godibile anche per il pubblico più giovane, anche se non rimarrà colpito da questo film al pari di altri usciti quest'anno.

Ovviamente però siamo in casa Pizar e tutti i vari livelli sono ottimali. Intanto, in maniera molto superficiale, questo è il film più divertente della casa di produzione; questo è un discorso molto soggettivo, ma scommetto che chiunque a riso grassamente per tutta la parte centrale.
Le scene d'avventura sono perfettamente realizzate, continui colpi di scena, continue fughe in avanti e debilitanti ritorni al punto di partenza (con anche una scena di sacrificio che non ricordo d'aver mai visto in un film per bambini dall'epoca delle serie televisive anni '80 giapponesi).
La realizzazione del mondo della mente fantastica, con tocchi di classe e costruzione di ambienti diversi (anche scientificamente complessi come il disgregatore che riporta tutto a forme semplici bidimensionali e colori).
L'animazione ovviamente all'avanguardia, con il tocco di classe di una realizzazione più bidimensionale e cartoonesca per la mente e una più tridimensionale e incredibilmente realistica per il mondo reale.
Infine c'è il racconto più diretto che costruisce un romanzo di formazione sull'accettazione della tristezza come elemento fondamentale della vita (anzi importante per la vita) e, in definitiva, come caratteristica base del passaggio dall'età infantile a quella adulta (in quale altro cartone per bambini viene dichiarata una cosa del genere?).

Poi c'è tutta la galassia di dettagli che rendono il lavoro della Pixar un capolavoro da certosini e sono tutte a carico del character design, delle emozioni mostrate (molto miyazakianamente) con lievi movimenti del volto e con i dettagli, ma anche piccole hint sparse in giro (la gag dei fatti e delle opinioni, le sequenze dell'interno della mente dei vari personaggi, la mente della madre governata dalla tristezza e quella del padre dalla rabbia, ecc...).

Un film che è un universo completo, con mille piani di lettura diverse, mille dettagli sparsi, mille motivi di interesse e che tratta con serietà e dignità tutto il suo pubblico, compreso quello infantile. In definitiva. l'ennesimo capolavoro.

PS: anticipato dal corto "Lava", uno dei corti più convenzionali della Pixar, storia d'amore e agnizione molto Hollywoodiana.

mercoledì 7 ottobre 2015

In the electric mist, Nell'occhio del ciclone - Bertrand Tavernier (2009)

(In the electric mist)

Visto in Dvx.

Louisiana, un ispettore della polizia con visioni sovrannaturali, deve indagare su alcuni brutali omicidi ai danni di alcune donne. L'indagine lo porterà sulla pista di un potente uomo locale... No, non è "True detective". Ma in realtà è Tommy Lee Jones in versione apatica (anche se recita più di quanto ci abbia abituato negli ultimi 10 anni di sottrazione) che gira per le paludi della Louisiana vedendo fantasmi di soldati sudisti filosofi, lo scheletro di un nero ucciso decenni prima che scoperchierà i suoi ricordi e cercando di incastrare l'ex amico e magnaccia locale John Goodman per il serial killeraggio.

Inutile dire che la Louisiana si scopre sempre di più una terra magnificamente cinematografica, paesaggi stupendi, molto suggestivi e perfetti per film dal mood depresso o inquietante. Tuttavia qui la Louisiana è una delle poche attrattive. La storia è molto articolata e vorrebbe essere una sorta di indagine nel tempo più che nello spazio (i piani temporali si sovrappongono, il passato più antico giustifica il presente, il presente bissa le colpe del passato intermedio), ma in realtà i piani temporali sono molto forzati e sembrano solo tentativi di allungare la storia senza aumentarne il senso; l'indagine principale è interessante, ma troppo sofferente per le continue parentesi aperte (anche l'amicizia con l'attore non ha significato).
Il film si muove pure con un fastidioso voice off che fa atmosfera, ma fa pure incapacità di sceneggiatura.

Tra i lati positivi invece c'è una delle poche performance recenti di Goodman, troppo spesso usato in parti minimali senza necessità di recitazione; qui invece c'è ed è nella parte perfetta di un villain peso massimo.

lunedì 5 ottobre 2015

Strada sbarrata - William Wyler (1937)

(Dead end)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato.

La storia di un gruppo di abitanti di un quartiere di New York in cui i ricchi si sono avvicinati ai bassifondi per la bellezza del fiume che passa li vicino. In questo gruppo c'è una gang di ragazzini; una ragazza sorella di uno della gang e innamorata di un uomo del quartiere; c'è un gangster affermato che, dopo aver cambiato i connotati, torna per rivedere la madre e la vecchia fiamma; e poi ci sono un gruppo di ricchi che odiano, amano, vorrebbero mischiarsi con i poveri.

C'è una storia d'amore, c'è il ritorno a casa di un gangster interpretato da un ingombrante Bogart; ma questo film rimane originalissimo per essere soprattutto un film corale dove i veri protagonisti sono dei ragazzi (che sono quasi tutti credibilissimi); inoltre il film è anche (e vuole fortemente essere) un film sociale.
Dietro la macchina da presa il solito Wyler si impegna molto con piccoli (la scena dell’incontro fra Bogart e la sua vecchia fiamma con Bogart che fa un passo indietro uscendo dal fuoco e la macchina da presa gli si stringe in un primissimo piano di nuovo a fuoco... applausi) e sfruttando l'eterno Toland (l'accoppiata fra i due si vede soprattutto negli interni tetri, nei vicoli di mattoni, nei cupi giroscale e nelle inquadrature verticali o molto oblique). Vi sono anche momenti costruiti da dio anche solo a livello estetico (l'inseguimento sui tetti).
Quello che però più colpisce è che l'intero quartiere, come sempre in quegli anni, è stato completamente ricostruito in uno studio creando un ambiente impeccabile, ma dal vago retrogusto di finzione che ne potenzia l'effetto emblematico e ne migliora l'estetica senza perdere in verosimiglianza.

PS: versione italiana iniziata e poi interrotta brutalmente; non è per le scene tagliate, né per le piccole modifiche ai dialoghi (che cambiano qualche senso, addolciscono i toni e tolgono ogni ammiccamento a questioni troppo delicate come la prostituzione), ma soprattutto c'è un doppiaggio talmente sciatto da togliere ogni enfasi possibile. Da evitare assolutamente.

venerdì 2 ottobre 2015

Carnage - Roman Polanski (2011)

(Id.)

Visto in DVD.

Due coppie di genitori si trovano a casa di una delle due per dirimere civilmente l'aggressione avvenuta fra i rispettivi figli. Tra quattro personaggi tutti abbastanza fastidiosi e moraleggianti (e ipocriti) la falsità e l'antipatia reciproca si percepiscono subito, ma esploderanno nell'accavallarsi di piccoli eventi e di enunciati moralistici che ci saranno.

Polanski è un regista d'appartamento, questo lo si è visto molto spesso, quindi si sa che gli spazi verranno gestiti perfettamente (e anche in questo caso con una regia vivace senza essere dinamica, ma basandosi tutta su inquadrature sempre diverse e molto geometrica).
Quello che risulta più buffo è che questo è il film realizzato nella clausura forzata degli arresti domiciliari per il regista; l'ambientazione tutta in un'unico interno quindi sempre più una citazione di sé stesso e la conclusione in cui si mette in dubbio la differenza fra vittima e carnefice appara proprio coma un perorare la propria causa.
Per fare questo enorme spot a sé stesso Polanski scegli quattro attori straordinari; se eravamo tutti convinti delle capacità enormi della Winslet, questo è il primo film di un certo livello per una Foster che sembrava dimenticata (e dalla prova che fa ci aggiungerei un "ingiustamente"), è il primo film di pregio di Waltz post Tarantino ed è la prima parte importante in un film serio per un Reilly mai abbastanza sfruttato. Il film, si basa molto sulla regia, ma per lo più sull'interpretazione di questi quattro mastodonti; e loro non deludono. Certo l'indirizzo è quello di andare sopra le righe, di essere irritanti e stupidi e quello di avere una recitazione molto teatrale; ma questo quattro lo fanno alla perfezione, senza mai compromettere il risultato.
L'unica vera mancanza è nella sceneggiatura. In realtà è molto ben scritta, veloce, ironica, a tratti grottesca, compie degli ottimi giochi di alleanze presto distrutte fra i 4; il problema è la volontà di imporre una tesi e il tono moraleggiante (moraleggiante nello sfottere tutti i suoi personaggi) per raggiungerlo; come molte opere teatrali di questo tenore è un'opera che piace vedere (e rivedere), ma ci si dimentica velocemente.