(Id.)
Visto al cinema.
A quasi 40 anni di distanza dal capostipite George Miller riprende in mano la sua creatura e ne fa un film. Onestamente non ci avrei scommesso troppo sul suo successo; invece devo ricredermi completamente.
Non provo neppure a scrivere mezza sinossi, è inutile, è un film action tout court, ci sono pugni, fughe, inseguimenti, un breve momento di calma e poi inseguimenti, fughe e pugni, più qualche esplosione.
Il film vince però per tutto quello che fa da contorno. L'estetica è il caposaldo del film, viene preso il post apocalisse dei seguiti, l'istinto steampunk che tanto ispirò "Ken Shiro" e viene esploso, con interventi in ogni ambito, dagli abiti agli accessori, dai veicoli alla mitopoiesi complessa che fa da sfondo alla vicenda (viene tratteggiata in maniera coerente un'intera società figlia di quella attuale, ma medievalizzata). Il tutto infilato in un ambiente desertico che ha rapporto ingoiandoli continuamente e che rappresenta la tela per il dipinto del film (oltre a una serie di manipolazioni estetiche sempre perfette come il fantastico effetto notte nel deserto con sprazzi di luce).
Il film vince perché riesce a lavorare il protagonista pur avendolo totalmente spersonalizzato, anzi messo d aaprte. C'è un incipit rapidissimo che cala nell'azione più pura lo spettatore, qui ci sono alcune (fastidiose) sequenze di ricordo (ritorno del) passato del protagonista con una bambina che non è riuscito a proteggere (pallido legame con l'originale, non particolarmente utile), poi il film vira e il protagonista lascia il posto alla protagonista; trasformando questo in un film action al femminile dove un gruppo di donne fugge dagli uomini (tutti, a parte un paio) e cerca di farli fuori perché vengono utilizzate come oggetti.
Il film vince perché, esattamente come il capostipite era l'essenza del decennio trascorso, questo ha assimilato tutto quello che c'è stato in mezzo; utilizza i corpi come i body horror gli hanno insegnato (malattie, malformazioni, obesità, tatuaggi, scarificazioni, trucchi che deformano i lineamenti, sporco che nasconde i volti, corpi di donne sexy, corpi di donne incinte, corpi di donne mutilate) con un protagonista azzeccato (qui non deve neppure sforzarsi, ma Hardy è uno degli attori più fisici degli ultimi anni, basti ricordare "Bronson") e una protagonista, tecnicamente figa, che però viene utilizzata in toto, ammazzandone la sensualità; Miller ci mette pure il classico film di inseguimenti che tanto conosce; sfrutta appieno il genere postapocalittico di cui ha dettato le regole decenni fa; e frulla tutto in un film d'azione adrenalinico modernissmo che non ha nulla in comune con tutte le sue opere precedenti. E ovviamente per fare questo se ne fotte dei vincoli di produzione, delle (auto)censure e dei vari PG.
Il film vince ppiù che altro per quest'ultimo punto. Vince perchè dopo qualche minuti dall'inizio comincia una fuga a rotta di collo che lascia senza fiato. Quando finisce è solo l'inizio di una fuga a ritroso ancora più folle, disperata e dispnoica (letteralmente lascia senza fiato) dove non si può non essere partecipi ed emotivamente coinvolti; dove la macchina da presa che vola continuamente sopra, sotto e ai lati dei veicoli qaunto i personaggi che cadono, inciampano, rimangono legati, beh quella macchina da presa lì, mossa da un settantenne, non ti fa mai staccare gli occhi dallo schermo e dopo solo due ore di film ne chiedi ancora, solo una mezzora...
PS: e comunque pure questo film ha creato immagini, personaggi e situazioni con cui il cinema action dovrà confrontarsi negli anni a venire.
2 commenti:
Anch'io sono rimasto sorpreso: all'inizio pensavo addirittura di non andare a vederlo, e invece mi sono trovato di fronte un vero e proprio manifesto di come fare cinema d'azione oggi. Capolavoro, senza punti deboli!
e trovo ancora più sorprendente che a girarlo sia un 70enne che quasi 40 anni fa aveva fatto un'operazione analoga azzeccando un perfetto film action dell'epoca; Miller rimane comunque sul pezzo
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