Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.
Un killer, Ichi (ma va?), efficacissimo quanto efferato sta creando il panico fra le compagini di un gruppo di yakuza; il rapimento del boss metterà al comando del gruppo un uomo ancora più violento del killer, il suo obiettivo sarà quello di trovare il boss e Ichi.
Film cult di Miike che presenta un personaggio perfetto per estetica, presenza scenica, psicologia e percentuale di weirditudine... e curiosamente non è Ichi, ma Kakihara.
Al netto della coolness malata che viene diretta dal manga originale questo film è una eccezionale discussione sul rapporto con il dolore. Tutti i personaggi principali si rapportano in maniera quotidiana con il dolore che di volta in volta rappresenta la punizione, l'espiazione, una forma di giustizia, ma anche il piacere (anche sessuale) e un veicolo d'amore (sia nei panni del carnefice sia della vittima).
La violenza quindi diventa quasi necessaria, ma è talmente eccessiva da risultare solo al pari di una coreografia ben realizzata perdendo molto dell'effetto shockante che potrebbe avere altrimenti. Questo è un film brutale quanto lo può essere un fumetto o un cartone animato. E credo gli vada riconosciuto di unire allo splatter del dramma (e vabbé, mi pare facile), ma anche del grottesco e un'ironia nera magnifica.
Regia molto buona, con macchina da presa spesso instabile od obliqua, ma dalla gestione asciutta, che indugia in qualche ottima costruzione delle inquadrature, ma si impegna soprattutto a dare slancio e ritmo.
Effetti speciali molto buoni che indugiano poco su un brutto CG (che comunque ci stava con l'anno d'uscita; mica avevano tutti i soldi di "Matrix")
Un film ben riuscito e ottimamente realizzato in cui, curiosamente, il personaggio di Ichi è il più banale del gruppo e il cui sentimentalismo è l'unico tallone d'Achille del film.
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