(Id.)
Visto al Festival di cinema africano, in lingua originale sottotitolato.
Un ragazzino, orfano di madre, deve separarsi anche dal padre che cercherà fortuna nella capitale. Verrà tenuto da un loro cugino. La convivenza sarà difficile, tra spinte reazionarie e innovatrici delle due figlie e il suo affetto traslato dalla madre alla pecora che le era appartenuta, sarà rapidamente inviso al nuovo capo famiglia.
Film di formazione piuttosto semplice che fa della propria linearità un vanto. La scrittura è sicuramente alle prime armi, eppure lascia pochissimo al caso (molti i dettagli e i riferimenti interni alla trama sparsi durante lo svolgimento) e riesce a ottenere un effetto finale di compattezza invidiabile. Purtroppo tutti questi pregi vengono appesantiti da una mancanza di ritmo che sembra una precisa scelta piuttosto che una leggerezza; qualunque ne sia l'origine e l'intento il film ne viene gravato e non acquista profondità.
Il vero punto di forza, però, è tutto nelle immagini. Una fotografia molto curata dai colori accesi che si dilunga in frequenti campi lunghissimi del verdeggiante altopiano etiope; immagini che sembrano dipinti a cui si aggiungono alcune sequenze in interni in cui, la prima scena, viene costruita con la stessa plasticità e l'uso degli spazi dei quadri.
Presentato a Cannes, opera prime di Zeleke, più che essere un film pienamente soddisfacente fa ben sperare per il futuro.
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