Visto in un cineforum.
Un ragazza viene rapita in una comunità montana con problemi religiosi. Per risolvere il caso viene inviato un ispettore "dalla città" che sfrutta la morbosità della stampa come un vantaggio per ricadute d'immagine, ma anche per mettere alle strette l'assassino o i sospetti.
Il classico giallo all'americana realizzato in Italia con un personaggio ambiguo, ma estremamente competente, che si muove in un mondo oscuro quanto lui è già di per sé qualcosa di interessante; la costruzione di una storia precisa e debitamente complicata (il regista e sceneggiatore è anche lo scrittore del libro e la tendenza alla scrittura complessa la si intuisce subito). Le cose però cambiano repentinamente con l'identificazione di un sospetto, il protagonista cambia e si torna indietro ai giorni del delitto e si prosegue per assistere agli stessi eventi dal punto di vista del nuovo personaggio. A fine film il punto di vista cambia nuovamente sempre l'ispettore, ma il tono è diverso di nuovo.
Il cambio di tono sembra essere il vero intento di un film che fa di tutto per non essere classico, anzi, per smarcarsi dal giallo consueto fino ad arrivare a un finale che è l'opposto dello scioglimento classico.
Il vero valore dell'opera, però, è tutto nella già ricordata scrittura. La vicenda inizia in media res, senza preamboli e senza presentazioni dei personaggi, le cose vengono mostrare senza aiuti e i vari protagonisti sono descritti minuziosamente.
La regia fa, invece,. quello che può. Affida il personaggio più complesso a Servillo (unico che possa dare carisma e fascino un personaggio ambiguo, ma dalla parte del "bene"), che però viene lasciato troppo spesso da solo a fare quello che vuole; il contraltare è dato a Boni che, più contenuto e rigido, porta a casa un risultato decisamente positivo (anche se più contenuto).
Un film imperfetto, che comincia molto bene si muove con difficoltà tra diverse imprecisioni, ma che conclude senza deludere e portando a casa un ottimo risultato.
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