(Id.)
Visto in VHS.
Un tecnico del suono viaggia dalla Germania al Portogallo per cercare un suo amico regista a cui deve dare una mano per la realizzazione di un documentario su Lisbona. Una volta giunto sul posto non lo troverà, rinverrà però il suo lavoro, attraverso il quale ricostruirà il suo peregrinare attraverso la capitale portoghese…
Il film comincia da dio. Inaspettatamente per un film di Wenders è immediatamente virato verso la commedia (quasi cartoonesca nelle disavventure con la macchina) con qualche venatura di quell’ottimismo pan-europeo figlio di Schengen. E li, in quel momento, il film funziona. E la cosa è strana perché riesce a farsi seguire senza noia anche se mostra semplicemente il lento rivelarsi della relatà portoghese agli occhi di un tedesco, si mostrano gli ultimi giorni noti del regista e si mette in scena un po del lavoro di un tecnico del suono. Niente di esaltante, ma il tutto è presentato nella luce giusta…
Poi l’amico regista viene trovato… e li il film diventa wendersiano per davvero; si fa intellettuale, tutto proteso a spiegare i massimi sistemi, sul significato del cinema, sulla non affidabilità delle immagini come mezzo di comunicazione, e altre altissime teorie che affossano ritmo e storia ammazzando in colpo solo tutto il buon lavoro fatto fina a quel punto.
In definitiva un film inutile, che nell’esigenza di voler essere profondo perde ogni filo del discorso possibile.
PS: comparsata di un ottantenne de Oliveira che saltabecca per una strada vestito da Chaplin (!).
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