mercoledì 17 febbraio 2021

Train to Busan - Yeon Sang-ho (2016)

 (Busanhaeng)

Visto qui.


Un'epidemia zombie irrompe in Corea (del sud). Un uomo e sua figlia (con problemi relazionali) si ritrovano in un treno mentre il morbo si diffonde. Dovranno vedersela con gli zombie dentro al mezzo e con l'incognita della destinazione sicura. Ma più di tutti dovranno vedersela con il più classico degli homo homini lupus.

Senza inventare nulla, le basi di questo film sono estremamente interessanti. Il morbo degli zombie come pretesto per realizzare un dramma horror in un ambiente chiuso con molte persone che devono riuscire a relazionarsi per sopravvivere , con l'aggiunta dell'incognita sul loro destino. Lo zombismo dunque è solo il perturbante che fa scatenarla guerra fra sani più che un espediente horror vero e proprio; fatta salva una o due buone scene thrilling (su tutte il superamento del vagone pieno di mostri durante la galleria) il resto è un (tentativo di) dramma dure e sanguigno.

Di tutta questa operazione non c'è proprio nulla da eccepire (l'horror viene sfruttato come arredamento più che come genere per idee decisamente meno interessanti, dunque ben venga), ma è lo sviluppo che latita. A fronte di un cinismo non indifferente nel mettere a morte tuti quelli che non ti spetteresti dovrebbero morire (si, esatto, come in "Game of thrones") il film si perde nella parte più raffinata di caratterizzazione dei personaggi. Gli uomini che popolano quel vagone sono macchiette bidimensionali costruite su un sentimentalismo melenso fastidiosissimo: c'è l'anziano uomo d'affari egoista e cattivissimo, il buon padre di famiglia simpatico e disposto al sacrificio, la coppia di vecchie (truccate da vecchia malissimo) che si vogliono tantissimo bene anche al di là dello zombismo, e poi c'è il protagonista un padre di famiglia distante e freddo che vorrebbe avere relazioni diverse con la figlia, ma non ci riesce (e poi lavora nella finanza, quindi per principio è distante e freddo). Ogni complessità è apparente, ogni gestione dei rapporti fra personaggi telefonata, ogni elemento emotivo descritto a parole più che con i fatti, a livello di sceneggiatura questa è una débâcle.

Il film poi non offre molto altro a cui aggrapparsi per farsi ricordare (un paio di scene buone, ma non memorabili) e proprio quando sembra pronto a premere sul nichilismo più spinto si lascia andare a un happy ending fuori luogo, ma molto in linea con la parabola di banalità intrapresa...

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