venerdì 18 ottobre 2019

Smetto quando voglio: Masterclass - Sydney Sibilia (2017)

(Id.)

Visto in Tv.

Al secondo capitolo della saga dei ricercatori precari Sibilia riprende tutti gli elementi del primo film e li riutilizza. Fotografia acida con doppia dominante, uso pazzesco delle location romane meno scontate possibile (che riescono quindi a creare un'altra città rispetto a quella da cartolina a cui ci siamo abituati), ottima colonna sonora (invasiva, ma contenuta) e gag che si appoggiano totalmente sulla fisicità e sulla recitazione degli attori (in questo secondo film risalta soprattutto Edoardo Leo, capace di dare senso e tempo comico con i gesti più che con le parole).

Quello che cambia però è il ritmo. Il film vira dalla commedia classica alla action comedy. Con un gusto per le scene d'azione dinamiche e divertenti nel contempo (e che riescono, anche se in minima parte, a portare avanti la trama mentre avvengono) che sembra essere preso da De la Iglesia (a mio avviso, il migliore in questo campo) non avendo un paragone possibile in Italia. L'effetto è eccitante e stupefacente; si prenda anche soltanto l'attacco al treno; fa godere di alcuni dei momenti più divertenti del film, mantiene le caratteristiche di ogni singolo personaggio, porta avanti la trama (si scopre chi è a creare la nuova droga sintetica) e realizza il primo (?) stand off sul tetto del treno del cinema italiano (contemporaneo) a cui si arriva con angoli d'inquadratura particolari e senza mai rallentare il ritmo.
L'altra grande capacità del film è quella di avere un cast ancora più numeroso e riuscire a dare caratteristiche tridimensionali a quasi tutti i coprotagonisti e a farle mantenere durante lo svolgimento delle varie sequenze; nessuno agisce per riempire un vuoto, in maniera banale, ma tutti si muovono come farebbe il loro personaggio in quella situazione.

Il film riconferma una galleria di antieroi buffi e sfigati che sembrano sempre riuscire rovinandosi nel finale dando, di fatto, continuità (ma molto attualizzata) alla commedia all'italiana. Qualche differenza ovviamente c'è, ma è una modifica secondaria.

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