Visto in Dvx.
In una Sydney sconvolta da un tempo
sempre più inclemente si consuma l’omicidio di un aborigeno; gli accusati
dell’assassinio sono un altro gruppo di aborigeni. Un’avvocato (che ha sogni
lucidi in cui vede personaggi che conoscerà solo successivamente) prende a
cuore la cosa e decide di difenderli entrando sempre più profondamente in un
ambiente che non ha mai abbandonato la tribalità anche in un contesto urbano.
Film di un Weir che si dimostra fin da
subito molto bravo a creare atmosfere sospese e surreali in ogni ambiente (a
vedere Hanging rock si può pensare che gioca facile creando il perturbante
nell'outback nell'800; ma qui riesce comunque nell'intento anche nella
britannica Sydney degli anni '70), dando vita ad uno dei film più bagnati
(sbaglio o l’umidità è un elemento molto sentito el cinema dell’oceania?) in cui
l’acqua diventa parte integrante della storia. Affascinante soprattutto perché
l’opera riesce ad essere assolutamente urbana e ancestrale nello stesso tempo.
Detto ciò i pregi del film finiscono.
Encomiabile l’idea di fondo (con una sorta di apocalisse moderna non del tutto
spiegata o spiegabile, solo da accettare), ma è gestita in maniera molto
ingenua e irritantemente didascalica, ogni svolta deve essere sottolineata
apertamente almeno un paio di volte sennò il film non va avanti.
Un film tutt'altro che perfetto che
portò sullo schermo (tra i primi) la cultura aborigena sostanzialmente
sconosciuta in Europa e che, oggigiorno, può essere apprezzato per vedere i
primi passi di un ottimo regista.
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