(Id.)
Visto in tv in lingua originale sottotitolato.
Questo Irishman parte come una versione aggiornata di "Quei bravi ragazzi" (eliminando glamour e spettacolarità, ma continuando a mostrare i dettagli pratici della vita della mala) fino all'arrivo del personaggio di Hoffa, momento in cui vira verso il racconto storico americano (o meglio la mitopoiesi americana) unendo in uno stesso film i due argomenti più caratteristici della filmografia scorsesiana. Nella terza parte però vira di nuovo diventando qualcos'altro, qualcosa di nuovo.
Parte nel suo giocando el carte che ormai sa gestire ad occhi chiusi creando un mondo costellato da un'infinità di personaggi che vive di regole e relazioni proprie, ma nel momento in cui lo spettatore più abituato a Scorsese sta comincia a chiedersi perché ritornare nel seminato viene introdotto il personaggio di Pacino (che è un personaggio alla Pacino) che porta avanti la parte storica mangiandosi tutta quella porzione di film con la sua presenza carismatica e dialoghi al limite del tarantinismo. Dopo la sequenza del "Che tipo di pesce" il film diventa più intimo, molla la storia per tornare sul personale, se fossimo agli inizi della carriera del regista ci sarebbe un vero e proprio rapporto con la religione a condurre il gioco, ma questo è un film più cinico e nichilista, la religione (e quindi la speranza e la colpa) è marginalizzata e l'ultima mezzora è la presa di coscienza che tutto è stato inutile, che una vita di lealtà e affetti non detti è stata sprecata e che essere integerrimo non era una dota, ma una condanna. Un finale glaciale senza alcuna speranza (la sequenza finale è così metaforica e gestita con freddezza da sembrare dei fratelli Coen) che non può sorprendere lo spettatore abituato a Scorsese.
In una parola questo è un film gigantesco efficace in ogni sua parte che prende i canoni che tutti attribuiamo al regista per portare oltre il suo discorso. Se questo fosse il suo ultimo film sarebbe perfetto (spero però che ne realizzi ancora molti).
La regia non dovrebbe più essere neanche commentata, Scorsese è l'unico regista che invecchiando migliora e non molla nulla dei sui stilemi (ma quanto sono gustosi i suoi rallenty? che se li usasse chiunque altro in queste quantità si potrebbe denunciare per tortura), dei suoi dinamismi e dell'uso delle musiche aiutando la storia a progredire per quasi 4 ore senza cedere mai nel ritmo; senza annoiare mai.
Cast enorme che permette a Joe Pesci di non fare il solito Joe Pesci, ma di recitare più di fino, permette a De Niro di non fare il solito De Niro e nella seconda parte anche di recitare, cosa che non faceva da anni (nella prima... beh recita meno; sarà il personaggio che deve evolvere o il ringiovanimento, ma nella prima metà De Niro nicchia come nelle solite commediole senza pretese a cui ci ha abituati di recente) e regala a Pacino l'ennesimo personaggio da mettere nella galleria dei fumantini tutti scene madri (magnificamente gestite) e ironia... mi è appena venuta voglia di riveder "L'avvocato del diavolo".
La questione ringiovanimento mediante CGI... inutile fingere che sia perfetta, non lo è. Nella prime scene in cui compare (sopratutto nei primi piani o in pieno sole) c'è uno strano senso di disagio (e quella stati che non so se imputare al computer o all'attore). Tuttavia io nei film in 3D noto la tridimensionalità per i primi 15 minuti e poi non la scotomizzo; anche qua dopo poche scene tutto il fastidio scompare schiacciato dal peso della storia che sto vedendo.
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