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Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese. Una ragazza, Perdita Durango, dal passato duro che la resa anch’essa piuttosto dura, incontra un santero pazzo con il vizio dei lavori illegali (chessò, dico la prima cosa che mi viene in mente; trasportare feti umani ad una ditta di cosmetici a Las Vegas) e se ne innamora. Prima di ogni misisone, la coppia, deve sacrificare qualche umano (cadavere o vivente) ai suoi dei, prima dell’ultima missione purtroppo succede un po di casino, sono costretti a fuggire portandosi dietro i due ragazzotti che avevano rapito per il sacrificio.
Primo film americano di de la Iglesia, che per l’occasione utilizza i topoi classici degli USA, il road movie, gli ampi spazi, la storia d’amore ecc; ma non rinuncia ai proprio, l’ispanicità, il sangue che scorre spesso (le scene cruenti non mancano di certo e arriva pure a mostrare l’omicidio di due bambini; e siamo solo negli anni ’90!), l’amoralità dei protagonisti, la società in cui sono immersi che è amorale quanto loro (o troppo stupida per esserlo). Se nella storia il regista ci ha messo se stesso, nella regia invece rimane in disparte; niente svolazzi strappa applausi, ma neppure l’originalità e la sicurezza del mezzo che utilizza anche soltanto nel precedente El dia de la bestia.
Per carità il film è dinamico e divertente e certo non è più puritano degli altri (ripeto, ammazzano bambini e tagliano cadaveri come bere un gingerino), però non funziona, risulta confuso, pretenzioso, senza idee originali che non siano palesemente della pacchianate alla Rodriguez (no dico, il carico di feti per l’industria farmaceutica chi poteva pensarlo?!). Complessivamente il film non riesce mai a creare atmosfere realmente disturbanti, cupe o inquietanti (come invece riescono a fare gli altri film del regista nei momenti migliori), al massimo fa arredamento kitsch.
Bardem, nella parte del santero, è sensazionale, sempre credibile qualunque cosa faccia, dallo stupro con la ragazzina, allo squartamento di cadaveri, dalla lotta corpo a corpo allo sputare in faccia sangue alla gente dopo aver mangiato un cuore; riesce a fare tutto e a sembrare sempre e comunque autentico, neanche da dire che rubi completamente la scena alla tenutaria del titolo (e un bravo pure a Gandolfini).
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