(Simón del desierto)
Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in italiano.
Un anacoreta stilita, umile e genuinamente religioso è il fiore all'occhiello della comunità locale che verte attorno a lui con una fede più di facciata che altro. Il santo, amante delle privazioni e della sofferenza per raggiungere il cielo sarà preso di mira dal diavolo che lo tenterà in ogni modo fino all'ultimo tentativo trasportandolo negli anni '60 senza religiosità di un locale per giovani.
Film incompiuto per problemi di budget che vanta quindi un minutaggio striminzito, ma non perde assolutamente nel significato. La parte tolta era un ritorno del diavolo sulla colonna dello stilita per portare i fedeli al peccato.
Il film è qualitativamente molto buono, con un Buñuel che sfrutta bene l'inusuale location con inquadrature oblique e molto mobili. La trama si svolge con una serie di sequenze disgiunte, ma ben cucite insieme che si caratterizzano dalla placida serenità del sant'uomo anche se costantemente messo di fronte all'ironia dovuta alle sue scelte eccessive (che rimangono gesti vuoti) o all'effetto solo superficiale che riesce a ottenere sui fedeli. L'ironia di Buñuel qui è decisamente meno virulenta che nei precedenti suoi film religiosi e soprattutto "Viridiana" (che gli causò il secondo esilio e lo stimolò a fare proprio questo film), ma non per questo meno efficace, anzi, rinunciando a molti simboli riesce decisamente in maniera più efficace.
Finale più oscuro (per me) che difficilmente si può interpretare come disillusione sulla modernità (Buñuel è sempre stato ironico fino all'eccesso e in questo film in maniera particolare), ma che viene facilmente spiegato dallo stop improvviso delle riprese.
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