lunedì 23 marzo 2020

Under the skin - Jonathan Glazer (2013)

(Id.)

Visto su Netflix.

Un alieno si traveste da Scarlett Johansson per sedurre uomini scozzesi e portarli in una sorta di prigione liquida dove se ne nutre. Pur essendo un predatore, senza motivo, a un certo punto comincia ad empatizzare con le prede, scoprirà dei sentimenti che lo porteranno a essere senza difese dalla cattiveria degli esseri umani.
Parabola buonista che parte da una base di cinismo estremo per arrivare a una nemesi feroce proprio quando meno se lo meriterebbe la protagonista.
La trama è un finto fantascientifico per parlare di emozioni, dai tempi dilatati e (questo è un encomio) con un'enorme economia di parole, dove nulla viene spiegato e qualcosa suggerito dalle immagini.
E qui si arriva al nocciolo del film, le immagini.

Glazer è l'autori di alcuni tra i più importanti (ed esteticamente virtuosi) videoclip degli anni '90 e autore di 3 film (compreso questo), tra cui "Io sono Sean", film che parla di emozioni con tempi dilatati e uno spunto soprannaturale.
Nel realizzare il suo lungometraggio non perde la mano sull'estetica, anzi, la amplifica, con un'ottima fotografia notturna e alcune idee di messa in scena potentissime che da sole rendono un intero mondo stando più vicine all'opera d'arte visuale che al cinema (su tutte, la cattura all'interno del liquido nero, ma anche la bellissima sequenza finale nell'umidità del bosco). Un lavoro di cesello che è entusiasmante.
Dal punto di vista della trama poi non si tira indietro nell'essere elegantemente (e voyeristicamente) brutale (la scena del bambino abbandonato sulla spiaggia) in una maniera fredda che è al cifra del film.
Tutto bene, tutto molto bello, ma tutto che gira a vuoto. Tempi dilatati, distanza e gelo, una trama che sarebbe stata perfetta per un cortometraggio, la fantascienza utilizzata come arredamento per fare altro e un'attenzione tutta concentrata sul colpo d'occhio senza interessarsi troppo alla scrittura dei personaggi e alla trama creano un film respingente, noioso, che non attrae e non ti fa empatizzare con quanto sta avvenendo.

2 commenti:

Christian ha detto...

Molto sopravvalutato. Come dici tu, vuoto e noioso: noioso proprio perchè è vuoto. Quando si arriva alla scena finale (sicuramente la migliore) c'è il rischio di essersi già, se non addormentati, inesorabilmente distratti.

Lakehurst ha detto...

Che era il problema anche di Io sono Sean. Facesse cortometraggi sarebbe magnifico