(O convento)
Visto di DVD. Malkovich gira va in un monastero in Portogallo cercando le prove del fatto che Shakespeare fosse un ebrei spagnolo. Viaggia in compagnia della moglie con la quale non ha più argomenti in comune e vengono accolti da un paio di figuri che rappresentano il diavolo e l’acqua santa già dal modo di vestire giusto per ulrare “METAFORA!” fin dalle prime scene (l’uomo è vestito come Dylan Dog, mentre la ragazza come una suora laica).
I misteri del convento è un film di Oliveria classico, presenta quindi sostanzialmente gli stessi difetti di “La lettera”. Qualche importante differenza però ce l’ha.
Intanto la storia è più incasinata, in teoria sarebbe più interessante, ma è sfiancata dai discorsi tracotanti e criptici, antinaturalistici come un quadro di Kandisky e ripiegati su se stessi fino allo sfinimento. Poi ha pure qualche un fare enfatico generale, dato dal tono generale e dall’uso della musica da film horror ma senza motivo, come anche dai discorsi tendenti al satanismo all’acqua di rose senza neppure un mezzo demone (fosse anche morale). Poi c’è un Luis Miguel Cintra che dovrebbe essere l’oscuro e misterioso tombeur des femmes dall’inferno… il che mi pare improponibile per uno che sembra il mio salumerie travestito da Piton per carnevale.
Di positivo però c’è una recitazione all’altezza di un film decente e una cura particolare per le location e, soprattutto, per la fotografia (finalmente un film di Oliveria che assomiglia ad un film, con le sequenze ambientate nella foresta che hanno colori fantastici).
Complessivamente il film è noioso, inguardabile e talmente pieno di se che potrebbe esplodere; aggravato da un’idea generale di inquietare e filosofeggiare sul male che rende ancora più ridicolo il fallimento e più anempatico il tutto.
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