(Id.)
Visto al Festival di Cinema Africano (in concorso), in lingua originale sottotitolato.
Una ragazza del Ciad va ad abitare con alcuni conoscenti indiretti della sua famiglia a Parigi per ptoer studiare; ma una volta arrivata le verranno tolti i documenti e sarà costretta a lavorare per la moglie del ricco proprietario.
Film di denuncia di questa schiavitù moderna, come spesso nei film di denuncia, specie se opere prime, specie se senza molti mezzi, la qualità è bassissima. Il vero problema è la sceneggiatura, ovvia, piatta, senza psicologie, ma soprattutto con frasi ripetitive, concetti urlati, scene troppo lunghe; in mano a qualcuno di più competente il film sarebbe potuto essere un cortometraggio di denuncia.
Data la disfatta totale, al regista si può imputare l'incompetenza nel gestire i tempi e il ritmo, ma niente di più.
Certo, è un'opera prima di un paese che non ha un'industria cinematografica e la cosa deve far piacere, ma come tale deve essere giudicato.
Il film è stato anticipato da un corto "Jonah" di Kibwe Tavares. In una Zanzibar con turisti, ma mai abbastanza, due giovani riescono a fotografare un pesce gigantesco, attireranno un turismo selvaggio e una volta invecchiati uno dei due tornerà a cercare la creatura. Film che non ho capito fino in fondo (la lunga sequenza finale in rewind?), ma che è eccezionalmente bello; come in molti casi quest'anno, una fotografia molto curata, un buon uso delle inquadrature, ma soprattutto (cosa che non succede sempre) un uso esteticamente impeccabile degli effetti speciali.
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