(The lion in winter)
Visto in Dvx.
Re Enrico II deve decidere a quale dei suoi tre figli lasciare il regno dopo la sua morte, due li odio (e ne è odiato di rimando) il terzo è un idiota. Organizza quindi un Natale in famiglia, con i tre successori e la moglie (da anni reclusa in un castello in Inghilterra) per discutere (e litigare) sulla successione.
Opera teatrale magnifica, dall'andamento forsennato e dallo stampo sulfureo, un gioco di intrighi di palazzo continui, spesso poco chiari, ma sempre piuttosto aggressivi e dolorosi per una delle parti in gioco. Un film fatto di lunghi duelli verbali (non dialoghi; dire che quelli sono dialoghi è un eufemismo) e di prove di recitazione sopra le righe.
La coppia di attori protagonisti è da applausi a priori, un O'Toole e una Hepburn che litigano per stabilire chi dei due riesce ad essere più estremo senza scadere nel macchiettistico. Tra i figli c'è un giovane e oscuro Hopkins già bravo anche se, forse, un pò troppo carico.
Ovviamente la regia si appoggia tutta sugli attori (e non potrebbe fare altrimenti), indugiando sui volti e sui gesti più che sui luoghi.
Risulta evidente fin dall'inizio che il film può finire solo con una tragedia o con un nulla di fatto; ma la scena finale del saluto tra i due protagonisti mi sembra rivelatrice, alla fine si è trattato solo di un gioco, un lungo gioco distruttivo fatto da due giocatori troppo competitivi.
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