(The highwaymen)
Visto in tv.
Nella storia americana si è creato il mito di Bonny e Clyde, due criminali della depressione che canalizzarono la frustrazione di quella generazione. Ma due criminali erano e la spettacolarizzazione delle loro imprese (che tralasciano spesso la scia di sangue) e la mitizzazione della loro fine sono topos scolpiti sulla pietra.
Ecco che lì'originalità di questo film è tutta nel cambio di punto di vista. Per la prima volta i protagonisti (che sono ovviamente i buoni) sono i poliziotti (integerrimi e scalcinati nello stesso tempo) che danno la caccia a due rapinatori e assassini. L'intento è creare il mito opposto a quello classico, il mito delle forze dell'ordine contro due fuorilegge (che infatti rimangono quasi sempre fuori inquadratura). A dirla così sembrerà banale, ma è il punto più originale del film. per farlo, ovviamente, si punta sulla mitopoiesi classica hollywoodiana; Costner come protagonista (il buono per eccellenza degli ultimi 30 anni cinematografici), una messa ins cena pulitissima fino a sfiorare il museale (vestiti sempre a posto, fotografia nitida, ambientazioni dei bassifondi che trasudano ricostruzione pulite in ogni inquadratura).
Ecco, l'idea di base vince in originalità, ma per realizzarla ci si impegna nello scontato. Operazione corretta dal punto di vista formale (il mito si crea con l'ordine come ci insegnò John Ford e non con la polvere di un Sergio Leone), ma che riesce comunque stantio e stridente.
Il film viaggia bene e riesce in maniera perfetta nel finale rendendo in maniera, finalmente, completa, l'agguato finale (trasformando in tensione e coraggio quanto era stato raccontato finora come viltà).
Film gradevole, ma vittima del suo stesso intento.
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