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Visto in Dvx.
Una novizia che sta per prender ei voti di clausura, va a salutare lo zio (l'unico parente rimastole che l'ha mantenuta fino a quel momento) prima di separarsi dal mondo. La decisione di salutare lo zio non è una cosa così immediata, data una viscerale repulsione che lei prova per il parente.
Durante la permanenza a casa dello zio, lui la seda nel tentativo, non andato a buon fine, di violentarla. Per quanto il gesto sia terribile, l'intento sarebbe stato quello di costringerla a sposarlo data l'infatuazione dell'anziano. Lei ne rimane sconvolta, ma lui di più e si uccide. Lei erediterà parte die beni, assieme al proprio cugino, ma per sfruttarli decide di non prendere più i voti e aprire la magione ai poveri del paese; neanche questa decisione che non andrà a buon fine.
Per quel poco che lo conosco, questo film è uno dei più godibili di Buñuel; non lesina in simbolismo, contorcimenti psicologici o chiacchiericcio ricco di spiegazioni non necessarie, ma la storia riesce a fluire indipendente da tutto il sovraccarico e gli eventi si dipanano con grazia.
I simbolismi (dettagli fondamentali del film) sono continui, ma spesso poco invasivi, quando invece è pesantemente evidente l'intento allegorico spesso è esteticamente appagante (su tutti la corona di spine che brucia nel finale); personalmente ho trovato esagerata e stucchevole solo la reinterpretazione dell'ultima cena, esageratamente urlata in faccia allo spettatore.
Il film inoltre, al di là di un vago anticlericalismo (più preteso dai critici, a mio avviso, dato che in questo film ne ho visto meno che in molti altri), è un'affresco grottesco sulle tenebre dell'animo umano; viene presentata la storia di una santa in pectore circondata da una serie di personaggi coerenti, ma pessimi, ognuno egocentrico e facile a lasciarsi andare a gesti immorali; una mancanza generalizzata di buon cuore in cui la parte del leone la fanno proprio quei poveri che lei vorrebbe salvare (se posso direi che era ora che Buñuel uscisse dal politicamente corretto socialista). Una mancanza di cuore che però è rivolta solo agli esseri umani, dato l'interesse per gli animali che un paio di personaggi riescono ancora a provare.
Dal punto di vista della regia Buñuel regala tre parti importanti. Una regia di un dinamismo elegante che non avevo mai notato nel regista spagnolo. Una fotografia in bianco e nero densa e interessante. Una cura per il contenuto delle scene mostrate anche maggiore che nei suoi precedenti lavori (basterebbe la notevole costruzione dell'angelus dei poveri nel prato dove montaggio, inquadrature e fotografia sono un tutt'uno con il contenuto; dal lato opposto si pensi invece allo zio che cerca di violare la nipote sedata e vestita da suora mentre la bambina li spia dalla finestra... applausi per il grado di weirditudine raggiunto senza colpo ferire).
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