Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in inglese.
Grande depressione, un uomo (Paul Muni),
uno dei tanti lasciati a piedi dalla crisi, rimane coinvolto in una rapina e
viene considerato colpevole (bisogna ammettere che un paio di prove le aveva
contro) e condannato ai lavori forzati. Inizia a questo punto la prima parte
del film con una descrizione meticolosa della durissima vita nelle carceri e
con essa la descrizione della voglia di libertà dei detenuti. Da questa voglia
Muni riesce a trarne il meglio, una via di fuga, riesce a scappare dal carcere
e rifugiarsi in un altro stato, dove troverà una nuova identità, l’amore, il
rispetto della società e la fama. Il passato però torna sempre e Muni patteggia
una lieve pena detentiva se si costituisce nuovamente, a malincuore cede, ora
cittadino onesto e stimato, per poter pulire completamente il proprio passato.
Una volta in carcere però la fine della pene viene costantemente prorogata
nonostante i tentativi di farla finire subito… Muni si vedrà costretto a d evadere
nuovamente, ma ormai la sua identità, la sua faccia, sono conosciute e la sua
vita sarà rovinata per sempre.
Solidissimo film carcerario diretto da
un LeRoy che sembra bruciato dal fuoco della denuncia sociale, tanto rimarca le
condizioni dei carcerati e si muove con fare sicura fra i vari genere che il
film incontra. Certo la trama non è scevra di qualche ipocrisia all'americana
(il self made man che se lasciato libero di mostrare le proprie capacità
dimostra d’essere degno di pubblica stima e d’essere un uomo buono), ma che
tutto sommato relega queste regole in un ambito piuttosto limitato e si dibatte
soprattutto per far uscire il dramma della situazione.
Poi c’è Paul Muni… Paul Muni è uno dei
vari attori che mi infastidisce a pelle, non c’è un motivo, ma la sua faccia mi
irrita… eppure ogni volta che lo vedo dopo pochi minuti dimentico il disturbo
che mi provoca e rimango catturato dal personaggio; e anche stavolta non è
andata diversamente; inutile dire quindi che Muni, sulla scena, è un gigantesco
performer.
Complessivamente il film può risultare
un poco stucchevole, ma se ci si lascia coinvolgere dalla vicenda, non si può
rimanere inerti. Se si arrivo poi alla scena finale non si può non rimanere
estasiati; incredibile come diventi d’antologia del cinema una sequenza di una
semplicità imbarazzante con un Paul Muni con il viso stravolto che arretra
lentamente venendo inghiottito dalle tenebre dicendo soltanto “I steal”. Un
film riassunto tutto in una dissolvenza. Bellissimo.
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