Visto i Dvx.
Risi ripercorre il ventennio
fascista nell'unico modo possibile, niente acrimonia o partigianeria di rito,
niente amarcord nostalgico (non si sa mai di come la può pensare uno), di fatto
mostra l’epoca nazista per quello che è stata, una farsa. Il fascismo, prima
ancora di divenire un gioco al massacro, è stato un enorme baraccone che
distribuisse circenses più che panem, ma che di fatto incarnava esattamente ciò
che era l’Italia d’allora. Niente rimpianti quindi, niente rabbia postuma, una
constatazione che quelli eravamo noi, ma mostrati con tutta l’ironia che merita
un progetto del genere.
Il film soffre un poco del ritmo episodico
della trama e, di per se simpatico, non dice molto di più ad uno spettatore,
niente colpi di genio o messe in scena sensazionali. Il motivo per cui il film
si salva (e può venir ricordato) è la carrellata di improbabili personaggi,
tutte macchiette costruite su un luogo comune, tutte calzanti e infuse di vita
propria; il Pozzetto fascista da operetta; l’inevitabile Gassman
nell'inevitabile parte del famoso ed osannato viveur tronfio e vanitoso quanto incapace e paraculo; ma su tutti merita un encomio Tognazzi nella
parte dello stronzo più bieco finora mostrato al cinema, talmente orribile
(tanto esteticamente, quanto interiormente, in un’idea quanto mai cartonistica
nella costruzione del personaggio) da essere disprezzato persino dai nazisti
che aiuta.
La protagonista, di per se non
entusiasmante, alla lunga si imprime nella memoria per la sua totale passività
agli eventi; lei è stata educata all'avidità e si muove, con assoluta onestà
intellettuale verso chi le offre di più, totalmente indifferente ai sentimenti
degli altri tanto quanto dei proprio. Solo Virzì, molto dopo, avrà il coraggio
di creare un personaggio così algido ed ingenuo.
Complessivamente un’opera simpatica,
che avrebbe potuto essere migliore se oltre alla trama ci fosse stata qualche
idea in più.
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