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Visto al Festival di Cinema Africano (fuori concorso).
1991, un etiope torna a trovare i parenti sul Lago Tana dopo anni di emigrazione in Germania. Tornato dovrà affrontare l'astio del fratello rimasto, lo stato di tensione generalizzata in cui è caduta l'Etiopia per la guerra e la dittatura, i rapporti con una donna ripudiata, ma soprattutto i ricordi del passato (il periodo tedesco, il suo ritorno in Etiopia senza avvertire la famiglia, la fuga di nuovo in Germania).
La trama è un pò tutta qua, ma è anche molto di più, il film è complesso mischiando insieme seuqenze disgiunte, momenti onirici e flashback ai fatti principali. Per tutta la prima parte non racconta quasi nulla, ma mostra il ritorno di quest'uomo e una sequenza di scene di quello che succede, senza soluzione di continuità; non c'è una trama, ma un accumulo di immagini, una serie di fatti che danno una sensazione più che raccontare qualcosa, e questa parte gli riesce benissimo. Nella seconda parte quando i flashback prendono il sopravvento la storia acquista struttura e perde i poesia.
Le immagini non sono patinate, ma la fotografia è evidentemente ragionata date le differenze di stile fra le sequenze ambientate in ambienti e periodi diversi; c'è una cura dell'immagine soprattutto nelle ampie scene in esterni in Etiopia; c'è anche un pò di gestione espressionistica delle luci con il viraggio in rosso in alcuni momenti (per lo più di profondo stress, ma non solo).
A questo si somma una regia decisamente buona, con inquadrature molto variegate per le stesse sequenze e un uso del montaggio che è il vero fiore all'occhiello del film: ci sono montaggi secchi e scarni per dare velocità; c'è del montaggio rapido per dare ritmo (le domande che incalzano il protagonista durante la festa per il suo ritorno); c'è il montaggio delle attrazioni (l'omicidio dell'amico montato con l'abbattimento di una mucca); c'è la sostituzione/sovrapposizione, tramite stacchi rapidissimi (sostituzione/sovrapposizione di un ragazzo in fuga con il protagonista bambino o dell'amico morto con suo figlio).
In più c'è una serie di intenti e di significati piuttosto variegato. Forse l'argomento principale è sul concetto di identità; il protagonista torna per cercare una propria identità che gli viene continuamente negata dal fratello, quando torna nell'Etiopia degli anni '80 gli viene contestata la sua identità di comunista, quando torna in Germania subisce un'aggressione a causa della sua identità di nero; il discorso di identità e appartenenza è quello che segna la moglie tedesca ed il figlio dell'amico, ecc...
Ma c'è molto di più.
Inoltre nei lunghi flashback si riesce a mostrare un pezzo della storia recente dell'Etiopia senza scadere troppo nel classico film storiografico.
Il minutaggio è importante (circa due ore e venti) e il ritmo è altalenante, ma se ci si lascia prendere la noia non arriva mai.
Da sottolineare l'incipit che, come sempre nei film di Gerima, mostra un pezzo d'arte (in questo caso dei dipinti) con una voce fuori campo che declama.
Questo è un film che ha vinto a Venezia (ma ha vinto pure al FESPACO), quindi si può trovare pure in DVD. Un peccato che siano difficilissimi da recuperare gli altri film di questo autore.
PS: il titolo significa rugiada o rugiada del mattino, perché la rugiada è qualcosa di estremamente labile, ma anche pervicace e per quanto scompaia velocemente il giorno dopo torna sempre.
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