(Letter from an unknown woman)
Visto in DVD. Nella solita Vienna d’inizio novecento una ragazzetta si innamora di un giovane vicino di casa, musicista dalla vita sregolata, ma dal talento ineccepibile. Lei lo seguirà da distante, innamorata, ma timida, senza interferire nelle sue avventure galanti o nella sua vita obliqua… poi una sera, anni dopo, sarà lui ad avvicinarsi a lei, si ameranno, ma solo per un poco, lei rimarrà incinta e lui sarà già fuggito; eppurelei continuerà ad amarlo; lo incontrerà anni dopo, quando lei sarà sposata e con una vita borghese magnificamente avviata (non mi si fraintenda, la vita borghese non in senso dispregiativo), lei lo rivede, si riaccende il suo amore ed è immediatamente disposta ad abbandonare tutto…
Il film, tutto presentato in flashback, che a mio avviso danno un poco più di dinamicità alla vicenda; è un inno gigantesco all’amour fou, amore estremo, ma sincero e nascosto, disposto a sopportare ogni cosa per poterlo avere.
La regia di Ophüls è quella standard, fatti di carrelli e piani sequenza, ma in questo caso il regista si trattiene, e realizza panoramiche e movimenti di amcchina più brevi e slanciati, più asciutto e quindi più efficace.
Il vero punto negativo del film è proprio nella storia. Al di la della contestabile teoria di base (lei è l’esempio perfetto della donna succube, non innamorata, ma accecata; oltre al fatto che lei si innamora solo perché lui è il figo locale, artistoide e maudit), la storia si muove in un enfasi eccessiva, in un formalismo romantico veramente troppo intenso, specie nel drammatico finale; non c’è nessun momento che risulti completamente autentico e nessun episodio che appaia minimamente dinamico.
Ophüls vince, il film no.
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