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lunedì 7 dicembre 2020

Strasbourg 1518 - Jonathan Glazer (2020)

 (Id.)

Visto su Mubi.


Altro corto realizzato durante il lockdown. Glazer opta per una serie di ballerini in varie parti d'Europa (il titolo fa riferimento al più noto caso di isteria danzereccia del medioevo (successo, appunto, a Strasburgo nel 1518).

Glazer si libera delle velleità narrative dei suoi lungometraggi e torna alle origini dei videoclip in senso buono (immagini che vivono delle relazioni con la musica) e dei cortometraggi utili a creare un ambiente, un tono e non una storia vera e propria.

Considerate le limitazioni tecniche Glazer fa miracoli. Moltiplica i punti di ripresa nelle singole case e gioca tutto sul montaggio delle scene affiancando il ritmo musicale a quello delle immagini fatto tutto di tagli e della luce naturale che si modifica. Ovviamente siamo di fronte più a un'opera d'arte visuale che un film in senso stretto, ma è questo che lui sa fare meglio ed è questo che dovrebbe continuare a fare.

lunedì 23 marzo 2020

The fall - Jonathan Glazer (2019)

(Id.)

Visto su Mubi.

A dimostrare la, potenziale, efficacia di Glazer dietro la macchina da presa, ma con un minutaggio inferiore arriva, nel 2019, questo cortometraggio.
Circa 5 minuti con una storia in media res, nessuna spiegazione, personaggi disumanizzati con maschere che ne nascondono il viso, ma mantengono un ghigno che è l'espressione perfetta e molta tecnica.
In 5 minuti Glazer si concentra sulla corda che è l'elemento centrale della vicenda, con movimenti di macchina e inquadrature magnifiche che sono tecnicamente encomiabili e che (non solo non affossano, ma anzi) esaltano l'ambientazione e il tono che infatti sono resi perfettamente pur senza nessuna spiegazione. Gigantesco l'uso della musica e dei suoni che fanno il paio con le immagini.

Under the skin - Jonathan Glazer (2013)

(Id.)

Visto su Netflix.

Un alieno si traveste da Scarlett Johansson per sedurre uomini scozzesi e portarli in una sorta di prigione liquida dove se ne nutre. Pur essendo un predatore, senza motivo, a un certo punto comincia ad empatizzare con le prede, scoprirà dei sentimenti che lo porteranno a essere senza difese dalla cattiveria degli esseri umani.
Parabola buonista che parte da una base di cinismo estremo per arrivare a una nemesi feroce proprio quando meno se lo meriterebbe la protagonista.
La trama è un finto fantascientifico per parlare di emozioni, dai tempi dilatati e (questo è un encomio) con un'enorme economia di parole, dove nulla viene spiegato e qualcosa suggerito dalle immagini.
E qui si arriva al nocciolo del film, le immagini.

Glazer è l'autori di alcuni tra i più importanti (ed esteticamente virtuosi) videoclip degli anni '90 e autore di 3 film (compreso questo), tra cui "Io sono Sean", film che parla di emozioni con tempi dilatati e uno spunto soprannaturale.
Nel realizzare il suo lungometraggio non perde la mano sull'estetica, anzi, la amplifica, con un'ottima fotografia notturna e alcune idee di messa in scena potentissime che da sole rendono un intero mondo stando più vicine all'opera d'arte visuale che al cinema (su tutte, la cattura all'interno del liquido nero, ma anche la bellissima sequenza finale nell'umidità del bosco). Un lavoro di cesello che è entusiasmante.
Dal punto di vista della trama poi non si tira indietro nell'essere elegantemente (e voyeristicamente) brutale (la scena del bambino abbandonato sulla spiaggia) in una maniera fredda che è al cifra del film.
Tutto bene, tutto molto bello, ma tutto che gira a vuoto. Tempi dilatati, distanza e gelo, una trama che sarebbe stata perfetta per un cortometraggio, la fantascienza utilizzata come arredamento per fare altro e un'attenzione tutta concentrata sul colpo d'occhio senza interessarsi troppo alla scrittura dei personaggi e alla trama creano un film respingente, noioso, che non attrae e non ti fa empatizzare con quanto sta avvenendo.