lunedì 28 gennaio 2013

Donkey punch - Oliver Blackburn (2008)

(Id.)

Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato.

Dicesi Donkey Punch la pratica sessuale per cui alla donna, presa da recto, si applica un grattone a livello cervicale nel momento dell’acme del rapporto, affinchè la possente pacca faccia perdere conoscenza alla partner causando una contrazione del pavimento pelvico che aumenti il piacere dell’uomo… non si sa bene se faccia piacere anche alla donna, ma tant'è.
Da una base così profonda le possibilità di vedere un gran film non erano esattamente ai massimi livelli. Eppure…
Tre ragazze inglesi in libera uscita in Spagna incontrano quattro ragazzi inglesi che le ospitano sullo yacht che utilizzano; li la droga la farà da padrona, così come il sesso e dunque l’inevitabile applicazione del titolo. C’è bisogno di dire che il donkey punch avrà conseguenze estreme? Non credo. Ciò che ne vien fuori dopo è un gioco al massacro fra i componenti del gruppo, ognuno più o meno normale, ognuno con la propria buona ragione per comportarsi in quel modo, ognuno che reagisce al panico in maniera diversa.

Quello che bisogna dire subito è che il film vira verso il thriller splatter fin da subito. Detto ciò voglio aggiungere che in questa nicchia è un grande film. Nel cinema assoluto è invece un film buono. La tensione è decisamente ottimale, l’inquietante si palesa fin dall'inizio, ma niente viene concesso per almeno mezzora, il film si prepara lentamente mostrando le personalità dei protagonisti solo per disattendere le aspettative poco dopo. Una volta che il casino si compie invece non ce n’è più per nessuno e si scatena un homo homini lupus straordinario, preciso, fantasioso nel mischiare continuamente le carte e nei modi di finir male. Per gli amanti del genere sarà uno spasso.

Per chi non ama il genere posso rimettermi giacca e cravatta e commentare positivamente una fotografia ragionata ed esteticamente bella; posso sottolineare l’ottima regia considerando gli spazi angusti offerti dalla barca; ma soprattutto un applauso per l’uso dell’ambiente che avrebbe soddisfatto anche Hitchcock, senza esagerare lo yacht diventa parte integrante della storia rappresentando di volta in volta, una prigione, una via di fuga, un mezzo per chiedere aiuto, uno strumento di morte, tutto viene usato dalla sala motori, al gommone di salvataggio (a conti fatti è proprio questo che Hitchcock considerava come l’uso drammatico dell’ambiente).
Si insomma complessivamente un (inaspettato) ottimo film di genere.

Nessun commento: