(All dogs go to Heaven)
Visto in tv.
Un cane viene fregato dal suo socio in affari (scommesse e bische clandestine) che lo fa uccidere; per un sotterfugio riesce a fuggire dal paradiso e tornare sulla terra dove rapisce una bambina (che sa parlare con gli animali e che il suo socio teneva segregata per sapere in anticipo chi avrebbe vinto nelle gare fra topi) e cerca di rifarsi il budget. Le aspettative della bambina e il suo amico di sempre lo riporteranno sulla retta via.
Film anti-disney realizzato dall'esperto migrante (dalla compagnia di Walt) Don Bluth. Dei film di Bluth ha tutte le caratteristiche fondamentali; un disegno classico e ricco di depressione (giuro, mi basta vedere qualche scena di un suo film per entrare in un mood di tristezza duraturo), una storia oscura, personaggi vessati o ambigui, temi adulti trattati con disinvoltura.
Di fatto i film di Bluth sono importanti per fare da contraltare a un industria dell'animazione americana che all'epoca era quasi totalmente appiattita verso le aspettative più infantili e aderente alla Disney più classica. Curiosamente Bluth, proprio per tornare a un preteso classicismo si staccò dalla ditta di Walt e cominciò a produrre i suoi lavori.
L'effetto finale, dunque, è sempre interessante e in questo caso non è da meno. Con semplicità e e una certa dose di sfrontatezza riesce a mettere in un film per bambini (con i modi giusti e un mood incredibilmente tetro) la morte, le attività illecite della malavita, rapimenti e sfruttamento.
Quello che però manca è una sua decisa sterzata dal canone dineyano; non riesce ad avere canzoni accettabili, ma le vuole mettere lo stesso, non riesce ad avere un immaginario indipendente, non riesce (soprattutto) a creare una storia complessa mantenendo il ritmo, ma decide di andare comunque avanti per la propria strada. Inevitabile, quindi, la noia.
Comunque qui si rimane sempre fan di Bluth.
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