(Targets)
Visto in DVD.
Un vecchio attore horror, ormai in disuso, anzi peggio, ripiegato nelle stesse parti di sempre nonostante l’età decide di abbandonare la scena, ma prima si permette il lusso di una comparsata ad un drive in dove proiettano il suo ultimo film… peccato che anche un maniaco abbia deciso di andarci (in realtà ci finisce per sbaglio) e decida di continuare li la sua strage.
Diciamolo subito, l’attore che interpreta l’anziano attore horror è un Boris Karloff ormai anziano… già questo dovrebbe bastare; se poi ci si aggiunge che Karloff si prende la briga di recitare benissimo, senza togliere alcuni tocchi autoironici (si spaventa guardandosi allo specchio perché “come vuoi che reagisca svegliandomi e trovandomi di fianco Byron Orloc?”) o sequenze da antologia classica (il momento in cui racconta la storia di Samarcanda di Vecchioni, che in realtà è una storiella gotica), nel finale poi c’è questo momento meta-tutto impagabile con Karloff che si avvicina al maniaco da un alto, mentre dal alto opposto il Karloff del film fa la stessa cosa… ma bisogna vederlo per capire.
Allora, se da una parte il film racconta questo progetto nostalgia dei bei tempi del cinema (mentre c’è Karloff in scena si omaggiano pure Price, con il regista che insiste nel proporre la sceneggiatura a Karloff che rifiuata e alla fine sbotta “finirò per proporre questa sceneggiatura a Vincet Price”; Hawks con una lunga sequenza di “Codice penale” con Karloff stesso; o Roger Corman con tutti i titoli di testa posti sulla sequenza finale di “La vergine di cera” che sarà poi proiettata al drive in; ma anche il nome stesso del personaggio interpretato da Karloff, che è Orloc, cita il Conte protagonista di “Nosferatu”), dall’altro mostra la storia di un ragazzo bloccato in una vita castrante e sottilmente violenta che esplode in un progetto di massacro casuale che dimostri le sue doti di tiratore. Ecco, se le sequenze con Karloff sono un progetto nostalgia riuscito, le parti dell’omicida sono un piccolo gioello di regia, con una macchina da presa fluida e originale con idee assolutamente nuove (come la luce della sigaretta nella camera da letto buia).
Nell’insieme però il film non funziona, è ben realizzato ed ironico, oltre che citazioni stico al massimo, ma non riesce mai a legare decentemente le due storie in paralle, quella di Karloff poi sembra più un pretesto che un racconto con un fine proprio e il finale, troppo rapido e francamente assurdo non convince proprio. Il film mette in risalto le doti di Bogdanovich come regista e come cinefilo e risulta una canto d’amore verso lo schermo argentato, ma tutto si ferma qui… con un minimo di sceneggiatura in più sarebbe stato grandioso.
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