lunedì 20 aprile 2020

Midsommar. Il villaggio dei dannati - Ari Aster (2019)

(Midsommar)

Visto su NowTv.

Un gruppo di amici decide di passare il solstizio d'estate nel villaggio svedese d'origine di uno di loro dove ci sono celebrazioni folkloristiche caratteristiche.
Assieme a loro si associa la ragazza di uno del gruppo; lei ha appena subito un lutto pesantissimo ed è presa malissimo, lui la vorrebbe lasciare già da tempo, ma non ne ha il coraggio e la relazione si trascina avanti in maniera frustrante per entrambi (e per il gruppo di amici che chiaramente la sopporta poco).

Ovviamente le celebrazioni del solstizio non saranno quelle che ci si potrebbe aspettare.
Al secondo film Aster si tuffa nel folk horror, pur mantenendo tutte le caratteristiche del precedente "Hereditary" (dettaglio che nei prossimi anni dimostrerà se si tratta di firma d'autore o limite tematico).
Come colpo d'occhio in realtà Aster tenta il percorso opposto al suo film precedente. L'altro era un film sovrannaturale che viveva di buio, di penombra e di dettagli nascosti, ma mostrati. Qui invece è un horror in pieno sole (giusto un paio di scene importanti sono al chiuso o di notte) con il bianco come colore dominante ed esplosioni floreali (il finale in mezzo ai fiori con il volto in lacrime e gli altri in bianco è da incorniciare), la ricchezza di dettagli c'è anche qui, ma in molti casi sono apertamente esposti (il tessuto che mostra le tecniche magiche per far innamorare), ma, ovviamente, quelli evidenti sono solo la punta dell'iceberg (ed è un gioco ricchissimo il cercare di scovarli ad una seconda visione).
Però molto è condiviso. La "famiglia naturale" come problema, la famiglia allargata come rifugio (disfunzionale) in cui poter vivere pienamente; il gioco con lo spettatore a cui vengono dati quasi tutti gli elementi per capire, ma non il modo in cui incastrarli; ecc...
Ovviamente a tutto questo si abbina la solita cura nella messa in scena, con un'ambientazione ragionatissima e la fotografia splendidamente curata a cui ci ha già abituati.

L'effetto finale è straniante e interessante. Lontano dalla perfezione prettamente horror di "Hereditary" qui siamo di fronte ad altro. Il genere horror si presta da sempre ad essere declinato verso altre tematiche (come quello sociale alla Romero); qui Aster utilizza il genere per mostrare un'elaborazione del lutto e la presa di coscienza di una donna nei confronti delle zavorre della sua vita. Di fatto un dramma psicologico giocato sul terreno dell'horror che ha il suo picco nel finale, congruo con l'andamento di tutto il film, ma nello stesso momento estremamente metaforico.
Indubbiamente più complesso, ma, di conseguenza, meno efficace del precedente.
Va però encomiata l'enorme capacità di creare immagini potenti, anche con elementi complessi arrivando a sfiorare il ridicolo senza mai cadervi apertmente.

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