Visto al cinema.
Un battitore d’asta con evidenti problemi di socialità viene
assunto da una ragazza per la vendita dei mobili dei genitori. Il battitore
accetterà il lavoro senza mai vedere la ragazza che, scoprirà in seguito che la
proprietaria della casa soffre di agorafobia e che si rinchiude in una stanza
segreta della villa quando entra il personale della casa d’asta; tra i due si
instaurerà un rapporto che va oltre il professionale…
Ovviamente non è tutto qui, fin dall'inizio si respira un
aura di mistero e di ambiente disturbante. Di più non si può dire.
Di per se la storia non è niente di originale (SPOILER ALERT)
neppure il colpo di scena finale è un’idea innovativa (già visto con gusto in “Complotto per un uomo solo” o “Il genio della truffa” per fare un paio di esempi)
(SPOILER ALERT FINITO).
Quello che però risulta vincente è l’ambientazione.
L’idea della casa d’aste e dell’antiquariato come mondo asettico e vecchio di
per se, un ambiente dove il falso e il particolare si nascondono anche dietro a
pezzi di legno ammuffito, rende perfettamente il tono dell’intero film e risulta
una parabola perfetta per descrivere contemporaneamente sia la trama che l’animo
del protagonista. Ecco il protagonista è proprio l’altra buona idea; un
personaggio non originale, ma ben scritto, interpretato impeccabilmente da
Geoffrey Rush che viene previsto in ogni singola inquadratura mangiandosi tutto
il resto (peccato per un Sutherland obbiettivamente sprecato), tutto tranne l’ambiente.
Tornatore in questo senso azzecca tutto, location, cast,
musiche, ritmo, tono e anche la regia, geometrica, spesso simmetrica, sempre
impeccabile, proprio come il protagonista. Un film affascinante dall'inizio
alla fine.
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