Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.
Un produttore
di Hollywood ridotto male cerca disperatamente di contattare una vecchia star
(con cui ebbe una rapidissima avventura decenni prima) ormai in clausura da
anni per sottoporle una sceneggiatura, sperando che accetti di recitare nel
film che dovrebbe salvarlo economicamente. Tentando di approcciarsi all'attrice
(la Fedora del titolo) si rende conto che la donna (rimasta giovane in maniera
innaturale grazie agli interventi
sperimentali di un chirurgo che non la lascia mai sola) è circondata da
un corteo di strane figure che sembrano essere quantomeno coercitive, se non
addirittura causa di una follia degenerante.
Curioso esempio
di film contro Hollywood a 28 anni di distanza da “Viale del tramonto” (film
di cui condivide anche il protagonista). Del film degli anni ’50 però questo
“Fedora” ha ben poco. La trama affascinante nella struttura di base si fa via
via sempre più assurda e sembra che le occasioni offerte dall'idea siano più
sprecate che sfruttate. Una regia tecnica, ma piuttosto canonica e una
fotografia molto deteriorata (che fosse così in origine dato il low budget o
che ci sia bisogno di un restauro?) no aiutano a far recuperare punti.
Nell'idea originale le parti da protagoniste avrebbero dovuto essere affidate alla Dietrich e Farrow, guadagnandoci certamente in fascino (e probabilmente anche in impegno), ma certamente non risollevando il film in toto. Vi sono in compenso le comparsate di Fonda e York nella parte di sé stessi.
La china
discendente di Wilder sembra riprendere un poco fiato, ma le glorie del passato
sono ancora distanti.
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