Visto in Dvx.
Alaska, un prigioniero tenta la fuga portandosi dietro, non molto volentieri, un ragazzo che lo ha aiutato a raggiungere le fogne della prigione. Per andarsene dallo stato intendono nascondersi in un treno merci; per un gioco del destino il treno viaggia senza conducente. Si metteranno all'inseguimento del treno il direttore del carcere per acchiappare i fuggitivi e i responsabili delle ferrovie per evitare un disastro.
"Pelham" mi ha insegnato ad apprezzare gli inseguimenti coi treni, "Lone Ranger" (sottovalutatissimo blockbuster di pochi anni fa) mi ha confermato l'attualità di un'idea del genere (che ha come padre nobile Buster Keaton); quindi vedere adesso questo film è semplicemente perfetto.
I motivi d'interesse ci sarebbero comunque essendo la sceneggiatura di Kurosawa (creata per una produzione americana che non arrivò mai in porto) e ripresa da un Konchalovskiy anche lui in trasferta USA (infatti ambienta il film in un'Alaska che sa tantissimo di Siberia).
La trama infatti fa sfoggio di un rapporto a due maestro/allievo con un sensei burbero, ma estremamente vitale e un regazzino che si svilupperà in fretta; c'è tanto Kurosawa.
Konchalovskiy però costruisce un film d'azione duro e realistico, senza fronzoli né fighetterie, lento nello svolgimento, ma preciso al millimetro; mentre si sviluppa viene fuori un pò "Pelham" e un pò "L'imperatore del nord".
Altro punto di forza la costruzione dei personaggi, quello di Jon Voight è roccioso e preciso, folle nel finale, ma per una rivalsa che vale una vita, quasi eroico (ed è interpretato magistralmente da un Voight che nella recitazione assomiglia a Nicholson come non mai; per me la sua migliore interpretazione di sempre che abbia visto finora; è titanico, mangiandosi le scene madri a uso ridere); quello di Eric Roberts è la perfetta controparte, insicura, ma spavaldo, imberbe, ma pieno di aspettative (anche lui è bravissimo, perfetto per la parte, sublime nel rendere i dettagli della caterva di emozioni nascoste sotto quel sorrisetto da regazzino stupido); infine c'è un antagonista magnifico, un John Ryan che, pur essendo il rappresentante del bene, sguazza nella feccia con una gioia indicibile e ama l'azione più del risultato stesso, quando compare in scena gli occhi sono tutti per lui.
Che altro dire, c'è una delle prime particine di un Danny Trejo incredibilmente giovane e un finale in crescendo che ha l'imapatto di una sinfonia. Applausi.
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