Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato.
In una caldissima giornata nel
Brooklyn si muovono personaggi di quartiere tra i più vari, tutti intenti
alle loro pratiche quotidiane senza apparenti cambiamenti dal solito. Sarà il
caldo, o saranno i continui rapporti conflittuali arrivati ad un’inevitabile
fine oppure solo il destino, ma le tensioni razziali che si respirano
quotidianamente esplodono in una rivolta vera e propria.
Spike Lee costruisce un film corale che
più che a Woody Allen (ad inizio carriera era stato affiancato al regista
newyorkese) fanno pensare ad Altman, con una serie di coprotagonisti non
sconfitti, ma abituati allo status quo che non mettono più in discussione,
senza sogni particolari se non l’arrivare a fine giornata; il regista per se si
ritaglia uno dei personaggi più miseri (emotivamente e culturalmente) dando pure
una buona prova d’attore.
Come stile di regia ancora invece
guarda apertamente agli anni ’40, con un uso della prospettiva,
dell’inquadratura sghemba, del movimento di camera, della costruzione delle
scene che sembra riecheggiare un “Terzo uomo” o un “Citizen Kane” calati nella cultura pop e nei colori chiassosi degli
anni ’80.
Questo non è un film perfetto (i
personaggi fanno colore, ma non si legano mai del tutto, la sceneggiatura ha
qualche piccola zoppia nei dialoghi e tutto sommato non c’è molta empatia), ma
un’opera da vedere assolutamente.
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