Visto in DVD, in lingua originale sottotitolato in inglese.
Giappone medievale. Durante una guerra
che decima gli uomini, in mezzo alla campagna vivono una suocera e la nuora. In
una terra dove manca il cibo, i mezzi e le persone, vivono uccidendo e
derubando i passanti. Un giorno torna l’amico del figlio dell’anziana (quindi
marito della giovane) che le avverte della morte del loro parente; la figlia
inizia una relazione sessuale con l’uomo. La suocera non riesce a sopportarlo
e, derubato un nobile della sua maschera da demone, si finge un diavolo per
spaventare la giovane; ma la maschera rimarrà attaccata al volto.
Mi era stato venduto anche come un film
horror; in realtà è un dramma, al massimo un dramma allegorico. In ogni caso è
un gran dramma. Tratto da una fiaba giapponese se ci si fermasse alla sinossi
nessuno avrebbe voglia di guardarlo; ma la messa in scena vince su tutto.
Un bianco e nero che alla (poca) luce
del sole risulta chiaro e pulito proprio come nel precedente “L’isola nuda”
(per fortuna con quel film ha in comune solo questo e una certa attitudine ai
silenzi). La regia costruisce un dramma da camera essendo tutto girato in interni…
beh spieghiamola meglio, almeno metà film è girato all’interno delle capanne (o
nel buco nel terreno), ma anche gli esterni sono di fatto chiusi da palpabili
muri di tenebre o dagli onnipresenti giunchi, tanto da rendere claustrofobica
ogni inquadratura e costruendo ogni scena su più piani per poter mostrare anche
lo sfondo pieno di canne e le foglie in primissimo piano. Poi c’è tutto un
lavoro sui volti; il cast azzeccatissimo viene esaltato da un serie di
primissimi piani e dettagli degli occhi che definirei alla Leone se questo film
e la prima opera del regista italiano non fossero contemporanei; inoltre sui
visi è costante la presenza di ombre espressioniste che rendono ogni smorfia un
ghigno terribile. C’è altro? Beh direi una certa mobilità di camera e un uso
della profondità che permettono diversi giochi di prospettiva e un finale
estetizzante che inanella una serie di sequenze impressionanti.
Non fa paura, non è questo lo scopo,
mostra invece un’umanità animalizzata che si muove per istinti primari
utilizzandosi a vicenda per il proprio benessere.
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