(How green was my valley)
Visto in Dvx.
La gioventù di un ragazzo gallese ultimo nato di una famiglia numerosa. La chiusura della miniera, l'emigrazione e la morte romperanno l'idillio.
Un anno dopo "Furore" Ford non sembra intenzionato a lasciare l'arena della spiritualità del quotidiano e del disagio sociale che sfocia mai nel film politico. Anche qui, come in "Furore" c'è la storia di una famiglia unita e granitica, che viene distrutta pezzo a pezzo dagli sconvolgimenti sociali, dalla crisi economica e dalle angherie; disperdendosi, pur senza mai allontanarsi moralmente.
Qui, anche più che nel film precedente, il lato sociale è messo in evidenza; c'è la dignità di una condizione disagiata, ma ricca di speranza, c'è l'evoluzione del mondo del lavoro che lascia dietro di sé cadaveri e conflitti; ma tutto questo viene fatto con sentimento e senso del melodramma, mai con risvolti sociali veri e proprio, mai politica franca.
E il film funziona. Pur essendo costruito a episodi disgiunti (e nella sequenza della scuola si percepisce un pò troppo il distacco con i resto delle vicende) riesce a mantenersi coeso; riesce sempre a far trasparire i sentimenti enormi dei protagonista, spesso senza esagerare con il sentimentalismo (...senza esagerare significa che ce n'è, ma sempre in maniera accettabile); riesce a mostrare una religiosità delle piccole cose che è solo in parte collegata alla religione.
Ma in aggiunta a tutto questo si aggiunge un'iniezione di mezzi da parte della MGM che permettono a Ford di sfogare il proprio lato estetico. Tutto l'incipit con la presentazione del villaggio gallese è una serie di fotografie che meriterebbero di essere messe in un museo; il colpo d'occhio del giovane protagonista che re-impara a camminare in mezzo ai fiori è quasi eccessivo per teatralità, le scene del lavoro in miniere sono dei capolavori del cinema sociale,
Unico vero difetto è il giovane, amimico, protagonista...
Nessun commento:
Posta un commento