(Orfeu negro)
Visto in DVD. Quella di Orfeo è forse la storia classica più declinata nel cinema. Anche in questo caso non ci sono delle gran differenze; la trama è condotta come deve essere; posta però, stavolta, in un ambiente quanto mai distante, il Brasile, durante il carnevale.
Prima di tutto un encomio. La trasposizione è fantastica; la storia viene modificata
adeguatamente per adattarsi al nuovo contesto senza che ne venga snaturato il senso e senza pretese di metterci dentro tutto e tutti; unica nota naif è l’aver tenuto i nomi originali (c’è pure un cane che si chiama Cerbero). Che il merito sia di Camus (Marcel, non Albert; regista, ma anche co-autore della sceneggiatura) non è dato sapere. Il plot ha però un grandissimo probelma, i dialoghi. Sono idioti, ripetitivi e senza un grandissimo senso… che la colpa sia di Camus non è dato sapere.
Altra nota positiva sono alcune delle idee visive sono altresì gradevoli, come il costume della morte, essenziale e moderno.
Il vero problema però è questo estenunte tentativo di mettere il folklore locale nella trama. Sono d’accordo che avendolo ambientato in Brasile bisogna mostrare qualcosa di brasiliano, ma non è che attaccandoci le cose a forza la storia ne guadagni; non viene fatto un uso costruttivo dell’ambientazione (come diceva Hitchcock, non c’è un uso drammatico della location); in questo modo si riduce il tutto ad uno spot del posto fato con molta ingenuità ed un buon grado di quella superiorità arrogante che spinge un europeo a mostrare il buon selvaggio. Fra tutto la cosa decisamente più irritante è che tutti ballano; sempre, in ogni situazione; anche quando camminano per andare a comprare un vestito, ballano e c’è sempre un orchestra da qualche parte che suona; la cosa è talmente eccessiva che la sequenza sul tram mi ha ricordato fortemente “L’allenatore nel pallone”, il primo incontro con il personaggio di Giginho.
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