(Id.)
Visto qui.
Un ragazzo trova una cosa perduta sulla spiaggia. Questa cosa è un gigante di metallo con tentacoli animali. Cerca di capire cosa sia, la porta a casa e la nasconde. Vede una pubblicità del governo dove descrivono un ufficio cose perdute, prova ad andarci, ma viene fermato da un inserviente che gli suggerisce di non rimanere in quel palazzo e gli da un biglietto con cui troverà un altro luogo per la sua cosa perduta.
Shaun Tan lo conosco per alcuni suoi lavori cartacei, ma, guardando "Tsumiki no ie" ho scoperto aver messo su pellicola questo "La cosa smarrita".
Tan ha uno stile particolare; un disegno estremamente realistico, tondo, tridimensionale; crea mondi realistici, ma inverosimili, costellati da strutture semplici, ma impossibile con creature assurde, trattate in maniera consueta dai vari personaggi. I mondi che crea sono solitari, figli della memoria con cui condividono fogli ingialliti e l'idea di un passato che non può tornare; le storie raccontate sono semplicissime, banali, ma con elementi inconsueti e surreali e con un mood familiare e vagamente perturbante nello stesso momento. Ecco, questa opera prima è un giusto compendio cinematografico all'opera disegnata.
Il corto si avvale di un CG assolutamente impeccabile nella creazione delle strutture e degli oggetti (così come delle creature ibride meccaniche/biologiche), fallisce di più con gli esserei umani (caricaturali come da volontà dell'autore, ma eccessivamente falsi in un mondo iperreale). Nella costruzione della vicenda si avvale di una fastidiosa voce fuori campo, ma anche di una regia parca, ma precisa che sa utilizzare gli stilemi del fumetto per scopi cinematografici (le vignette che fungono da split screen).
Senza lodi eccessive, un buon corto, premiato con l'Oscar alla miglior short d'animazione.
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