(Last man standing)
Visto in tv.
Epoca del proibizionismo, Stati Uniti, un uomo arriva in un paesino di confine con il Messico, dove due bande rivali si contendono il controllo dell'importazione di alcolici. Un uomo senza identità chiara arriva, si innamora (?) di una donna costretta a rimanere legata a uno dei capi e decide di guadagnare qualcosa dalla situazione.
Forse questa è la conclusione della serie di remake meglio riuscita della storia del cinema; originata da uno scritto di Hammett, realizzato da Kurosawa come "La sfida del samurai" nel medioevo giapponese, poi da Leone con "Per un pugno di dollari" nel west americano, poi qui, da Walter Hill, tornando in un epoca vicina a quella del romanzo originale.
Va detto che Walter Hill dichiarò come ispirazione Kurosawa negando di aver mai visto il film di Leone (grasse risate)... vabbè, pure Leone sosteneva di non aver mai visto il film di Kurosawa, ma almeno lui aveva questioni di copyright.
Questo effettivamente è il meno riuscito dei due precedenti, ma questo solo perché gli altri sono capolavori e questo si limita a essere solo un buon film.
Una fotografia calda, sudata e polverosa crea un ambiente totale già con le prime immagini; il film è un gangster movie (poco) venato di noir (molto) immerso in un ambiente e in una gestione western (abbastanza). Un film solido, ben condotto con la solita mano invisibile di Hill che costruisce iperboliche sparatorie (i corpi sono spostati dalle pallottole come fossero di carta velina) che fanno le veci delle scene di danza in un musical; Bruce Willis piuttosto impassibile da perfettamente il senso di un protagonista granitico; una galleria di comprimari magnifici capitanati da un Walken gelido e affascinante (come sempre), purtroppo poco sfruttato.
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