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Visto in tv.
Un giovane neoiscritto alla scuola di musica più importante degli USA viene notato dal direttore di un'orchestra jazz. Entrando a far parte del suo entourage entrerà in un mondo di violenza psicologica, autolesionismo e paranoia che lo porterà... alla perfezione.
Un film sull'arte che, finalmente, presenta il successo in ambito musicale, come figlio dell'impegno e non delle doti innate. Per la prima volta l'atto artistico è fatto da sudore e sangue (letteralmente) che portano al genio e, incidentalmente alla follia.
Più che dalle parti de "Il cigno nero" (altro film sull'arte come sforzo fisico e mentale, ma incentrato per lo più sulla psicopatologia) qui siamo più nei pressi di "Rocky" con l'obiettivo a tratti (apparentemente) impossibile che sta davanti a un uomo che, senza l'impegno costante, si troverebbe a sguazzare nella mediocrità e che deve essere disposto a giocarsi tutto (e perdere tutto) per vincere.
La fotografia elegantissima affianca il tema jazzistico oscuro più che lo swing che viene presentato e la regia (un poco impostata nella prima parte) riesce a dare il ritmo necessario e, nel lungo showdown finale piuttosto statico (il protagonista è un batterista), da un dinamismo che rende digeribile tutto ed esalta la musica e lo sforzo fisico.
Il film però è anche uno scontro di personalità e su tutto e tutti si erge un Simmons titanico che fa il bello e il cattivo tempo, che riempie ogni inquadratura a cui prende parte ed è una gioia per gli occhi. Finalmente, per lui, un film da (quasi) protagonista.
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