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Visto al Festival di Cinema Africano (fuori concorso).
Il film è stato presentato come evento speciale alla memoria di Sotiqui Kouyaté, uno degli attori africani (neri, sennò ci stava anche Charlize Theron nel novero) scomparso nell'Aprile di quest'anno. Questo è stato il suo ultimo film.
Dopo gli attentati del 7 luglio a Londra, una madre (Brenda Blethyn) rimasta senza marito non riceve più notizie dalla figlia. Spaventata decide di andare a cercarla. Una volta giunta alla casa della figlia inizierà a scoprire lati di lei che non conosceva (conviveva con un ragazzo africano, stava studiando l'arabo e frequentava la moschea), mentre sempre di più le serpeggia la certezza che sia morta durante gli attentati. Nel frattempo anche il padre del ragazzo sta cercando notizie del figlio, dopo le prime diffidenze, i due si uniranno nella disperata ricerca.
Classico melodrammone dai risvolti sociali (i soliti discorsi sulla diversità e sull'accettazione) e realizzato con la sempre più odiosa camera a mano... però devo ammetterlo, i drammi inglesi mi conquistano sempre. Sarà la loro verosimiglianza, il loro voler sembrare autentici il più possibile (ecco perchè usano la camra a mano fino allo spasimo), sarà Brenda Blethyn che nelle parti di madre disperata è sempre bravissima, sarà che i drammi inglesi non sono mai consolatori. Anche in questo caso l'accettazione del diverso (che in un film americano, o italiano, sarebbe stato il finale morale prima dell'happy ending) è sostanzialmente inutile, le cose non cambiano, e l'intero film si può riassumere nelle due scene finali; da una parte Kouyaté che da ordine di abbattere uno dei suoi amati olmi, quasi senza combattere; nell'altra la Blethyn che, tornata a casa, zappa la terra, in un impeto disperato, che sembra quasi voler fare del male al terreno, da sola, senza possibilità d'essere aiutata.
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