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Visto al cinema.
Nei 30 anni successivi quanto raccontato nel film originale gli androidi sono andati incontro a una rivolta contro gli umani, una messa la bando totale, una distruzione terroristica di tutti i dati informatizzati, una nuova messa sul mercato (ma più longevi e più obbedienti) e un ritorno allo status quo iniziale a opera di un moderno Tyrrell.
Il nuovo Blade Runner ha l'intelligenza di colmare gli anni di distanza dall'opera originale e di riempirli di una mitologia propria senza la necessità di spiegarla (un paio di passaggi chiave sono mostrati nei cortometraggi fatti uscire prima di questo nuovo lungometraggio), dando profondità e il senso di epopea a un film che, altrimenti, ricalcherebbe troppo il già visto. Dall'altra parte, la sceneggiatura si ricongiunge direttamente al primo film ripartendo dalla coppia in fuga nel finale, aggiungendo dettagli sconosciuti all'ora, alo spettatore come ai personaggi. Tutto quello che si trova nel mezzo è qualcosa di normale in un film di fantascienza con dei replicanti e non si discosta molto dalla mitopoiesi di "Matrix" (anche lì spiegata, per lo più, con cortometraggi avulsi dalla trilogia originale) o, addirittura, a quella di "Terminator".
Indubbiamente sa di già visto, ma riesce a gestire bene l'effetto ridondanza collocandosi lontano dalle uscite ultime uscite di tutti gli altri brand e portando avanti una storia propria e abbastanza confusa da non lasciare il tempo di pensare ad altro.
La bontà della sceneggiatura in sé è tutt'altra cosa. La storia è piena di suggestioni e depistaggi, piani che si fondono, suggerimenti lasciati lungo la strada e piccoli colpi di scena; ripercorre quindi l'idea di noir del primo, ma mentre l'opera originale era un noir povero e semplice, questo vuole essere ampio e ricco; l'effetto finale è che l'altro era confuso, ma solido, questo è confuso, complesso e pieno di buchi.
Quello che realmente salva questo film è, al pari dell'altro, l'estetica. Incredibile aver trovato (e aver scelto) un regista come Villeneuve, così in linea con l'idea di cinema del Ridley Scott del 1982. I tempi lunghi e dilatati, un'interesse particolare per la fotografia (qui davvero la cosa migliore del film), ma soprattutto, una capacità magnifica nel creare ambienti, nel mostrare le location con uno sguardo più ampio (tutti gli ambienti inquadrati da Villeneuve sembrano grandi, anche gli appartamenti) e rendendo bello anche lo squallore de bassifondi. Villeneuve è stata la scelta più azzeccata di tutta la produzione.
Infine il minutaggio... questo è il blockbuster più lungo di sempre e, a dirla tutta, non si soffre troppo. Villeneuve è indubbiamente un abile narratore riuscendo a portare a casa il risultato senza far annoiare troppo lo spettatore nonostante alcuni passaggi obiettivamente di troppo e due sequenze con Jared Leto che rimane a pontificare in soliloqui per 10 minuti (i punti più bassi della sceneggiatura). Tuttavia uno script non rapidissimo, messo nelle mani di un regista slow può generare mostri; togliere 20-30 minuti a questo film era possibile senza intaccarne l'integrità.
PS: dal punto di vista filosofico cerca di buttare nuova carne al fuoco, tuttavia, seppure con molta intelligenza tocca un punto che si intreccia con un'idea quasi religiosa che potrà avere degli sviluppi, non riesce a toccare la profondità del prima; ancora una volta questo succede poiché è stato anticipato nelle serie fantascientifiche anni 90 e 00 con ben altri concetti e ben altri risultati. L'idea di fede e miracolo, tutta la cristologia che viene spesso accennata (con una certa utilità e senza i manierismi dell'originale) potrà essere sfruttata meglio in un eventuale proseguimento della serie.
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