(The house)
Visto in aereo, in lingua originale sottotitolato in inglese.
Una coppia non ha più i soldi per mandare l'amata figlia all'università, decide quindi di aprire un Casinò illegale nella casa di un amico spiantato. Comincerà a essere vissuto da tutta la cittadina, ma sarà anche preso di mira dalla mala e dalla politica.
Alla sua prima prova da regista (in un lungometraggio per il cinema), lo scrittore Andrew Jay Cohen (autore di "Cattivi vicini"), prodotto da Adam McKay (il regista di "Fratellastri a 40 anni", "Ricky Bobby" e "Anchorman") costruisce l'ennesimo film perfetto per Will Ferrell. L'ennesimo film dove l'attore è un adulto piuttosto scemo che reagisce alle sfide della vita in maniera iperbolica ed esagerata e che, con gli adolescenti, condivide il senso di ribellione alla conformità di cui fa parte.
Se un film del genere, nonostante non cambi mai nonostante gli anni passati, sia comunque una rinfrescante boccata di comicità demenziale come fanno ormai in pochi (e questo soprattutto grazie alla capacità e la fisicità di Will Ferrell, che però non è di per sé sufficiente); in questo caso siamo davanti alla migliore delle opere possibili.
A fianco a un tono mutuato dalla tv (per una volta con un'accezione positiva) c'è l'intento di tutte le personalità in gioco di mettere a nudo l'ipocrisia dell'America media, dei vicini di casa, dei parenti, dei politici locali, delle forze dell'ordine e delle famiglie; una sorta di film alla Tim Burton, ma senza mostri e melodrammi. Un'impegno congiunto da parte di tutti che riesce a rendere contemporaneamente critico e divertente un intreccio, paradossale e verosimile un rapporto di forza.
Il tutto unito a un ritmo perfetto che concede diversi momenti di sincero divertimento (non mi capita spesso di ridere sguaiatamente, qui ci sono almeno due sequenze da antologia).
1 commento:
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