(The man who stare at goats)
Visto al cinema.
E' sorprendente la capacità degli statunitensi di fare autoironia, ben fatta, anche su temi seri e recenti; ed è incredibile come riescano sempre a correlarla con parti della loro storia passata altrettanto ambigue.
Certamente non è un film serio questo, ma fa ridere il giusto e mostra lati seri il giusto. Fino alla fine lascia in bilico tra il dimostrare una tesi (la realtà dei fenomeni psichici descritti) e abbatterla (peccato per il finale che, invece, prende una posizione). Heslov si muove con disinvoltura tra paesaggi splendidi, immagini della contemporaneità (l'Iraq) ed immagini reiterate da sempre dal cinema americano (gli hippies ad esempio) incastrandole con maestria; sfrutta il tema metafisico per usare la macchina da presa in modi inusuali, per far entrare od uscire i personaggi da un'inquadratura in modi impossibili, in poche parole Heslov si adatta al racconto favorendolo con le immagini.
Clooney e Bridges gigioneggiano come al solito ma in maniera estremamente adatta, McGregor fa l'impacciato bene come al solito e Spacey sarebbe credibile anche leggendo l'elenco del telefono, figuriamoci recitando in una commedia.
Un encomio ai truccatori che sono riusciti ad invecchiare tutti gli attori in maniera credibilissima (o forse li hanno ringiovaniti in maniera credibilissima nei flashbacks, comunque un encomio va fatto).
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