(Stranger than paradise)
Visto in DVD, in lingua originale sottotitolato in inglese.
Una ragazza ungherese va a stare dal cugino a New York per una decina di giorni per poi andare a Cleveland dalla zia. In quei dieci giorni i due si guarderanno a mala pena in ghigna, rimarrà tutto il tempo in casa a guardare la tv e si lasceranno senza un cenno. Poi lui sentirà la mancanza di lei e andrà a trovarla con un amico. Una volta a Cleveland decideranno, tutti e tre, di fuggire in Florida.
Film di Jim Jarmusch estremamente jarmuschiano sin dal protagonista (Lurie è forse più il tipo del regista che non Tom Waits); poi ci sono le immagini fisse, il bianco e nero, i lunghi silenzi, la recitazione per sottrazione (per sottrazione is the new, non recitano quasi per niente), le storie sentimentali senza che nessuna emozione venga espresso, la noia che tende ad arrivare ad ogni scena intensa (e con scena intensa si intende i discorsi in ungherese della vecchia o le lunghe sequenze davanti alla tv).
Però questo è gradevole, al contrario del pessimo esempio di film indie intellettualoide che è “Permanent vacation” o il gradevole ma soporifero “Down by law”. Si questo è un film puramente jarmuschiano che sfrutta ogni silenzio e ogni scena fissa e riesce a mantenere comunque un certo ritmo e (cosa ancor più importante) una certa ironia. Il film, senza essere un capolavoro, diventa quindi assolutamente fruibile (giusto la prima parte rimane un tantino ostica da sopportare).
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