(Id.)
Visto al cinema.
Un regazzino della gioventù hitleriana ha come amico immaginario (sul modello di Calvin e Hobbes, una sorta di espressione esteriore dei suoi ragionamenti) Hitler stesso (in versione infantile e buffa). Attorno a lui si muove un mondo in cui l'apprezzare la svastica e riuscire a odiare sono status symbol da portare anche se non si è portati (e ovviamente lui e il suo amico sono troppo sensibili per essere naturalmente portati ad odiare) e dovrà cavarsela tra bulli in divisa, ritardati in divisa, il padre scomparso, la madre con molti coni d'ombra e la guerra che volge al termine.
Un film comico sulla seconda guerra mondiale ormai non dovrebbe più fare notizia, non è comune, ma non è più un'innovazione da almeno 20 anni o più. Il fatto che riesca a metterci comico e dramma insieme è un valore aggiunto, ma anche questo non particolarmente nuovo.
Le vere doti di questo (ottimo) film sono altre.
L'impostazione contraria all'usuale per la messa in scena con una fotografia luminosissima e personaggio solari; una galleria di tedeschi che (nonostante il difetto dell'essere della nazione sbagliata) sono i buoni della vicenda (addirittura si arriva ad avere un nazista umano!), anche s eper lo più sono ebrei o della resistenza. C'è l'atmosfera da fine del mondo stemperata con una positività o una sorta di distacco invidiabili.
Infine c'è l'utilizzo dei topos dei nazisti cinematografici e non (la guerra, il superuomo, la violenza, l'odio per gli ebrei) utilizzata per le gag più che per realizzare l'atmosfera, trasformando un genere usurato da decenni di ripetitività in qualcosa di nuovo.
Infine c'è un giovanissimo protagonista che è una delle scelte di casting migliori dell'anno, una faccia, una recitazione (molto bravo) e un fisico che sprigionano tenerezza estrema (vero sentimento del film) in mezzo a un mondo che si vorrebbe crudele.
PS: C'è Bowie e i Beatles in versione tedesca!
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