sabato 5 febbraio 2011

Chi ha paura di Virginia Woolf? - Mike Nichols (1966)

(Who's afraid of Virginia Woolf?)

Visto in VHS.

Un professore universitario (Burton) sposato con la figlia del magnifico rettore (Taylor) sono una coppia cinica e disillusa in uno dei più intricati rapporti d’amore (poco) e odio (tanto) della storia del cinema; tutto sarebbe risolvibile nelle normali scaramucce domestiche, ma purtroppo due giovani appena trasferitisi vanno a trovarli. Inizia un devastante gioco al massacro reciproco, ampiamente condito di alcool (mai visto versare tanti bicchieri in un solo film!) che non risparmierà nessuno, anche perché a conti fatti nessuno è innocente e senza macchia.
Cinica e velenosissima opera prima di Nichols che si impegna con virtuosismi invisibili, inquadrature particolari, piccoli aggiustamenti di macchina, e alcuni dei suoi amati zoom, sempre al posto giusto (c’è una scena, quella nel dancing notturno, che mi ha ricordato violentemente lo stile di Corman). Non riesce a eliminare l’impianto teatrale del testo, ma almeno lo rende sopportabile quasi completamente.
Gli interpreti, inutile dirlo, sono eccellenti, misurati quando devono, eccessivi quando devono, perfetti con i loro ghigni disillusi e cattivi. L’intero film potrebbe essere riassunto con la prima inquadratura delle facce di Burton e della Taylor dopo i titoli di testa, entrambi sfatti, ma distrutto e affaticato lui, stizzita e rancorosa lei. Magnifici.
Però, ovviamente, il punto di forza di questo film è la sceneggiatura. Diciamolo subito, non è credibile, perché chiunque dopo due minuti in quella casa se ne sarebbe andato (e poi ci sono forse un paio di cadute di stile); ma i dialoghi sono perfetti, aggressivi anche quando vengono usati dei monosillabi, violenti anche nelle risate; giusto i monologhi sono un attimino verbosi, ma il ritmo non viene mai perso e il massacro procede con precisione chirurgica. Stupenda poi la costruzione di un mondo con un rapporto fra finzione e realtà assolutamente equilibrato in cui la credibilità dell’una è pari a quella dell’altra; una gabbia in cui i due vecchi leoni vogliono ostinatamente essere intrappolati, accettando le menzogne, anche evidenti, alla stregua di verità assodate.
Grande film; titanica opera prima.

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